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Italia, Italia…


I nazionalismi sono sempre eccessivi e dunque pericolosi. Ma un conto è il nazionalismo e un conto è l’amor patrio. Non so quante ce ne sono in giro, ma l’Italia è una delle poche nazioni che non ama se stessa. Cioè in cui i cittadini non hanno la minima stima della terra dei propri padri. Bisognerebbe capire perché, anche per via del fatto che è una questione recente. Forse siamo ancora scottati dalla fuga del Re e dei suoi amici poco prima della fine della guerra. Probabilmente c’è stato sotto anche un lavoro culturale fatto da chi aveva desiderato che fossimo invasi da un’altra nazione molto più grande della nostra. Poi il ’68 con tutta l’ideologia del «sfasciamo tutto il passato»... In altri Stati però non è così. Una grave responsabilità della disaffezione dell’italiano verso la propria patria (termine che oggi per noi è un disvalore e puzza tanto di fascismo, però inspiegabilmente) ce l’ha sicuramente una classe politica che dal dopoguerra in poi non ha fatto quello che doveva fare e ha cercato sempre di più di allontanarsi dal popolo e seguire altri interessi. E ora ha raggiunto distanze ormai incolmabili. Una classe politica che ci fa vedere lo Stato come un nemico e il popolo come un nemico dello Stato. Che ci strozza con le tasse che vanno a riempire un pozzo senza fondo. «Lo Stato siamo noi» dicono loro, «lo Stato sono loro» diciamo noi e noi ci arrangiamo. Eppure avremmo ottimi motivi per amare la nostra Terra: è bella, si vive bene, gli italiani sono simpatici e non sono quadrettoni, si mangia meglio che in altre parti del mondo, abbiamo una storia straordinaria, abbiamo bellezze artistiche uniche al mondo segno di un grande passato, abbiamo anche capacità eccezionali. Un tempo eravamo stimatissimi dalle altre nazioni e molti personaggi importanti sono passati per l’Italia. Molto di questo deriva dalla forte presenza e cultura cristiana, dalla presenza della Chiesa, ma questo oggi non si può dire e non lo diciamo (lo pensiamo solo). Eppure se noi cittadini amassimo l’Italia e agissimo di conseguenza, essa diverrebbe un primato nel mondo. Sapendo però che l’amore per la propria nazione non ha un colore politico e può restare fuori dalla politica. L’optimum sarebbe se anche i politici e i nostri capi amassero l’Italia. Allora sì che vivremmo bene in Italia.
Il Pio

A un sacerdote santo…



La Chiesa è stata fondata da Gesù che ha voluto ci fosse un Capo e che fosse una. La Chiesa deve conservare il depositum fidei, il deposito della fede (che non è nostro) senza modificarlo anche se non piace al mondo o alla maggioranza delle persone. L’opinione personale e la mentalità del momento non possono essere il criterio di giudizio per cassare o modificare verità che sono da sempre tali e che rappresentano comunque punti fermi all’orizzonte. Soprattutto ci si deve sempre ricordare che fuori dalla Chiesa non c’è salvezza. E la volontà di essa non si decide sulla base di referendum. Funziona da sempre così, con due parole che oggi fanno venire il mal di pancia a molti: “Autorità” e “ubbidienza”. Un sacerdote, pur con tutti i suoi limiti umani, è per sua natura lo strumento principale per l’edificazione del popolo di Dio. E’ veicolo di santità e fonte della saggezza cristiana. E’ elemento necessario e insostituibile alla nostra salvezza e senza non si può stare. Per questo deve essere sempre fedele al Papa e alla Chiesa e non può mettersi, anche solo parzialmente, in contrasto. Il popolo di Dio ha diritto a avere preti santi e innamorati della Chiesa. Mons. Chautard sosteneva che “a sacerdote santo corrisponde un popolo fervente; a sacerdote fervente un popolo pio; a sacerdote pio un popolo onesto; a sacerdote onesto un popolo empio”. Pensiamo che popolo corrisponderà a un sacerdote ribelle.
Il Pio

E' il nostro capo cordata

«...Egli è il nostro avvocato: che bello sentire questo! Quando uno è chiamato dal giudice o va in causa, la prima cosa che fa è cercare un avvocato perché lo difenda. Noi ne abbiamo uno, che ci difende sempre, ci difende dalle insidie del diavolo, ci difende da noi stessi, dai nostri peccati! Carissimi fratelli e sorelle, abbiamo questo avvocato: non abbiamo paura di andare da Lui a chiedere perdono, a chiedere benedizione, a chiedere misericordia! Lui ci perdona sempre, è il nostro avvocato: ci difende sempre! Non dimenticate questo! L’Ascensione di Gesù al Cielo ci fa conoscere allora questa realtà così consolante per il nostro cammino: in Cristo, vero Dio e vero uomo, la nostra umanità è stata portata presso Dio; Lui ci ha aperto il passaggio; Lui è come un capo cordata quando si scala una montagna, che è giunto alla cima e ci attira a sé conducendoci a Dio. Se affidiamo a Lui la nostra vita, se ci lasciamo guidare da Lui siamo certi di essere in mani sicure, in mano del nostro salvatore, del nostro avvocato...».
(Papa Francesco, udienza generale Piazza San Pietro Mercoledì, 17 aprile 2013)

Mi hanno rigato la macchina.

Stamattina mi sono accorto che su quasi tutta la fiancata destra della mia autovettura c’era una bella riga provocata da una chiave affondata su di essa. Io non sono un maniaco delle macchine: la mia la lavo una volta l’anno (e si vede). Anni fa mi avevano rubato per ben due volte l’autoradio, con danni alla serratura. Ma lì era un tossico e un tossico deve trovare a ogni costo i soldi per la dose, non ce la fa sennò. Il suo gesto fa arrabbiare, ma l’arrabbiatura è mitigata dal fatto che c’è un motivo al danno che hai subito, la persona che te l’ha cagionato non andava del tutto dritto col cervello e tanta colpa, lui, forse non aveva. Affondare volontariamente una chiave in una autovettura del 2006, di modeste fattezze, ammaccata e sporca e proseguire piano piano per gran parte della fiancata, è un gesto che non è necessitato da nulla: è solo una cattiveria e uno sfregio fatto peraltro a una persona ignota, così per passatempo. Un gesto che non porta nulla a chi lo fa. Non c’è odio umano, non c’è rivalità umana, non è un “à la guerre comme à la guerre” anch’esso umanissimo: non c’è motivo a questo gesto: non c’è niente di umano. Sì, va bene, i giovani di oggi, la loro esuberanza, la società, il sistema, gli ideali,… tutte fesserie. Qui è solo una questione di mancanza di educazione a vivere da uomini normali: il problema è la mancanza di genitori e di maestri. Un problema di adulti inconsistenti e vuoti. Un problema di uomini che non ci sono. Il problema è sempre educativo,laddove oggi l’educazione è scarsamente considerata a ogni livello. E così non mi resta che ringraziare sua madre, suo padre e la scuola per avergli dato una buona educazione, gli amici per essere stati dei veri amici, lo Stato per aver dato sempre ottimi esempi con i suoi rappresentanti... Ma ora veniamo a noi: un cristiano deve affrontare anche queste situazioni, certo di modestissimo cabotaggio, ma sempre situazioni che ti si parano davanti all’improvviso e dunque, che fare? Premesso che non conosco l’autore del gesto per cui la cosa finisce qui. Ma se l’avessi incontrato mentre si divertiva a danneggiare la mia macchina, cosa avrebbe meritato? L’abbraccio e il perdono immediato, oppure… Siamo per forza tenuti a subire sempre e tutto, oppure abbiamo la possibilità anche di reagire umanamente a una cattiveria gratuita che reca un danno non indifferente? La risposta a questa domanda potrebbe essere quella del buon don Camillo che sosteneva che una buona “spazzolata” ha il pregio di rimettere a posto le idee che in certe persone ci sono, ma sono solo mischiate male dentro al cervello.“Spazzolata” fatta dunque con amore e come gesto educativo. Naturalmente scherzo e non mi prendete sul serio. Le mani di un cristiano non sono fatte per menare, sosteneva lo stesso autore del don Camillo di cui sopra. Però il grave problema educativo resta. E noi cristiani, abbandonato il buonismo e la filosofia del politicamente corretto, così tanto cari e amati, preoccupiamoci che alla mancanza di maestri dobbiamo supplire noi, non lo Stato che vediamo in che condizioni sta, né la scuola che questo tema lo ha ormai obliterato. Mancano uomini: che solo l’incontro con Gesù può determinare. E questa è la buona battaglia che dobbiamo combattere.
Il Pio

«Solo quello che abbiamo, altro non desideriamo»

« Ma dimmi: voi che siete qui felici,
disiderate voi più alto loco
per più vedere e per più farvi amici?".

Con quelle altr’ombre pria sorrise un poco;da indi mi rispuose tanto lieta,
ch’arder parea d’amor nel primo foco:

"Frate, la nostra volontà quïeta
virtù di carità, che fa volerne
sol quel ch’avemo, e d’altro non ci asseta.


Se disïassimo esser più superne,
foran discordi li nostri disiri
dal voler di colui che qui ne cerne;…

Anzi è formale ad esto beato esse
tenersi dentro a la divina voglia,
per ch’una fansi nostre voglie stesse…

E ’n la sua volontade è nostra pace:»

(Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso, Canto III)

Dante —in Paradiso—chiede a Picarda Donata che si trova fra gli spiriti che appaiono nel I Cielo, se lei o gli altri beati desiderino acquisire un grado più elevato di beatitudine, trovarsi in un posto più vicino a Dio. Lei sorride un poco con le altre anime, poi spiega che la carità placa ogni loro desiderio e li induce a volere solo ciò che hanno e non altro. La loro volontà è infatti conforme a quella di Dio, per cui esse desiderano solo ciò che a Dio piace e non chiedono altro. Se desiderassero essere in un grado superiore di beatitudine, i loro desideri sarebbero discordi dalla volontà di Dio che li colloca lì, il che è impossibile in Paradiso. Aggiunge infatti che l'essere beati comporta necessariamente l'adeguarsi alla volontà divina, per cui la posizione occupata dai beati in Paradiso trova l'approvazione di Dio come di tutti i beati. E questo dà loro la pace, perché Dio è il termine ultimo al quale si muovono tutte le creature dell'Universo. E’ dunque nella Sua volontà la nostra pace. E tutto questo vale anche per chi si trova ancora nella così detta Chiesa militante, cioè quaggiù sulla terra a combattere le buona battaglia.
Il Pio

L'ignoranza della Verità

…La chiesa cattolica non muore: è il vessillo innalzato sulle nazioni. Essa è sorgente di viva luce e di soave amore per tutti i popoli… Di tutti i mali che, per così dire, avvelenano gli individui, i popoli, le nazioni, e così spesso turbano l’animo di molti, causa e radice è l’ignoranza della verità. E non l’ignoranza soltanto, ma talvolta anche il disprezzo e uno sconsiderato disconoscimento del vero. Di qui errori d’ogni genere, che penetrano negli animi e si infiltrano nelle strutture sociali, tutto sconvolgendo con grave rovina dei singoli e dell’umana convivenza. Eppure Dio ci ha dato una ragione capace di conoscere le verità naturali. Seguendo la ragione seguiamo Dio stesso, che ne è l’autore e insieme legislatore e guida della nostra vita; se invece o per insipienza o per infingardaggine o, peggio, per cattivo animo, deviamo dal retto uso della ragione, con ciò stesso ci allontaniamo dal sommo bene e dalla legge morale. Possiamo, certamente, attingere con la ragione le verità naturali, come si è detto; questa conoscenza però - soprattutto per quanto concerne la religione e la morale - non tutti possono facilmente conseguirla, e se la conseguono, ciò spesso avviene non senza mescolanza di errori. Le verità poi che trascendono la capacità naturale della ragione non possiamo in alcun modo raggiungerle senza l’aiuto di una luce soprannaturale. Per questo il Verbo di Dio, che «abita una luce inaccessibile», per amore e compassione del genere umano, «si è fatto carne e abitò fra noi», per illuminare «ogni uomo che viene al mondo» e condurre tutti non solo alla pienezza della verità, ma ancora alla virtù e all’eterna beatitudine. Tutti perciò sono tenuti ad abbracciare la dottrina dell’evangelo. Se la si rigetta, vengono messi in pericolo i fondamenti stessi della verità, dell’onestà e della civiltà. Come è evidente, si tratta di una questione gravissima, inseparabilmente connessa con la nostra eterna salvezza. Coloro i quali, come dice l’apostolo delle genti, «stanno sempre a imparare senza mai giungere alla conoscenza della verità», e negano all’umana ragione la possibilità di arrivare a qualsivoglia verità certa e sicura e ripudiano anche le verità da Dio rivelate, necessarie per l’eterna salvezza: questi infelici sono ben lontani dall’insegnamento di Gesù Cristo e dal pensiero dello stesso apostolo delle genti, il quale esorta ad «arrivare tutti insieme all’unità della fede e alla piena conoscenza del Figlio di Dio... Allora non saremo più fanciulli sbalzati e portati qua e là da ogni vento di dottrina, tra i raggiri degli uomini e la loro scaltrezza a inoculare l’errore. Ma, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo. È in virtù sua che il corpo tutto intero, grazie ai vari legami che gli danno coesione e unità, cresce mediante l’attività propria di ciascuno dei suoi organi e si costruisce nella carità». Coloro poi che, con ardire temerario, impugnano di proposito la verità conosciuta, e parlando, scrivendo, operando, usano le armi della menzogna per attirarsi il favore del popolo semplice e per plasmare a loro modo l’animo dei giovani, ignaro e molle come cera, quale abuso non commettono, quale opera riprovevole non compiono essi mai! Non possiamo qui fare a meno di esortare a presentare la verità con diligenza, cautela e prudenza, tutti quelli specialmente che attraverso libri, riviste e giornali, di cui oggi c’è tanta abbondanza, esercitano così grande influsso sull’animo dei lettori, dei giovani soprattutto, e sulla formazione delle loro opinioni e dei loro costumi. Essi hanno il dovere gravissimo non già di propagare la menzogna, l’errore, l’oscenità, non ciò che è di incentivo ai vizi, bensì soltanto il vero, e tutto quello che è di sprone al bene e alla virtù. Con grande tristezza vediamo verificarsi anche oggi quello che già deplorava il Nostro predecessore di f.m. Leone XIII «serpeggiare, cioè, audacemente la menzogna... in grossi volumi e piccoli libri, nelle pagine svolazzanti dei giornali e con la pubblicità teatrale»; e vediamo altresì con grande tristezza «libri e giornali che si stampano per irridere la virtù e coonestare il vizio»… Dal conseguimento della verità, piena, integra, sincera, deve necessariamente scaturire l’unione delle menti, degli animi e delle azioni. Infatti ogni contrasto e disaccordo trova la sua prima causa nel fatto che la verità o non è conosciuta o, peggio ancora, quantunque conosciuta, viene impugnata per i vantaggi che spesso si spera di ricavare da false opinioni, ovvero per quella biasimevole cecità che spinge gli uomini a giustificare i loro vizi e le cattive azioni... È dunque necessario che tutti, sia i privati cittadini, sia coloro che hanno in mano le sorti dei popoli, amino sinceramente la verità se vogliono godere quella concordia e quella pace, dalle quali soltanto può derivare la vera prosperità pubblica e privata.

(stralci dalla Lettera Enciclica Ad Petri Cathedram del Sommo Pontefice Giovanni XXIII).

Che idea di uomo hanno costoro?

Quando vediamo orribili case malfatte, ubicate in periferia, enormi, piene zeppe di appartamenti, praticamente uno sopra l’altro, in luoghi lasciati al degrado e allo sporco, senza niente intorno, ci dobbiamo chiedere che idea di uomo avevano quelli che hanno voluto, chiesto e progettato tutto questo?

Quando assistiamo in TV a trasmissioni in cui partecipano solitamente politici in cui è tutto solo un discutere, un dare una sfilza di fredde cifre percentuali e tutto un dire solo la propria opinione —che in quanto tale vale e è utile come quella dei restanti tre miliardi di persone—sotto la luce del politicamente corretto, senza mai però nessun accordo o un giudizio finale, senza un “dunque” conclusivo, ci dobbiamo chiedere, ma questi che idea di uomo hanno?

Quando vediamo i nostri capi —di qualunque periodo e di qualunque partito—che perdono una marea di tempo, litigano e non fanno nulla per il popolo che ha bisogno e attende risposte e azioni, per i quali tutto è politica e solo politica (nel senso deteriore del termine) il cui interesse più importante è quello di andare in TV, ci dobbiamo chiedere, ma questi che idea di uomo hanno?

Quando vediamo che ci vogliono imporre l’idea che uno può appartenere al genere che più gli aggrada e quando gli aggrada, ancorchè diverso dal sesso con cui è nato e che non si deve usare più il termine “madre” e “padre”, ci dobbiamo chiedere, ma questi che idea di uomo hanno?

Quando sentiamo che la religione cattolica ha creato solo danni e ha fatto arretrare l’Italia rispetto al mondo ci dobbiamo chiedere, ma questi che idea uomo hanno?

Perché tutti costoro hanno un’idea di uomo servo. Di un uomo che è nato solo per mangiare e morire. Che può dunque vivere in topaie. Che deve solo votare, pagare le tasse e mantenere i loro privilegi. Che non deve pensare a nulla perché le idee giuste gliele danno loro. E soprattutto non deve credere assolutamente in Gesù Cristo, perché altrimenti diviene libero, anche se povero e abitante nelle topaie; perché così non potrebbe essere più schiavo. Dietro a Gesù infatti, costui avrebbe un cuore impavido e indomabile, sarebbe inattaccabile e impermeabile alle terribili idee moderne. Avrebbe infatti Altro per la testa.

Diffidiamo e fuggiamo dunque da quei tipi con quella particolare idea di uomo che non è umana. E’ un’idea cattiva.

Ma soprattutto non pensiamo di noi stessi che siamo servi e ci dobbiamo solo lamentare, nati esclusivamente per mangiare e morire. Per i quali l'esito positivo della nostra vita dipende da quelli con quella idea di uomo. Perché non è così. La vita è nostra ed è comunque una grande cosa, irripetibile. E possiamo anche fare molte cose buone nella vita anche a vantaggio di molti. E ci aspetta a tutti, prima o poi, un Destino eterno di salvezza o di disperazione. A noi dunque la scelta e a chi affidare il nostro essere uomo.

Il Pio

Logica e conversione

…Ci ricorda che la logica di Dio è sempre «altra» rispetto alla nostra, come rivelò Dio stesso per bocca del profeta Isaia: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, / le vostre vie non sono le mie vie». Per questo seguire il Signore richiede sempre all’uomo una profonda con-versione - da noi tutti -, un cambiamento nel modo di pensare e di vivere, richiede di aprire il cuore all’ascolto per lasciarsi illuminare e trasformare interiormente. Un punto-chiave in cui Dio e l’uomo si differenziano è l’orgoglio: in Dio non c’è orgoglio, perché Egli è tutta la pienezza ed è tutto proteso ad amare e donare vita; in noi uomini, invece, l’orgoglio è intimamente radicato e richiede costante vigilanza e purificazione. Noi, che siamo piccoli, aspiriamo ad apparire grandi, ad essere i primi, mentre Dio, che è realmente grande, non teme di abbassarsi e di farsi ultimo. E la Vergine Maria è perfettamente «sintonizzata» con Dio: invochiamola con fiducia, affinché ci insegni a seguire fedelmente Gesù sulla via dell’amore e dell’umiltà.
(Benedetto XVI, Angelus, Castel Gandolfo Domenica, 23 Settembre 2012).

Mani giunte e tradizione

Da bambino mia madre mi faceva togliere il cappello prima di entrare in Chiesa. Senza spiegazioni, era così. Era da togliere, punto. E così facevano tutti i miei amichetti di allora. Questo modo di fare mi è sempre rimasto nel cuore. E non mi è mai capitato, fino a adesso, di entrare in una Chiesa col berretto ficcato sulla zucca e faccio lo stesso con mio figlio. Noto però che oggi questa delicatezza, questa forma di rispetto per un luogo sacro e per nostro Signore non tutti ce l’hanno. E così vale anche per le mani giunte.

Da bambino mia madre e mia nonna mi hanno insegnato a pregare con le mani giunte. All’asilo poi la Suora così ci faceva recitare il Padre nostro prima di iniziare. Con le mani giunte. E anche tutti i miei amici pregavano così… Ora mi sembra di essere un alieno quando mi metto con le mani giunte. 


La preghiera è sempre la preghiera, come la messa è sempre la messa, e non saranno questi umili gesti a diminuirne l’importanza. Però in passato tutti pregavano con le mani giunte e si toglievano il berretto. La modernità ha un difetto, quella di passare di moda dopo poco tempo, lasciando il deserto in chi l’aveva posta come ideale. Mentre la tradizione ha il pregio di restare sempre ferma mentre il mondo gira, legando il proprio cuore a quello di tutti i nonni dei nonni del passato e a tutta la gente del presente e del futuro. Proprio come è Gesù.

Io ero bambino agli inizi degli anni settanta. Un periodo in cui tutto veniva contestato e in cui il passato doveva essere rimosso. Il mondo sarebbe cambiato grazie ai giovani -si diceva- che avevano capito tutto. L’epilogo è il mondo che viviamo oggi. E in quel periodo gran parte della generazione adulta non ha più passato quello che aveva ricevuto dai vecchi, quello che era una sana tradizione. E questo è stato un male. Fissati sulla modernità, disconoscendo la tradizione, alla fine si resta senza nessun riferimento.

Le famiglie, i maestri, gli educatori devono riprendere un modo di fare che ha legato tutti i cristiani per secoli. Quello di insegnare le “cose” di Dio fin dalle prime ore di vita. Il catechismo si deve ascoltare sin da dentro la pancia della mamma. Le delicatezze, i gesti di devozione e di educazione verso Nostro Signore, devono tornare a arricchire le nostre giornate. Modi di fare, delicatezze, gesti… che poggiano le radici in una fede salda e semplice, che c’entra con la vita di tutti i giorni e con tutti gli aspetti della vita. Una vita senza le fede in Gesù è proprio brutta in cui tutto pesa e è triste. La fede è un dono e come tale lo possiamo chiedere nelle nostre preghiere.
Il Pio

Vigilanza, preghiera, mortificazione

Le tentazioni si vincono con la vigilanza, con la preghiera e con la mortificazione cristiana, dice il Catechismo di san Pio X. Bene. Cos’è la vigilanza? Deriva da vigilare, stare svegli, dunque, mi dicono, evitare di frequentare certi posti, evitare certi argomenti e certi pensieri, evitare di mettere il sedere dove tirano i calci... 
La preghiera. Io non so -ho detto- quanti di voi pregano regolarmente durante la giornata, ma bisogna pregare sempre, almeno più spesso possibile. Quando si va in macchina, chiudendo magari la radio, quando si va a fare la spesa o a spasso (da casa mia ad es. all’Eurospin c’è tempo per dire tutta una decina, da casa mia alla parrocchia una decina e un pater, ave e gloria…), al posto dei giochetti al cellulare… è bene trovare occasioni per pregare spesso. Regolarmente. I Tipi Loschi hanno la Regola della decina quotidiana, è buona, ma possiamo e dobbiamo fare molto di più. 
Cos’è la mortificazione cristiana? Io ora vi dico una mortificazione non cristiana. Ad esempio, uno per essere più bello si sottopone all’operazione agli occhi per togliere gli occhiali soffrendo un po’, pagando. Che parola contiene mortificazione? Morte. Far morire qualcosa di sé per qualcosa di più grande, rinunciare a qualcosa per Gesù. Quali sono le mortificazioni? Il cilicio, il digiuno, mi dicono. Sì anche la fustigazione, ma ce ne sono tante altre più possibili e vicine a noi. Ho raccontato di Escrivà che per mortificazione a cena prima di prendere l’acqua aspettava il più possibile, per offrire questa piccola sofferenza. Poi si può rinunciare a parte del sonno, spettacoli e pensieri cattivi, ira, parole vane, giochi, perdita di tempo, ozio, ordine, pulizia, tempo per sé, pettegolezzi, giudizi… non stravaccarsi sul divano e fare qualcosa per qualcuno. Dunque la mortificazione, la vigilanza e la preghiera ci tengono lontani dalle tentazioni. Ho raccontato che S. Antonio Abate diceva che i demoni quando ci attaccano se ci trovano impauriti, immersi nelle cose nostre, ampliano le paure che già abbiamo e ci fregano. Ma se ci trovano lieti nel Signore, meditando sul nostro destino eterno, se ne vanno. Mortificazione, la vigilanza e la preghiera ci fanno stare sempre vicini al signore, lieti nel Signore e ci dunque salvano dalle tentazioni.

(Da una riunione della Compagnia dei Tipi Loschi del beato Pier Giorgio Frassati)

In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas




In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas.


Nelle cose necessarie ci vuole l’unità, in quelle dubbie la libertà, in tutte la carità.


« E tutti abbracceremmo la reciproca unità di opinione nelle situazioni critiche, l'autonomia in quelle non difficili, in tutte le situazioni benevolenza ».(Marco Antonio de Dominis arcivescovo di Split)


Colonizzazione ideologica

« La colonizzazione ideologica: dirò soltanto un esempio, che ho visto io. Venti anni fa, nel 1995, una Ministro dell’Istruzione Pubblica aveva chiesto un prestito forte per fare la costruzione di scuole per i poveri. Le hanno dato il prestito a condizione che nelle scuole ci fosse un libro per i bambini di un certo livello. Era un libro di scuola, un libro preparato bene didatticamente, dove si insegnava la teoria del gender. Questa donna aveva bisogno dei soldi del prestito, ma quella era la condizione… Questa è la colonizzazione ideologica: entrano in un popolo con un’idea che niente ha da fare col popolo; sì, con gruppi del popolo, ma non col popolo, e colonizzano il popolo con un’idea che cambia o vuol cambiare una mentalità o una struttura. Durante il Sinodo i vescovi africani si lamentavano di questo, che è lo stesso che per certi prestiti (si impongano) certe condizioni. Io dico soltanto questa che io ho visto. Perché dico “colonizzazione ideologica”? … Lo stesso hanno fatto le dittature del secolo scorso. Sono entrate con la loro dottrina. Pensate ai Balilla, pensate alla Gioventù Hitleriana. Hanno colonizzato il popolo, volevano farlo. Ma quanta sofferenza. I popoli non devono perdere la libertà. Il popolo ha la sua cultura, la sua storia; ogni popolo ha la sua cultura. Ma quando vengono condizioni imposte dagli imperi colonizzatori, cercano di far perdere ai popoli la loro identità e fare una uguaglianza ».
(Papa Francesco, di ritorno al viaggio nelle Filippine, tratto dal sito internet Radio Vaticana)

C’è, ma non c’è.

Ogni tanto qualcuno partorisce un’idea che poi viene imposta a tutti. E tutti si convincono che essa è giusta. E’ successo nel famoso ’68. A un certo punto si è cominciato a dire “la fantasia al potere”, “tutto quello che è stato fatto nel passato è sbagliato”, “vietato vietare”, “i genitori devono smettere di essere ascoltati e si devono mettere da parte”,  “gli adulti hanno sbagliato tutto”, “i giovani hanno capito tutto e capiscono tutto”, “voi, noi”, “non vi sono certezze e tutto è opinabile”,… (Anche molti cattolici si sono allora inseriti nel flusso travolgente delle "nuove" idee e hanno obliterato il passato che però nel Cattolicesimo è la Tradizione). Dappertutto queste erano divenute le idee giuste e comuni, chi non la pensava così era dell’Ancien regime e dunque da screditare (e non solo). E tutto ciò anche per gli anziani e gli adulti (!). E questo avveniva in un breve periodo, in quasi tutto il mondo occidentale. Poi il ’68 è passato, le "nuove " idee —come tutto nella vita, tranne Dio— sono divenute per forza vecchie, però gli effetti e i frutti si vedono ancora e si vedranno ancora per molti anni. Molti di quelli che oggi stanno in posti di potere rimangono ancorati a quelle idee sì giovanili, ma fluide. Ora si sta diffondendo con la stessa intensità e vastità un’altra idea. L’idea del gender. Che sostiene che uno non è maschio o femmina se ha certi requisiti fisici, ma a seconda di come si sente o si percepisce anche momentaneamente. Esistono tra l’altro una vastità di generi oltre a quello maschile e femminile (chi dice venti chi settanta). A differenza del ’68, però viene ora detto a tutti che la teoria gender non esiste e che essa è un’invenzione. Ho avuto una discussione con un collega che mi diceva che la teoria gender l’aveva inventata la Chiesa per screditare e che dunque era tutta una truffa. E le altre persone che ho sentito non sapevano nulla in materia e comunque non lo ritenevano un problema. Eppure sta passando attraverso certe leggi, certa magistratura, attraverso l’asilo (!) e la scuola (!), attraverso i mass media... Non esiste, però sta passando come un fiume carsico che poi emerge all’improvviso in piena. La storia non è italiana—noi siamo in ritardo— è a livello quasi mondiale. E quando un’idea è a livello mondiale, è sempre pericolosa perché viene dall’alto, da qualcuno cioè che ha tanta forza e potere da imporla al mondo. E quando viene da un alto che però è più basso del Paradiso, è sempre pericolosa. Non ho spazio e tempo per dire altro. Il consiglio è quello di documentarsi almeno per farsi un’idea, perché ormai la cosa è inarrestabile. E per riflettere. Non possiamo non sapere quello che accade intorno a noi. 
Il Pio

Don Bosco / 2 — Ci riposeremo per l’eternità

«Il demonio si adopera sempre per impedire la preghiera» (MB IX,997)

«Lavoriamo continuamente in questa vita per salvar l’anima nostra e tante altre; ci riposeremo nella beata eternità» (MB X,9)

«Un consiglio per essere felici: fuggite il peccato e frequentate la Santa comunione» (MB XVI,26)

«Come professione di fede esigeva che tutti facessero con raccoglimento e venerazione il segno della Santa Croce» (MB III,588)

«Massimo nostro dovere è che dobbiamo fare buon uso della sanità in servizio e gloria di Dio» (MB VII,834)

«Con le piccole mortificazioni si avrà il fervore nelle preghiere» (MB IX,355)

«Il Signore ai grandi bisogni manda grandi aiuti» (MB XIII,626)

Pier Giorgio Frassati / 5 - La preghiera

« La fede datami dal Battesimo mi suggerisce con voce sicura: 'Da te solo non farai nulla, ma se Dio avrai per centro di ogni tua azione allora arriverai fino alla fine'. Ed appunto ciò vorrei poter fare, e prendere come massima il detto di sant'Agostino: 'Signore, il nostro cuore non è tranquillo finché non riposa in Te' ».

« Ti raccomando di pregare molto per me, perché ne ho assolutamente bisogno, per avere da Dio la grazia di condurre a buon porto i miei progetti».

 « Solo le preghiere possono ottenere da Dio il miglioramento desiderato » 

(L. Frassati, Pier Giorgio Frassati, Lettere 1906-1925, Vita e Pensiero).

Matrimoni e farfalle

Negli ultimi anni ho visto tantissime persone che hanno lasciato la moglie o il marito, figli compresi ovviamente, per convolare —a mo’ di farfalle— nelle braccia di un’altra persona (non mi riferisco ai casi gravi e disumani). Non credo che questo sia un buon segno. Della vita sua ognuno fa quello che vuole: è evidente. Ognuno si può accoppiare con chi vuole, di qualunque sesso e specie, nazionalità e pianeta. (E’ anche vero che ognuno risponderà, prima o poi, di fronte a Dio di tutta la vita che ha fatto, e Gliene dovrà rendere conto e si dovrà valutare se ha vissuto secondo i precetti di Dio o secondo quelli posti da se stesso. Ma questo per chi non crede evidentemente non è un problema,… almeno per ora). Però devo dire ne ho viste tante di queste persone. E non lo vedo —ripeto nuovamente—un buon segno. Non si può lacerare un sacramento. Gesù è stato chiarissimo sul punto (ne abbiamo parlato in un recente altro post). Ma questo può interessare solo i cattolici; anche se forse ora metteranno qualche deroga a quello che ha detto Gesù (!). Anche se gli stessi cattolici nemmeno sanno più che il matrimonio è una faccenda seria, è un sacramento serio e invece sono spesso più propensi a seguire quello che il mondo dice («se ami un altro, se vuoi, se lo desideri, lascialo/a! Perché devi rinunciare a seguire i tuoi desideri? La vita è tanto…»). La vita non è un seguire solo i propri desideri e i propri istinti. Lo vediamo poi come è il mondo che ha messo Dio in cantina per seguire ideali da farfalle in balia del vento. Il matrimonio cattolico, sacramentato, è una faccenda davvero seria. I coniugi —proprio con l’ausilio di quel sacramento—stanno insieme per la propria felicità, per seguire meglio la strada che per loro vuole Nostro Signore. E che esso non può essere preso alla leggera. E i figli. I figli guardano i genitori e vogliono vedere da loro, dalla loro faccia e dalla loro vita, se vale la pena vivere, cosa bisogna seguire, come bisogna vivere. Li vedono dei chiari riferimenti, salvo tradimenti e cedimenti. Poi fanno quello che vogliono, ma ogni figlio guarda sempre il padre e la madre, che saranno per tutta la vita il padre e la madre. I genitori sono sempre i genitori per i figli, insostituibili. Non possono e non devono tradirli. Le scuse sono tante e tutte valide. Ma sono scuse. I figli le accettano, spesso, nella parte superiore del loro cervello, ma non nel cuore. I figli ci guardano e non li possiamo tradire. Per loro dobbiamo costruire una famiglia sana e forte, lottando anche e resistendo come valorosi soldati. Tutti e due, marito e moglie: due valorosi soldati che combattono una buona battaglia per difendere la Patria che è la famiglia che Dio ci ha donato. E questo anche se poi i figli diventeranno pessimi. Ma devono sempre sapere che hanno una casa per loro sempre aperta e soprattutto che hanno un padre e una madre che fino a che il fiato li regge, li accoglieranno sempre anche dandogli due tenere sberle per il loro comportamento sbagliato. E che gli vogliono bene; e che per loro sono sempre un padre e una madre. E che loro non sono farfalle.
Il Pio

Il problema è il fanatismo

Il problema dell’immigrazione non è l’accoglienza, il cosa fargli fare, il dove metterli, il lavoro, le quote... Problemi gravi certo. Ma questi sono problemi tecnici, logistici. E come tutti i problemi tecnici, logistici, con un po’ di avvedutezza, di buona volontà e di intelligenza si risolvono (qualcuno potrebbe dire che ci difettano proprio quei tre requisiti, ma va bene, andiamo avanti), l’Europa è comunque grande. Quello che invece temo di più è il problema Isis e fanatismo islamico e quello che questo comporta, perché non si risolve né con quei tre requisiti, né col dialogo, né col buonismo, né con altro. Nei Paesi dove i fanatici sono un buon numero, sono dolori. E questi possono entrare liberamente. Quelli infatti che entrano in Italia a migliaia coi barconi noi non sappiamo chi sono e cosa pensano e cosa intendono fare. Non sappiamo se il loro cuore batte per l’avvento violento del califfato in Italia e nel Vaticano o per la pace e l’integrazione. Qualche italiano già si lamenta perchè molti “sputano”, non appena arrivano, sul piatto da mangiare che gli viene regalato e sul posto dove vengono messi, perché non è di loro gradimento (e vengono accontentati subito da noi). E non è un buon segno. La nostra — quella italiana e quella europea— è una cultura debolissima, senza più punti di riferimento, in balia del vento e delle onde dell’ideologia politicamente corretta che qualcuno ogni tot anni diffonde. Ogni tot anni cambia e bisogna riadeguarsi alla nuova per essere in linea col mondo. Una cultura che però non capisce più niente della realtà, del mondo, dell’uomo normale e che non sa dare rifermenti veri e che c’entrano con la vita di tutti i giorni. Un tempo avevamo una cultura cristiana, ferma, salda che per secoli ci ha fatto andare avanti dritti e più o meno bene e che ha resistito a urti straordinari. « La croce resta ferma mentre il mondo gira » dice infatti il motto dei Certosini. Ora abbiamo voluto sradicare questa e abolire quella e così poniamo le basi di tutto sul temporaneo, sulle parole ideologizzate, sul nulla e sul vuoto. Basterebbe dunque una piccola spallata e crolla tutto. Noi vogliamo dialogare e dialogare spesso anche da soli, quelli hanno altri obiettivi e modi di fare, da sempre. Dire questo oggi è stigmatizzato subito come razzismo e islamofobia. Ma ditemi dove ho sbagliato o ho detto cose offensive che non rispondono alla realtà? E se è vero non c’è nulla da stigmatizzare.
Il Pio

Le domande corrono in profondità


« Quand’ero giovane, la vita mi sembrava così meravigliosa,
un miracolo, oh era così bella, magica
e tutti gli uccelli sugli alberi, ebbene cantavano così
felicemente, gioiosamente, scherzosamente mi guardavano
Poi loro mi mandarono via per insegnarmi come essere sensibile, logico, responsabile, pratico
E mi mostrarono un mondo in cui potevo essere così
affidabile, obiettivo, intellettuale, cinico
Ci sono volte in cui tutto il mondo è addormentato
le domande corrono troppo in profondità
per un uomo così semplice. 
Vi dispiacerebbe, per favore, dirmi cosa abbiamo imparato?
So che può sembrare strano
Ma per favore ditemi chi sono
Ora sta’ attento a quello che dici o ti chiameranno
radicale, liberale, fanatico, criminale
Potresti scrivere il tuo nome? ci piacerebbe sapere se sei
accettabile, rispettabile, presentabile, un vegetale!
Di notte, quando tutto il mondo è addormentato
le domande corrono in profondità
per un uomo così semplice
Vi dispiacerebbe, per favore, dirmi cosa abbiamo imparato?
So che può sembrare assurdo
ma per favore ditemi chi sono ».

E’ la traduzione a braccio di una vecchia canzone dei Supertramp “The logical song” cioè “Una canzone logica”. Le domande vere —dice il cantante— quelle dunque che ogni cuore, di ogni uomo ha incise, corrono sempre in profondità. Cioè ci sono sempre, per tutta la vita e corrono vorticosamente, come un fiume sotterraneo, mentre sopra tutto è tranquillo; e solo di notte, quando tutto tace, quando siamo da soli nella nostra stanza, onesti e senza maschere, esse spesso affiorano. Sono domande che ci fanno davvero uomini e ci differenziano dalle bestie. Di giorno solitamente esse non si sentono (o talvolta non si vogliono sentire). C’è poi tanto rumore, e comunque ognuno è stato educato sin da piccolo a essere « sensibile, logico, responsabile, pratico » e anche « affidabile, obiettivo, intellettuale, cinico ». Ma le nostre care domande ci sono sempre e corrono in profondità in un cuore di « un uomo così semplice » che non è di pietra, ma di carne e messo in un corpo fatto “a immagine e somiglianza di Dio”. « Chi sono? », « Dove devo andare? », « Che devo fare? »... L’esigenza di una risposta urge nel nostro cuore, ma siamo portati a non cercare mai la risposta, perché forse ci spaventa ascoltarla e così viviamo dimentichi, superficiali, ma « obiettivi, intellettuali e cinici »  cercando distrazioni, qualcosa o qualcuno che non ce le fa sentire. Ma nel silenzio “le domande corrono in profondità” e si sentono da lontano. Solo Chi ci ha fatto, Chi ha fatto un cuore così profondo e le ha incise come sul marmo, può dare una risposta vera e sicura a quelle domande profonde. Solo cercando Dio, seguendolo nella Chiesa, la risposta la possiamo trovare.    
 Il Pio

Don Bosco


«La cosa più utile per la società è l’osservanza della regola» (MB XVII,896)

«Colui il quale è umile ed amorevole sarà sempre amato da tutti, da Dio e dagli uomini» (MB VI,102)

«La virtù che in particolar maniera è inculcata agli studenti è l’umiltà. Uno studente superbo è uno stupido ignorante»(MB IV,747)

«Parla poco degli altri e meno di te» (MB III,617)

«Non cercare di scolparti dei tuoi difetti; cerca piuttosto di emendarti» (MB III,617)

«L’obbedienza vera non si chiama fare il proprio piacere, no» (MB XVII,512)

«Custodisci i tuoi occhi riserbandoli a contemplare un giorno in paradiso il volto di Maria ss» (MB VI,442)

«La prima felicità di un fanciullo é il sapere di essere amato» (MB IV,455)

«Don Bosco è vecchio e non può più lavorare: sono agli ultimi della mia vita. Lavorate voi altri; salvate la povera gioventù» (MB XVIII,476)

«Quando io sarò prete andrò in cerca dei fanciulli li amerò sempre e mi farò sempre amare»

«Chi non sa comandare alla propria gola è un servo inutile» (MB IV,741)

«In politica non voglio immischiarmi né punto né poco» (MB III,454)

«I maestri che nulla perdonano agli allievi, sogliono poi perdonare tutto a se stessi» (MB XVI,441)

"L'uomo non si può separare da Dio, nè la politica dalla morale"


“... Molte sono le ragioni a favore della proclamazione di san Tommaso Moro a Patrono dei Governanti e dei Politici. Tra queste, il bisogno che il mondo politico e amministrativo avverte di modelli credibili, che mostrino la via della verità in un momento storico in cui si moltiplicano ardue sfide e gravi responsabilità. Oggi, infatti, fenomeni economici fortemente innovativi stanno modificando le strutture sociali; d’altra parte, le conquiste scientifiche nel settore delle biotecnologie acuiscono l’esigenza di difendere la vita umana in tutte le sue espressioni, mentre le promesse di una nuova società, proposte con successo ad un’opinione pubblica frastornata, richiedono con urgenza scelte politiche chiare a favore della famiglia, dei giovani, degli anziani e degli emarginati.In questo contesto, giova riandare all'esempio di san Tommaso Moro, il quale si distinse per la costante fedeltà all’autorità e alle istituzioni legittime proprio perché, in esse, intendeva servire non il potere, ma l'ideale supremo della giustizia. La sua vita ci insegna che il governo è anzitutto esercizio di virtù. Forte di tale rigoroso impianto morale, lo Statista inglese pose la propria attività pubblica al servizio della persona, specialmente se debole o povera; gestì le controversie sociali con squisito senso d'equità; tutelò la famiglia e la difese con strenuo impegno; promosse l'educazione integrale della gioventù. Il profondo distacco dagli onori e dalle ricchezze, l'umiltà serena e gioviale, l'equilibrata conoscenza della natura umana e della vanità del successo, la sicurezza di giudizio radicata nella fede, gli dettero quella fiduciosa fortezza interiore che lo sostenne nelle avversità e di fronte alla morte. La sua santità rifulse nel martirio, ma fu preparata da un'intera vita di lavoro nella dedizione a Dio e al prossimo (…) I fedeli laici debbono guardare alle attività della vita quotidiana come occasione di unione con Dio e di compimento della sua volontà, e anche di servizio agli altri uomini (…).L'uomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale: ecco la luce che ne illuminò la coscienza. Come ho già avuto occasione di dire, "l'uomo è creatura di Dio, e per questo i diritti dell'uomo hanno in Dio la loro origine, riposano nel disegno della creazione e rientrano nel piano della redenzione. Si potrebbe quasi dire, con espressione audace, che i diritti dell'uomo sono anche i diritti di Dio" (…). Pertanto, dopo matura considerazione, accogliendo volentieri le richieste rivoltemi, costituisco e dichiaro celeste Patrono dei Governanti e dei Politici san Tommaso Moro, concedendo che gli vengano tributati tutti gli onori e i privilegi liturgici che competono, secondo il diritto, ai Patroni di categorie di persone".

(Giovanni Paolo II, 31 ottobre 2000, Lettera apostolica in forma di motu proprio per la proclamazione di san Tommaso Moro patrono dei governanti e dei politici . A perpetua memoria).

Dentro e fuori


Oggi è un gran parlare di comunione ai divorziati e riconoscimento dei matrimoni fra gay. Non sto parlando dello Stato, evidentemente, in cui si fa ciò che dice la maggioranza dopo l’ampio dibattito parlamentare e così tutto può giustamente cambiare in via democratica. In qualche modo infatti una bella fetta di cattolici praticanti e graduati vuole aprire una breccia sul muro della dottrina e introdurvi una specie di liberatoria, un “anche” che prima non c’era. Gesù però sul punto è stato chiaro. «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio (Marco 10, 11-12) ». E se non erro questo è proprio il brano del Vangelo che si leggerà il giorno dell’apertura del Sinodo sulla famiglia (posso sbagliare, ma cambia poco). In cui Gesù stabilisce tra quali sessi c’è un matrimonio e che esso è indissolubile. Poi si può fare qualunque altra interpretazione della frase suddetta, ma il senso letterale è abbastanza chiaro. E la dottrina non si cambia democraticamente —è parola di Dio—, è quella e deve essere quella in saecula saeculorum, fino alla fine del mondo. La Chiesa non è e non deve essere democratica. Poi Gesù è morto democraticamente sulla base di un referendum popolare. E c’è un pericolo. Quando si aprono brecce sul muro per far entrare quelli fuori, non è detto che chi sta fuori poi entra davvero (anche se ha fatto tanto per farsi accogliere), ma chi sta dentro solitamente esce. Siamo sicuri che i divorziati e i gay, se si introduce a forza un nuovo comma nella dottrina cristiana, diventano ferventi e appassionati cattolici? Non è invece più sicuro che quelli che stavano dentro, tradizionalisti e seri, poi rischiano di uscire scandalizzati e delusi? Non è già successo così in passato?.
Il Pio

Ho vissuto tutta la vita per Cristo, ora tocca a te


…La cosa grande che mi porto sempre nel cuore è questa: per vivere la vita non c’è nessuno che possa accampare scuse. Quali sono queste scuse? Sono vecchio, sono piccolo, sono pieno di difetti, sono brutto, sono ammalato, ecc. ognuno può mettere ciò che vuole. Io vengo da una famiglia di dieci figli con un papà malato di “sclerosi a placche”, eravamo poverissimi, ma la povertà non è mai stata una obiezione, anzi sotto certi aspetti è stato un veicolo eccezionale per abbracciare la vita. Anche la malattia di mio padre non è mai stata una obiezione a vivere la vita così... Io ho diversi bei ricordi di mio papà. La sua malattia lo avrebbe portato nel giro di pochi anni alla sedia a rotelle e con dieci figli o ti fai vincere dalla malattia o reagisci pensando alla responsabilità che hai nei loro confronti. Io ho visto mio papà lottare, perché alzarsi la mattina dal letto quando le gambe non ti reggono è una lotta, ho visto mio papà impiegare un’ora per salire una scala di sette gradini da solo, ho visto mio papà per tutta la vita girare in bicicletta. Pensate uno ammalato di sclerosi a placche che va in bici e lui diceva sempre: “L’unica possibilità che ho è il movimento, perché più sono in movimento più reggo” ed è stato proprio così, lui ha retto per tutta la durata della sua vita. Non c’è povertà, non c’è malattia, non c’è cattiveria, non c’è limite personale per non vivere... Quando undici anni fa dovevo partire per il Kazakstan, mio papà stava male ed era ricoverato in ospedale e gli avevano dato pochi mesi di vita. Mi arriva il visto per partire ed io non sapevo cosa fare perché pensavo a mio papà ed ai pochi mesi che gli restavano da vivere e mi chiedevo come potessi partire vista la situazione. Allora andai a trovare papà in ospedale e gli dissi che mi era arrivato il visto e che la settimana seguente sarei dovuto partire. Gli dissi anche che non mi sentivo di partire. Papà mi disse: “Eugenio, vai tranquillo. Io ho vissuto tutta la mia vita per Cristo, adesso tocca a te”. Pensando che non capisse ho insistito spiegandogli che il Kazakstan non era proprio dietro l’angolo e che se io fossi partito non ci saremmo più visti. Mentre mi allontanavo dal letto piangendo lui mi disse: “Vai tranquillo, ci vediamo in Paradiso”… Noi siamo sempre stati una famiglia povera, mia mamma da giovane era stata a lavorare in una famiglia molto ricca in Svizzera; questa famiglia a Natale o a Pasqua ci mandava sempre il pacco dono e per noi, ve lo assicuro, era una festa assoluta perché il pacco conteneva sempre il cioccolato svizzero e i vestiti scartati dai figli, tutti abiti nuovissimi e bellissimi. La mamma ci lasciava divertire nell’aprire i pacchi e guardare gli abiti, poi ci chiamava uno per uno, ci dava delle cose e ci diceva di portarle a quella tale famiglia perché era più povera di noi. Insomma, alla fine di quei pacchi dono, per noi, sul tavolo, rimaneva poca roba. Noi non capivamo anzi quasi ci dava fastidio questa cosa, perché noi questo pacco lo aspettavamo da mesi! Però negli anni te ne accorgi che cosa vuol dire una educazione, uno sguardo così amoroso e affezionato al mondo e a te come persona… Quando il primo fratello se ne è andato di casa, abbandonando la famiglia, non è stato facile, soprattutto perché il primo figlio è quello su cui la famiglia un po’ conta. Lui ha lasciato casa nostra perché dopo essere stato in seminario, ha abbandonato la Chiesa… A casa avevamo la tavola da pranzo enorme ed il posto di mio fratello Angelo, detto Gimmy, era vicino al papà. La prima sera senza Angelo preparammo la tavola per undici e la mamma invece volle che la preparassimo per dodici e per mesi ce la fece preparare così. Noi chiedemmo a nostra madre come mai dovevamo continuare ad apparecchiare la tavola così visto che Gimmy se ne era andato e lei ci rispose che se Gimmy fosse tornato in qualsiasi momento del giorno, della settimana, del mese, dell’anno avrebbe dovuto trovare il suo posto così come lo aveva lasciato. Quando Gimmy ha smesso di andare a messa, incattivito con l’esperienza cristiana, mia madre lo ha guardato in faccia e gli ha detto: “Vedi Gimmy, non si può vivere senza Cristo. Da domani io andrò a messa due volte: una per me, perché io senza Cristo non posso vivere e non posso far crescere i miei figli, e una per te perché anche se tu oggi Lo rifiuti, neanche tu puoi Vivere senza Cristo”… Io ho visto fin da ragazzo, grazie all’esempio dei miei genitori, un cuore così, un cuore innamorato della vita. Quando uno vive questo, non diventa più uno sforzo dare la vita per un altro. Dare la vita per un altro che sia il figlio, che sia il compagno, che sia il paese, che sia uno zingaro, diventa il modo migliore per vivere la propria vita e pian piano questo modo di vivere diventa un “habitus” ossia un’abitudine ma non come la intendiamo noi una cattiva cosa, ma una cosa bella… Ora voglio raccontarvi alcuni episodi, accaduti durante il periodo che ho trascorso in Kazakstan, che mi hanno toccato profondamente. Siamo arrivati nel ’95. Io per la precisione sono arrivato il primo di Novembre e la temperatura era di -30°C. In casa non c’era acqua, non c’era riscaldamento, non c’era corrente elettrica, eravamo in una situazione drammatica… Vi assicuro che non ho fatto fatica ad ambientarmi, forse perché venendo da una famiglia povera ero abituato un po’ al sacrificio. La fatica più grande per me è stato il dubbio di cosa io stessi a fare lì. Ti affacciavi alla finestra, fuori nevicava e non c’era niente, nessuno, neanche una chiesa e mi chiedevo: “ma io perché sono qui?”. Avevo un dubbio atroce sul significato della mia presenza lì. Questo è un dubbio che abbiamo tutti di fronte ad una fatica, ad una difficoltà, ad una malattia. Ciascuno di noi si chiede ma che senso abbia quella cosa che sta vivendo. La cosa affascinante per me, ed è l’invito che faccio anche a voi, è: cosa ti salva in un momento così? Il pensiero? L’intelligenza? Quello che hai studiato? No. Ti salva un’ amicizia reale. Questa amicizia reale erano per me gli altri due preti con cui vivevo. Inizialmente questa cosa è dirompente, pensate che lì non c’era niente… L’amicizia con quei due che il Signore mi aveva dato, che mi aveva messo vicino, sosteneva quel desiderio del cuore. Questo desiderio, se incontra fatiche, se incontra difficoltà e sei solo muore o meglio lo soffochi perché quel desiderio non morirà mai! Se sei da solo il potere, il mondo, hanno una forza così grande che alla fine lo soffocano, lo rinchiudono, trovano il modo di non fartelo sentire, ti convincono a lasciar stare perché quel che desideri è impossibile, è un sogno, ma basta avere accanto uno che ti dica: “Dai, guarda che siamo qui per questo, guarda che è vero quello che stiamo facendo”... La cosa affascinante è che poi il Signore risponde infinitamente di più, Cristo è molto più generoso nella sua risposta. Quando tu la vita l’abbracci, quando tu la realtà la ami, quando tu la vita la doni, Lui ti risponde infinitamente di più, al di là di ogni tua immaginazione... Nel giro di poco tempo ci siamo trovati, noi tre sacerdoti, ad insegnare, come prima o seconda materia, l’italiano all’università senza avere alcun titolo. Pur non avendo titoli, essendo di madrelingua, ci hanno permesso di insegnare all’università; pensate, noi tre preti in una università musulmana ad insegnare italiano. Se noi fossimo partiti dall’Italia con l’idea di fare qualcosa non saremmo mai arrivati ad un progetto del genere. Guardate che la realtà, quando tu sei generoso e l’abbracci, ti risponde, ti supera a destra e a sinistra. L’idea di fare progetti che magari sembra ragionevole, diventa sciocca se la realtà non la si abbraccia per quello che è. Pensate se noi avessimo detto: “ma cosa c’entra questo?” ossia insegnare con l’essere missionari. Se noi ci fossimo fermati di fronte al nostro progetto, non avremmo permesso alla realtà di realizzare qualcosa che negli anni ha preso vita in maniera impressionante… Il problema della letizia… o di una esperienza affascinante non è mai dettata dalle cose, ma dal fatto di essere libero di donare la vita e Cristo risponde. Quando tu dici di sì ad una avventura, nel tempo ci si guadagna. Per me è stato così. Non ti viene dato tutto e subito, devi avere la libertà e il coraggio di camminare. Io oggi capisco la frase di Pietro che dice a Gesù: “Noi che abbiamo lasciato tutto per seguirti cosa ci guadagniamo?”. Gesù risponde: “Il centuplo quaggiù… qualche persecuzione… e la vita eterna!”. Anche un’avventura lavorativa di questo genere, completamente contraddittoria al mio carattere, al mio modo di essere, diventa affascinante a tal punto da farmi dire: “rifarei tutto” e se domani mi proponessero un’altra cosa io sarei libero di dire sì perché so che questo rende più bella e più vera la mia vita… Quando la tua vita diventa più bella e più vera diventa spettacolo al mondo. La missione del Vismara o di ciascuno di noi è tutta racchiusa qui: non sono mai delle cose da fare ma è una bellezza che si rende visibile al mondo... Io da solo non faccio nulla, neanche il Padre Eterno da solo fa nulla, ma insieme, io e Lui, facciamo nuovo questo mondo.

(stralci dalla conferenza di Don Eugenio Nembrini - “La vita è fatta per esplodere, per andare lontano. La vita è radiosa dal momento in cui si comincia a donarla”. Festa 2006, in Atti)

Idiozia.

  C’è un Potere immondo che mette tutti noi sotto una cappa tenebrosa, triste e cattiva. Ci dice come dobbiamo parlare, cosa dobbiamo deside...