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Ermanno lo storpio



Si diceva prima che tutti siamo chiamati alla santità. Dunque tutti ce la possiamo fare. Il bel traguardo è la salvezza della nostra anima e di quanta più gente possibile. Non si tratta né di bravura, né di fortuna, né  di carattere, né di situazioni favorevoli e dunque “chi sì” e “chi no” a priori. Tutti siamo chiamati. Si tratta di vivere e non vivacchiare. Si tratta di avere fede in Gesù e mai staccarsi da Lui tutti i giorni, in tutti gli istanti della nostra vita. Si tratta di voler lavorare per il Regno di Dio quotidianamente, in qualunque vita, in qualunque situazione, in qualunque corpo siamo chiamati a vivere. Come siamo, come Dio ci ha fatti: se siamo così, se ci ha fatto così, un motivo valido ci sarà. Incomprensibile forse, ma c’è. Pensiamo allora a Ermanno lo storpio o il “contratto”. Nacque il 18 luglio 1013 dal conte Wolfrat di Altshausen. Fu professore a Reichenau e a trent'anni entrò in monastero. Lavorò fino agli ultimi anni di vita. La preghiera del Salve Regina che ancora si canta nelle chiese fu quasi sicuramente, composta da Ermanno di Reichenau, meglio conosciuto come Ermanno lo storpio. Lo chiamavano anche “il contratto”. Aveva gli arti come attorcigliati a impedirgli non solo di camminare normalmente ma anche di trovare pace disteso o seduto nella sedia costruita apposta per lui. Fu monaco e fine studioso. A essere in grado di scrivere ci arrivò probabilmente dopo un lungo allenamento per addomesticare le mani a rispondere alla mente. Chi descrive la sua vita non parla di un handicappato abbandonato, ma di un piccolo affidato alle amorevoli cure dei monaci e diventato presto un compagno prezioso per i religiosi. Misteriosamente in Ermanno la malattia non genera cinismo bensì un’umanità ricca, rigogliosa, coinvolgente. Così la biografia parla di un uomo «piacevole, amichevole, conversevole; sempre ridente; tollerante; gaio; sforzandosi in ogni occasione di essere galantuomo con tutti». Quello che doveva essere un peso diventa presto l’orgoglio del monastero e la sua fama arriva fino all’imperatore Enrico III e a papa Leone IX. Morì di pleurite il 24 settembre 1054 a 41 anni. Ermanno fu sepolto a Altshausen, nei possedimenti di suo padre, ma la sua tomba è oggi sconosciuta. Il suo culto fu poi confermato dalla Chiesa Cattolica nel 1863 da Papa Pio IX. Viene festeggiato, secondo il calendario dei Benedettini il 24 settembre,. « Ermanno ci dà la prova che il dolore non significa infelicità, né il piacere la felicità » (C. Martyndale, Santi, Jaca Boock).

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«Ci condannano per il nostro attaccamento alla fede».

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