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Cattivi maestri.


 Mi è capitato di riascoltare dopo tantissimi anni, la canzone "La locomotiva" scritta dal grande cantautore  modenese Francesco Guccini nel 1972 e inserita nell'album Radici. Per quelli della mia età fu una canzone memorabile quasi epocale. Mi ricordo mia sorella liceale che con le amiche cercavano il messaggio nascosto in essa e si facevano domande profonde sul significato di certe frasi. Io l'ascoltavo continuamente e stando poi in una radio (scassatissima) la mettevo spesso, anche se era molto lunga, fuori dai tempi normali di trasmissione. Siamo negli anni settanta, un periodo non proprio tranquillo. Destra e sinistra se le davano di "santa" ragione praticamente un giorno sì e l'altro pure,  tanto per capire la situazione. Si parlava  del nuovo che sarebbe arrivato e avrebbe cambiato tutto in meglio per le classi che erano meno abbienti. Quel nuovo che però, deve ancora arrivare. La canzone racconta di un "macchinista ferroviere" che vede tutti i giorni passare per la sua stazione, un treno pieno di ricchi signori. Allora ritiene giusto vendicarsi dei torti subiti e come mosso da una "rabbia antica", salì sul "mostro che dormiva" e "cercò di mandar via la sua paura". Così prende i binari con l'intento di schiantarsi contro quel maledetto treno per fare giustizia proletaria. Il macchinista è definito un "eroe" e come tale immaginato "giovane e bello". Giuridicamente parlando questo sarebbe da definire un attentato e la canzone dunque panegirico agli attentati visto anche quante volte è stata cantata. (Ma allora non si considerò questo particolare). Attentato, come quelli che, numerosi, hanno fatto in Italia oppure quelli che fanno gli islamici: si mette una bomba,  questa nel momento di massimo afflusso esplode e si ammazzano a caso tutti: amici, nemici, buoni, cattivi, bambini e vecchi.  Il macchinista ferroviere, infatti, sapeva che non avrebbe triturato solo i perfidi nemici capitalisti spietati, ma avrebbe maciullato anche i poveri, come i suoi stessi colleghi macchinisti (i primi certamente a morire) e poi i camerieri, i cuochi, i segretari, la servitù, il capotreno,... tutti questi indiscutibilmente poveri  proletari anche loro, che erano sì, dentro al treno degli odiati ricchi, ma solo per necessità, per lavorare, per sfamare il coniuge e la prole e magari erano anche sfruttati, in attesa probabilmente anche loro, come l'attentatore, della giustizia proletaria. Il quale però non riuscì a portarla a termine perché la "macchina fu deviata in una linea morta" e qui il contro eroe morì. Sembra quasi una sfortuna a sentire la canzone, quasi un dispiacere che fosse andata così. Negli anni settanta ero un fan sfegatato di Guccini. Conoscevo moltissime sue canzoni, andavo ai suoi concerti. Discutevo dei suoi  testi come un intellettuale, con le ragazze più carine ed impegnate politicamente della classe... era infatti per tutti il mito dei miti. Però, ripensandoci, oggi, dopo tanto tempo, dopo che sono cambiate tante cose, vedendo i frutti di quel periodo, ripensando ai suoi testi, scopro per la prima volta in tutte le sue canzoni (fatta qualche eccezione) che tutto qui è triste, tutto senza speranza, tutto cupo, tutto con poca luce, tutto senza una sola certezza e qualche dissacrazione qui e là. Posso dire allora, con dispiacere, che per me non è stato un buon maestro e chissà dove starei ora se lo avessi seguito nei suoi ideali fino in fondo e se non avessi avuto la grazia di incontrare "per caso" persone che sono state per me davvero buoni maestri. Facciamo attenzione ai maestri che seguiamo. Chiunque potrebbe essere per noi un maestro. Lasciamoli perdere se almeno almeno, non vanno a messa. Sinceramente. Cordialmente. Proficuamente. Se non hanno fede, speranza e carità. 

Il Pio 

Figli di contanti padri...



Il 25 settembre ci saranno le elezioni per il Parlamento. 
Come sempre c'è un po' di speranza: tutti speriamo fiduciosi che dopo di esse, qualcosa possa davvero cambiare, potremmo tutti stare meglio e che l'Italia diventi un grande Stato. Però. La prima considerazione è quella di guardare il passato e ricordare cosa abbiamo subìto e cosa hanno portato le elezioni precedenti. La seconda considerazione è pensare che se i partiti politici metteranno in lista gli stessi identici candidati delle altre volte o gran parte di loro, se non peggiori, sarà difficile per noi votare bene e sarà ancora più difficile che la speranza di cui sopra si possa realizzare. La terza considerazione è di non montarci la testa e di ricordarci chi sono i nostri nonni, gli avi da cui provengono i nostri governanti. L'Italia nasce grazie ai Savoia che vollero espandere i loro territori. Già il punto di partenza mi sembra poco onorevole. Anche perché gli altri Stati della penisola italica, non stavano per niente male e nessuno aveva bisogno di essere salvato. Il Regno delle due Sicilie era uno Stato ricchissimo e industrializzato. Il popolo voleva bene al re. Aveva costruito una tra le prime ferrovie del mondo. Con modi da villani se lo presero. Poi c'era lo Stato Pontificio che anche lui non stava messo male, era il centro non solo cristiano, ma anche magnete di artisti, musicisti (ad esempio Mozart) di tutto il mondo che andavano là per accrescere la loro arte e la loro cultura; aveva l'unico problema: un re che era anche Papa. A cui il popolo voleva pure bene. E così con modi tutt'altro che da gentiluomini, si presero anche questo Stato; e così via via con gli stessi metodi inurbani e motivi economici fino a che tutta la Penisola divenne piemontese. Non si fermarono solo a conquistare, esiliare, ammazzare, distruggere,  depredare e a portare il meglio in Piemonte,  impoverendo  gli altri ex Stati. Siccome la loro ideologia contrastava col pensiero cristiano che però era quella di gran parte del popolo conquistato, da galantuomini confiscarono i beni della Chiesa e chiusero gli Ordini religiosi. Furono queste le prime leggi dell'Italia unita (!). Furono i primi atti del monarca e del Parlamento italiano. Ve le sintetizzo. Con il Regio decreto 7 luglio 1866, n. 3036 fu tolto il riconoscimento (e di conseguenza la capacità patrimoniale) a tutti gli ordini, le corporazioni. I beni, mobili o immobili, di proprietà degli enti soppressi furono incamerati dallo Stato, tranne qualche eccezione. Con la legge 15 agosto 1867, n. 3848 vennero soppressi indistintamente tutti gli enti ecclesiastici, sia quelli morali sia quelli per scopo di culto: diocesi e istituti di vita consacrata ed anche i capitoli delle chiese cattedrali e di quelle collegiate. Furono soppressi in quanto ritenuti superflui dallo Stato per la vita religiosa del Paese. Tutto fu incamerato dallo Stato, Comuni o Province. Ancora oggi nei comuni dell'interno troverete che la sede dei municipi era fino agli anni che vi sto raccontando un convento, magari lì da secoli. Don Bosco disse al re del suo tempo di non firmare queste leggi perché altrimenti dopo tre generazioni il suo regno sarebbe definitivamente finito. Le leggi furono firmate. La monarchia dei Savoia dopo tre generazioni finì. È fu cosi che il re che era entrato a cannonate, attraverso la breccia di Porta Pia,  dentro Roma il 20 settembre 1870, a causa delle cannonate della II^ Guerra mondiale è scappato il 9 settembre 1943 di notte come un ladro, con tutti i personaggi importanti, lasciando il popolo abbandonato a se stesso. E guarda caso. In tutta Roma come unica autorità vicina al popolo, era rimasto proprio l'odiatissimo papa, l'inutile perché improduttivo, "il metro cubo di letame" come lo definì il Padre della Patria Giuseppe Garibaldi, quello della famosa canzone "con le budella dell'ultimo prete, impiccheremo l'ultimo papa re". La storia non si cancella. Le nobili origini dei capi d'Italia sono queste. Tanta speranza allora forse è opportuno non mettere. Forse se tornassimo tutti cattolici,  magari non saremmo materia informe da plasmare come vogliono loro. O almeno avrebbero tanta difficoltà a farlo.

Il Pio 

Diritti laici.

 


Ieri sera stavo accompagnando a casa un collega. A un bel momento mi comincia a dire che tra amici, colleghi e conoscenti solo lui e un'altro erano ancora sposati con la moglie originaria. Gli altri: chi conviveva e aveva un figlio, dopo cinque anni lei lo lascia e si sposa con un altro e ci fa due figli, dopo tre anni si stanca e va a convivere con un altro. Nel frattempo il primo figlio si era affezionato al secondo patrigno come del padre naturale, mentre col terzo non ci si prende per niente. Naturmente la ramificazione famigliare continua dall'altro partner fino a raggiungere un albero genealogico pari a quello di un principe. Le altre situazioni erano tutte più o meno la fotocopia di questa, variava il numero dei partner, la loro nazionalità, il numero dei figli, la loro simpatia ai vari patrigni e fratellastri e il modo in cui formalizzare l'unione. Naturalmente c'era anche chi dopo quattro o cinque convivenze/matrimoni tornava dal soggetto capofila. Nulla da eccepire naturalmente, sono diritti soggettivi, diritti laici, come tali, incomprimibili. Non tirerò fuori un pistolotto moralistico.  Sotto il profilo cristiano c'è sempre il libero arbitrio: Dio chiede una cosa, ma tutti sono liberi di non farla e di fare il contrario (certo,  pagandone le conseguenze, ma tanto non crediamo in Lui, cosa ci importa?). Dunque tutto a norma. Un piccolo pensiero va solo a figli sballottati da una parte all'altra, senza figure solide, senza esempi e una educazione costante: che tipo di adulti saranno? Saranno stabili o vivranno come nelle sabbie mobili? Una domanda finale, ma davvero questo modo di vivere ci fa bene? È davvero un progresso umano e civile esercitare i diritti laici?  Non è che forse dovremmo ripensare al modo in cui viviamo? E se al posto dell'emozione non giudicata poniamo una Morale forte e salda?

Il Pio 

Around the world



« Un vero soldato non combatte perché ha davanti a sé qualcosa che odia. Combatte perché ha dietro di sé qualcosa che ama »


Quanti voi hanno mai sentito parlare della Repubblica dell’Artsakh? Per chi non ne fosse a conoscenza, cercherò di spiegare in breve alcune delle principali nozioni geografiche e geopolitiche. Orecchie ben aperte… La Repubblica dell’Artsakh o Repubblica del Nagorno Karabakh è una piccola nazione la cui nascita venne ufficializzata nel gennaio del 1992. Situata nel Caucaso Meridionale, confina a sud con l’Iran, a ovest con l'Armenia, a nord e ad est con l’ Azerbaigian. 

Facciamo un po’ di chiarezza su questi due nomi: Artsakh e Nogorno Karabakh. Il termine Artsakh è il nome con cui gli armeni hanno sempre indicato questa regione (probabilmente il nome deriva dal Re Artasse I, re armeno vissuto intorno al 190 a.C.) mentre il secondo nome è di origine russa derivato dal turco.

Nel 1813 la regione entra definitivamente a far parte dei domini zaristi. 

Il censimento russo del 1823 testimonia che quella sanguinosa area di montagna, nonostante le guerre che si sono susseguite nell’arco dei secoli, sia ancora abitata per la stragrande maggioranza da armeni. Ciò a dimostrazione del fatto di come questi siano da sempre profondamente radicati e legati alle loro terre e come questo popolo, la sua cultura e la sua religione, abbiano sempre resistito alle mire espansionistiche e di conquista dell’Impero Ottomano.

Ma arriviamo ai recenti anni 90’. Nel 1921 la regione dell’Artsakh, riconosciuta inizialmente come parte dell’Armenia, viene staccata e donata all’ Azerbaigian per diretto volere di Stalin, che in questo modo spera di rafforzare le relazioni con la vicina Turchia. 

Il controllo azero verrà interrotto solo quando l’Artsakh con l’appoggio dell’Armenia, si dichiarerà indipendente diventando così Repubblica autonoma nel gennaio del 1992. Da qui ricominciarono a susseguirsi periodi di scontri alternati a fragilissimi tregue.

A seguito della Guerra del Nagorno Karabakh del 2020, buona parte del territorio della repubblica di Artsakh è finito sotto il controllo dell'Azerbaigian sia per le conquiste militari nel corso del conflitto, sia per quanto stabilito dall'accordo di cessate il fuoco nella guerra del Nagorno Karabakh del 2020. Di fatto oggi la Repubblica di Artsakh è interamente circondata dall'Azerbaigian, eccezion fatta per un piccolo “filo di terra”, uno stretto corridoio che la collega all’Armenia: il corridoio di Lacin, vigilato e controllato dalle forze russe per il mantenimento della pace. 

Dopo questo inquadramento forse noioso ma essenziale, ora arriviamo al dunque. 

La prima volta che ho sentito parlare di questo argomento è stato durante la sessione libera di Giorgio Pellei al Campo Estivo dell’anno scorso. Un racconto di guerra, di un popolo numericamente piccolo ma allo stesso tempo irriducibile, con persone piene di coraggio e pronte a lottare in qualsiasi condizione per la propria nazione, per la propria casa, per il proprio credo. Ne sono rimasto subito affascinato. Sentendo parlare di questa regione non ho potuto che ripensare ai racconti dei nostri amati Galli: l’impavido ed astuto Asterix e l’ indomabile ed amabile Obelix. In entrambi i casi ( nel caso del popolo gallo e armeno), parliamo di un piccolo manipolo di uomini  circondato ed assediato da un esercito numericamente maggiore e con un armamentario notevolmente superiore, pronto a raderli al suolo e sottometterli. Il primo pensiero che balena in testa è: perché combattere una guerra che molto probabilmente porterebbe alla morte? Una guerra già persa in partenza? Questa piccola resistenza armena ha ben chiara in mente una verità semplice ma essenziale e cioè che in questo mondo si vive e si lotta per Qualcosa che è più grande di noi. Come dice il nostro caro amico G.K.Chesterton: “Un vero soldato non combatte perché ha davanti a sé qualcosa che odia. Combatte perché ha dietro di sé qualcosa che ama"; loro lottano per difendere la propria fede cristiana, lottano per difendere la loro nazione, la loro cultura, loro lottano per la propria famiglia. In un mondo egoista e antropocentrico come il nostro, dove l’ambizione più alta è il quieto vivere e la “birretta del sabato sera”, quest’ ultimo concetto purtroppo non può che stridere nelle nostre orecchie. Ma vi dimostrerò il contrario. Spero che alla fine dell’articolo questo pensiero a dir poco stonato, se così possiamo definirlo, cominci invece a lavorare nel nostro cuore e a cambiare la nostra visione del mondo e della vita. 

Per conoscere meglio la stirpe di guerrieri che abita questa regione regione, ho intervistato Gianantonio Sanvito, al fine di farmi raccontare della sua bellissima esperienza vissuta e che ancora oggi vive con la scuola italo-armena Antonia Arslan. Gianantonio è un ex professore del Liceo Don Gnocchi di Carate Brianza e membro della fondazione “Cavallo Rosso”, (nome assegnato dallo stesso Eugenio Corti alla fondazione). Come lui stesso racconta:

-“Era un momento particolare della mia vita, avevo da poco lasciato l’insegnamento e pregavo il Signore per capire come rendermi utile e mettermi a servizio del prossimo… e guarda un po’ cosa mi è capitato! Durante un incontro nel 2019, organizzato dalla fondazione proprio nella mia ex scuola ho conosciuto Siobhan Nash Marshall (si pronuncia  Shevon), professoressa Americana fondatrice della fondazione CINF USA.

Ci ha parlato dell’Artsakh, della sua amicizia con Antonia Arslan e dell’idea di fondare una scuola (quella che oggi è la scuola italo-armena Antonia Arslan). L’obiettivo della scuola sarebbe stato quello di educare i giovani, affinché questi riescano a maturare non solo mentalmente ma anche nell’animo, imparino a prendere sul serio la loro vita e diventare uomini e donne vere. Dopo l’incontro mi sono subito offerto in aiuto alla conferenziera: “Vengo io ad aiutarvi e vediamo cosa posso fare”. Quale occasione migliore di questa? E poi dicono che la Divina Provvidenza non parli chiaramente. 

È così che è nata la nostra solidissima amicizia; un’amicizia che mi ha letteralmente aperto le porte al Destino. Io e mia moglie ci siamo subito messi in gioco. Sono stato io ad iniziare il corso di falegnameria nella scuola Antonia Arslan mentre mia moglie si è occupata del corso di sartoria. Nella scuola oltre a questi due corsi, sono presenti: un corso di  formazione alberghiera e sta per prendere il via un corso per parrucchieri. Le difficoltà nel portare avanti la scuola non sono state poche! Nel 2020 è nuovamente scoppiata la guerra per il controllo della regione. La solita armata azera aiutata dall’esercito turco di Erdogan. Durante l’offensiva azero-turca sono stati inviati droni con lo specifico obiettivo di colpire scuole ed ospedali! Le bombe “fortunatamente” sono cadute vicino alla scuola non colpendola direttamente ma distruggendo la parte costruita con prefabbricati e frantumando tutti i vetri della scuola. Poco dopo la guerra è iniziata la pandemia. Nonostante questi eventi che potrebbero sembrare vere e proprie sciagure o meglio come diremmo noi “vere e proprie sfighe”, la scuolina in un modo e nell’altro è sempre sopravvissuta e ha sempre resistito ad ogni attacco che il mondo le ha posto sul cammino. Ma dopotutto un popolo con una storia del genere, quando si mette in testa di fare qualcosa difficilmente cambia idea. Tutti questi eventi, non sono stati in grado di fermare la Arslan dal realizzare la sua impresa. Per rendere ancora di più l’idea di che pasta sono fatte queste persone, voglio raccontarti altre due esperienze vissute in Artsakh. Quando sono andato lì nel 2022, due anni dopo la guerra, non c’era un singolo segno del bombardamento, forse qualche edificio ancora da ristrutturare ma roba di poco! Questo fatto mi ha lasciato senza parole e mi ha dimostrato concretamente l’integrità e la dignità del popolo armeno! Il secondo episodio riguarda l’ospitalità che mi hanno riservato. Durante le rapide passeggiate per le vie della città di Stepanakert (capitale dell’ Artsakh), sono stato fermato a più riprese dai passanti, che nel vedermi e riconoscendo che non ero del luogo, non hanno esitato a fermarmi, a parlare e a ringraziare. Probabilmente non sapevano chi fossi ma avevamo intuito che ero lì per dar loro una mano… Sicuramente non potevo essere un turista , anche perché chi verrebbe mai a visitare un posto del genere? 

Per rendere ancor di più l’idea dell’ospitalità e della gratitudine nei miei confronti ogni giorno sono stato inviato a pranzare e cenare da famiglie differenti! Tutte felicissime e contentissime di avermi a casa, neanche fossi il papa insomma! Durante una cena hanno addirittura acceso le luci di Natale per festeggiare la cena nel miglior modo possibile! Erano grati e dunque festeggiavano. Non mi dilungherò ancora nel raccontare. Spero si sia capito quanto siano ammirevoli queste persone e che testimonianza forte ci danno con il loro lavoro e con le loro stesse vite. Non sono loro a dover essere riconoscenti nei miei confronti ma sono io ad essere grato a Dio per averli conosciuti e per permettermi di essere al servizio di persone così.”

Queste sono le parti salienti del viaggio di Sanvito in Artsakh. Non penso ci siano altre parole da aggiungere. Vi lascio solo con delle domande provocatorie che poi sono le stesse che ancora mi frullano in testa da quando mi sono messo ad indagare per questo articolo. Per cosa combattiamo ogni giorno? Cosa ci spinge ad alzarci al mattino? Quante battaglie abbiamo dato per perse prima di combatterle? Come usiamo il nostro tempo e cosa stiamo edificando nella nostra vita?

Buon lavoro Tipi Loschi!

(Giorgio Giustozzi tratto da Vivere e non Vivacchiare,  edizioni Vivere, per gentile concessione).

Come una preghiera vicendevole.


Le anime del Purgatorio mi hanno sempre richiamato al dovere. A Torino nel 1994 mi colpì la storia del beato Francesco Faa di Bruno, ufficiale di carriera che in guerra vedeva cadere come le mosche i suoi soldati, senza un conforto religioso, abbandonati, da soli, magari bestemmiando o imprecando con rabbia e disperazione. “Che ne sarà di loro?” si chiedeva. Fondò dunque un 
Ordine di religiose dedite alla preghiera per le anime del Purgatorio. Cominciò a muoversi qualcosa dentro il mio cuore arido e borghese, ma solo allo stato embrionale. Pochi anni dopo, nel 1996 appena sposato, sono andato in viaggio di nozze in Portogallo e in particolare a Fatima; qui mi ha colpito (tra tanto) la frase dell’Angelo che disse ai tre pastorelli prima delle apparizioni: "tante anime finiscono all’inferno perché nessuno ha pregato per loro". Da quel giorno recito quotidianamente un Pater, un Ave e un gloria per loro. Da allora ho quasi una preoccupazione per loro. A questo proposito ho trovato oggi sul La Bussola Quotidiana un vecchio articolo del 2019. Ve ne leggo alcuni stralci. Interessanti, almeno per me. C’è «…una sfilza di santi e mistici che in Purgatorio ci sono stati per davvero e che, con le anime del Purgatorio, hanno avuto visioni e colloqui rivelatori. A riguardo si potrebbero citare, per esempio, Santa Geltrude, Santa Caterina da Genova, Santa Margherita Maria Alacoque, il Santo Curato d’Ars, San Giovanni Bosco, San Pio da Pietrelcina, Santa Gemma Galagani…. Ma è la mistica austriaca Maria Simma che più di tutti ci illumina sull’argomento, avendo offerto la vita intera unicamente per trascinare le anime dei defunti in Paradiso». Ma che cos’è il Purgatorio? «Il Purgatorio - dice Maria - è un luogo ed una condizione che ogni anima vive quando ha ancora bisogno di espiare e riparare i peccati che ha commesso durante la sua vita, prima che essa possa raggiungere Gesù in Paradiso». In Purgatorio non si sta bene, si soffre, la cosa positiva è che la sofferenza è sicuramente temporanea e poi si si sale dritti Paradiso, a differenza dell’Inferno, in Purgatorio c'è la speranza che tutto finirà,  magari tra tre miliardi di anni,  ma finirà. «…Nonostante le durissime sofferenze cui sono sottoposte, nessuna anima del Purgatorio vuole abbandonare la propria condizione per tornare nelle tenebre della terra. Anzi, sono pazienti e vogliono soffrire, perché sanno che così possono purificarsi per arrivare totalmente luminose davanti a Dio. Questo è motivato dal fatto che la visione seppur parziale di Dio che hanno le anime in Purgatorio, è bastevole ad infondergli la Luce della Verità». Ma perchè si va in Purgatorio? Perché abbiamo ancora qualcosa da scontare. Le sante confessioni ben fatte infatti, ci rimettono la colpa dei peccati e ci evitano l’Inferno, ma non la pena che la giustizia di Dio ci chiede per purificarci peper poter entrare giusti in Paradiso; la pena, conseguenza dei peccati la possiamo scontare o in terra (sacrifici, malattie, sofferenze,…) o appunto, in Purgatorio. Cioè in Purgatorio non ci va chi ha fatto peccati mortali e non si è pentito nemmeno in punto di morte. «I peccati che fanno andare con più frequenza le anime in Purgatorio, secondo la Simma, sono quelli “contro la carità, contro l’amore del prossimo, la durezza del cuore, l’ostilità e la calunnia. So che la maldicenza e la calunnia - dice Maria - sono tra le colpe più gravi che necessitano di una lunga purificazione». A tal proposito ella racconta di una vicenda relativa ad un uomo e una donna. Con grande meraviglia di coloro che li avevano conosciuti, la donna era già in Paradiso, mentre l’uomo in Purgatorio. Quella donna era morta dopo aver fatto un aborto, l’uomo invece andava spesso in chiesa e faceva una vita apparentemente assai dignitosa e pia. I due erano morti contemporaneamente, ma la donna si era pentita con sincerità per ciò che aveva fatto, ed era stata molto umile; l’uomo, al contrario, pur essendo religioso, si lamentava sempre, sparlava della gente e criticava. Ecco perché il suo Purgatorio è stato molto lungo. Altri peccati contro la carità sono certamente il rifiuto di fare pace e i vari rancori che si portano nel cuore: la Simma fa molti esempi di anime che sono in Purgatorio proprio per aver ostinatamente negato il proprio perdono. Per quanto riguarda i sacerdoti, invece, la mistica riferisce che i primi motivi che le vengono in mente, per cui essi devono scontare il Purgatorio, sono: “la disobbedienza al Santo Padre, il poco amore per la Santa Messa, per la preghiera e per il digiuno, la mancata lettura dell’Ufficio e la distribuzione della Comunione in mano». Su quest’ultimo punto la veggente riporta numerosissimi casi da lei assistiti e, soprattutto, riferisce la gravità del comportamento dei sacerdoti che «non hanno aiutato ad avere rispetto per l’Eucaristia, poiché così tutta la fede ne soffre”». Ma è anche facile far uscire queste anime dal Purgatorio. «Il modo più efficace per facilitare la liberazione di un’anima dal Purgatorio - dice la Simma - è la Santa Messa. Perché è Cristo stesso che si offre per amore nostro. È l’offerta di Cristo stesso a Dio, la più bella delle offerte». Poi aggiunge che «se noi in vita ci rendessimo conto del valore di una sola Messa per l’eternità, le chiese sarebbero piene anche nei giorni feriali». Il perché è presto detto: «Nell’ora della morte le Messe che avremo ascoltato saranno il nostro maggior tesoro, esse hanno per noi più valore delle Messe che sono celebrate per noi dopo la morte». «Altri mezzi molto efficaci per aiutare le anime del Purgatorio sono le offerte a Dio delle nostre sofferenze: quelle volontarie, come il digiuno, le privazioni etc… e quelle involontarie, come le malattie, le umiliazioni, i lutti, gli abbandoni etc…». Ma noi possiamo anche ricorrere a loro e dire "Anime del Purgatorio pregate, per noi", perchè loro, che sono la Chiesa Purgante, possono farlo e lo fanno volentieri. È come una bella amicizia in cui ci si impegna a una preghiera vicendevole. 

[Stralci dal La Bussola Quotidiana, 2/11/2019, Costanza Signorelli, Maria Simma e i defunti «Pregate per noi!». Il segreto delle anime del Purgatorio].







Solo perché donne…




Una notizia che ha avuto ampio risalto di recente, è stata quella del Vaticano che ha nominato due donne al Dicastero dei vescovi. Questo episodio è stato letto anche come una storica apertura.
 Ma provo a fare un ragionamento semplicissimo, senza interloquire sui diritti di chicchessia che devono essere sempre rispettati e onorati. Mettere in rilievo il fatto che sono donne quelle mandate nei dicasteri, sposta l’attenzione su quello che conta meno di tutto nella vita vera. Ma è pur vero che ai fini della propaganda in auge e del politicamente corretto, questo conta molto invece. E così nessuno ci ha detto se quelle donne erano preparatissime, con capacità e doti straordinarie, di carattere, con tutti i requisiti, meglio di tutti gli altri uomini che concorrevano per gli stessi  posti.  Sicuramente è avvenuto questo,  ma si è capito tutt'altro. Si è capito che sono state mandate lì solo perché erano donne. In quei posti ci devono andare infatti, solo i più bravi e non chi è maschio o femmina a prescindere, invece no, si è detto solo che erano donne e basta. Se conta la meritocrazia, se esiste davvero la parità, se davvero abbiamo l'uguaglianza, non dovrebbe nemmeno essere detto se sono maschi o femmine quelli mandati nei posti importanti. Anche quando nasce un Governo, una tra le prime frasi che si sentono dire, è: “questo esecutivo ha tot donne, più di quello precedente!” e giù gli applausi, come fosse un merito altissimo quello di avere messo tot donne a capo dei ministeri, senza però sapere se valgono tanto oppure sono come galline spennachiate, oppure se c'erano maschi molto più bravi e preparati,  ma in quanto maschi, avrebbero fatto perdere la faccia al governo, la sua immagine politica e lo faceva passare per razzista e contro le donne (oggi, una delle peggiori infamie). Anche qui allora, sono state nominate ministri donne perché erano brave e capaci o solamente perché donne in quanto tali? Naturalmente il discorso vale anche per i signori maschi: siete andati lì perché migliori o perché i giochi di palazzo vi hanno favorito? E che dire delle quote rosa, considerate da tutti uno strumento di massima democrazia e di vera parità tra i sessi? A tal proposito si consideri prima di tutto che le donne sono di gran lunga più numerose degli uomini e dunque, come e quando lo volessero, potrebbero eleggere solo tutte donne; ma c’è chi maligna che una donna non vota mai un’altra donna e così di sovente, sembra accadere proprio così. E dunque il maschio che ha avuto più voti non può essere eletto perché deve passare il "suo" posto a una donna che ha preso meno voti di lui, ma ha la quota rosa: cioè è donna e basta. Naturalmente io non sto attaccando le donne, si capisce, ma questo giro assurdo, questa follia che danneggia e minimizza tutto e tutti,  uomini e donne. Io sto attaccando una modalità da suicidio, irragionevole. Sembra tutto finto, tutto falso, tutto costruito a tavolino, tutto una truffa per sostenere forse un gioco segreto che scorre come un fiume carsico, per uscire chissà. Una truffa in cui moltisismi ci cadono e invece di segnalarla a tutti, la difendono strenuamente. E così nulla cambia, nulla si muove, destra o sinistra tutto è sempre uguale e noi sempre più indietro e scontenti. Ma non può funzionare a lungo ciò che è disordine, confusione, divisione… ciò che è un’ideologia che prevarica barbaramente la realtà. In mezzo a tutto questo nulla può andare bene e noi non potremmo mai stare bene, donne comprese. Perché ai potenti le donne interessano solo in quanto tali, per pura propaganda, per riempirsi la bocca di parità. Solo perché donne e non perchè esseri umani con capacità, carattere e intelligenza, oppure con mediocrità, idiozia e imbecillità: tanto loro quanto noi uomini. E noi. Fino a quando reggerà la nostra pazienza?

Il Pio

Le avanguardie ardimentose di un pacifico esercito.




Ho trovato un concretissimo discorso di Papa Pio XII del 2 marzo 1953, che ci dice che  ci sono ancora tanti cattivi in giro e ne saranno sempre di più e che c'è sempre un terribile nemico che dobbiamo combattere, pure con sacrificio ed anche sino alla morte, per la salvezza dell'anima nostra e di tutte le altre e perchè Gesù regni nuovamente in Italia e in tutto il mondoQuesto è il vero spirito cristiano, così vivevano tutti i santi della Chiesa. Ad un certo momento però questo spirito è stato messo da tutti in archivio dentro un faldone e portato con gli altri in cantina. Ma nessuno ci obbliga a non riprenderlo, buttare via  il polveroso faldone e rimettere in giro la pratica. E poi a non pensare che chi parla concreto come Gesù è perché vive la realtà giudicata dalla fede e invece chi non parla concreto...

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«… Vorremmo che foste come il sole, il quale riscalda e vivifica. Il calore del vostro amore riscaldi le persone e le cose che vi circondano. Fate distinguere in ogni luogo la vostra presenza col fervore della vostra carità. Il demonio ha invaso la terra con l'odio : fate rivivere, prepotente, l'amore. … Siate forti contro il «nemico». Qui non si tratta più soltanto del vantaggio spirituale di ciascuno di voi, ma della vostra collaborazione per il bene delle anime. … Abbiamo ancora una volta denunciato l'attuarsi di un piano spaventoso per «svellere radicalmente dagli animi la fede di Cristo», per l'invasione del mondo da parte del nemico degli uomini e di Dio. E sono uomini — miseri uomini — coloro che servono da strumenti per quest'opera distruggitrice…. Vi è in atto una lotta che ingrandisce quasi ogni giorno di proporzione e di violenza, ed è quindi necessario che tutti i cristiani, ma specialmente tutti i militanti cattolici, «stiano in piedi e combattano sino alla morte, se è necessario, per la Chiesa madre loro, con le armi che sono consentite» (cfr. S. Bern. Ep. 221, n. 3 - Migne PL, V. 182, col. 387). Non si tratta qui evidentemente di scontro fra i popoli con distruzione di case e strage di uomini. Noi abbiamo più e più volte esecrato la guerra, e siccome riappaiono qua e là tristi segni di pericolo per la pace, torniamo a scongiurare Iddio, affinchè impedisca, con la Sua onnipotenza, che nuovi lutti e nuove lacrime vengano provocati sulla terra dall'incoscienza e dalla malvagità di alcuni. Noi parliamo invece della lotta che il male, nelle sue mille forme, combatte contro il bene; lotta dell'odio contro l'amore, del malcostume contro la purezza, dell'egoismo contro la giustizia sociale, della violenza contro il pacifico vivere, della tirannia contro la libertà. Di questa lotta è già assicurato l'esito finale, essendone garante l'infallibile parola di Dio. Verrà il giorno del trionfo del bene sul male, perchè verrà il dì, in cui — lo diciamo con immensa tristezza — andranno « maledetti al fuoco eterno » (Matth. 25, 41) quanti hanno voluto fare a meno di Dio e sono rimasti sino alla fine ostinati nella impenitenza. Ma vi sono battaglie, il cui esito non è certo, perchè è affidato anche alla buona volontà degli uomini. In alcuni settori il «nemico» ha prevalso: occorre riconquistare il terreno perduto — cioè le anime traviate — perchè Gesù regni nuovamente nei cuori e nel mondo. Diletti figli e figlie! Noi vi chiamiamo nuovamente a raccolta, certi che tutti — senza evasione di sorta — risponderete alla Nostra voce. Sotto lo sguardo di Maria, Regina delle Vittorie, disponetevi a vivere, per così dire, in un clima di generale mobilitazione, pronti a qualsiasi sacrificio, presti a qualunque eroismo. … Ma quel che preme specialmente, è che si compia uno sforzo comune per avviare l'Italia verso una rinascita religiosa integrale. Perchè ciò avvenga, dovrà essere naturalmente preparato un piano razionale che vi impegni tutti in modo organico, e voi provvederete a muovervi secondo una esatta e ben studiata strategia, schierandovi ordinatamente e fissando bene gli scopi da conseguire. L'esercito cattolico è composto anche di altre forze che sarebbe insano ignorare o contrariare. Vi è posto per tutti, e di tutti vi è bisogno in questo immenso fronte da coprire per respingere gli assalti del «nemico». Ricordate però tutti che non vi è ordinato schieramento se, nel rispetto della varietà e delle capacità, non viene assicurata l'unità del comando; per questo vivamente esortiamo voi e tutte le forze cattoliche a farvi guidare nel lavoro apostolico da chi lo Spirito Santo ha posto a reggere la Chiesa di Dio. Nello scegliere gli «obiettivi» va inoltre osservato l'ordine dei valori: dovete quindi preferire lo spirituale al materiale, il definitivo al provvisorio, l'universale al particolare, ciò che urge a quel che può essere rimandato ad altro tempo. Quanto alla tattica da seguire, ricordate che l'accostamento individuale è quello che dà migliori risultati. … Siate, oggi e sempre, le avanguardie ardimentose di questo pacifico esercito, in spirito di perfetta unione con tutti e di completa dedizione ai Pastori che guidano la Chiesa. … O Maria, forte come un esercito, dona alle nostre schiere la vittoria. Siamo tanto deboli, e il nostro nemico infierisce con tanta superbia. Ma con la tua bandiera ci sentiamo sicuri di vincerlo; egli conosce il vigore del tuo piede, egli teme la maestà del tuo sguardo. Salvaci, o Maria, bella come la luna, eletta come il sole, forte come un esercito schierato, sorretto non dall'odio, ma dalla fiamma dell'amore. Così sia».

[Stralci dai Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XV, Quindicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1953 - 1° marzo 1954, pp. 501 - 509 Tipografia Poliglotta Vaticana Copyright Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana 7, da www.vatican.va]

Le convergenze parallele.


 
Prendiamo un argomento che da decenni è fonte di accese discussioni, liti tremende dai vertici alla base dell'Italia. 
Ma anche di tutto il mondo Occidentale (Europa e USA poi stanno al top). E litigano pure i potenti tra di loro! L'argomento è l'aborto. Lasciamo stare ora la polemica del famoso referendum e chi erano quelli che lo hanno appoggiato e sostenuto strenuamente, tradendo i principi per cui erano stati eletti, questa è ormai è preistoria per noi e loro, però sono andati avanti nel medesimo modo ambiguo. Qui gli schieramenti sono due e sono sempre stati due. Fissi. Se sei nella truppa dei cristiani papalini dici che il feto è un essere vivente sin dal concepimento, un dono di Dio dunque, e che, per questo motivo, non lo si può uccidere crudelmente, nemmeno nelle prime settimane, nemmeno se ha malattie terribili, nemmeno se ci sono gravi motivi. Dall’altra parte ci sono anche le truppe di quelli che di Dio, del cristianesimo e della sua morale non gliene può fregare di meno, sono anticlericali, atei o forse pagani o semplicemente agnostici che comunque sostengono che il feto è un grumo di cellule e che il corpo è della donna e lei ha il diritto soggettivo di scegliere quello che vuole, per sè, per il suo bene, per il suo patrimonio e per la sua felicità. Questi due schieramenti sono inconciliabili (come potrebbe essere diversamente, dati i presupposti?). Non ci possono stare punti di unione o di compromesso: se si alza uno, l’altro lo fa immediatamente retrocedere in silenzio fino alla sedia da cui proveniva e se si alza l’altro, il primo lo fa immantinente indietreggiare a testa bassa verso le sue  originarie postazioni. E poi. Una legge a favore di uno farebbe scatenare la rivoluzione dell’altro, una legge a favore dell’altro sarebbe respinta con un’insurrezione. Non è semplice la faccenda. Anche qui “chi tocca i fili muore”. E nemmeno puoi stare sul dire e non dire... saresti un franco tiratore, nè da una parte, nè dall'altra. E’ anche vero che sull’argomento ci sono un bel po’ di interessi economici dietro che potrebbero portare il peso del dibattito più da una parte. Ma se rimaniamo fermi in questa diatriba e con questi argomenti inaccettabili per entrambi le controparti, non ci muoveremo mai dalle sabbie mobili. E io penso una cosa. Chi non vuole abortire la strada la conosce. A chi vuole abortire le si potrebbe proporre una alternativa, come uno scambio di prigionieri di guerra. Lo Stato infatti, potrebbe dire “Tu sei libera di fare quello che vuoi (tanto lo faresti lo stesso), noi ti proponiamo: fai nascere il bambino. Ti aiutiamo noi. Appena nato (se ancora non lo vuoi tenere) lo diamo subito in adozione alle famiglie che lo vogliono adottare in pochissimo tempo e non lo vedrai più come fosse morto davvero con effetto retroattivo. Se fai questo, cara mamma, avrai dallo Stato in cambio tot €, o la riduzione delle tasse, o qualche sconto, o qualcosa di utile,...”. A questo punto magari anche le famiglie adottive potrebbero contribuire insieme allo Stato a questa proposta. Considerate infatti che c’è una forte sproporzione fra domanda e offerta in materia di adozioni. Se ho ben letto, per ogni bambino dichiarato adottabile, ci sono circa 6,91 famiglie disponibili all'adozione (dunque 5,91 di famiglie dovranno aspettare il prossimo treno). Comunque è uno spreco di risorse. Potrebbe essere questa però, quella che Aldo Moro definiva una "convergenza parallela" quasi un'intesa pur nella situazione di due rette parallele. Ma non è legge che lo Stato debba  pensare a tutto e a fare tutto per i cittadini e questi siano autorizzati a rimanere seduti senza fare nulla, anche noi, come privati o in associazioni, potremmo seguire questa strada. Semmai dovessimo conoscere una madre che vuole abortire e non c'è santo che tenga, proviamo a dirle: "aspetta un attimo, forse riesco a trovare un buon Istituto dove lo possono tenere con affetto e bontà, come avresti fatto tu, fammi vedere quello che si può fare...  io ti sarò sempre vicino in questi momenti". Vai a sapere che magari vistasi voluta bene quella mamma non abortisca più oppure resta ferma senza desistere sul suo convincimento iniziale; però avremmo mezza possibilità di salvare il bambino e risparmiare un peccato alla mamma. Ecco facciamo i cattolici concreti, operiamo nella realtà in cui ogni giorno viviamo. 

Il Pio

Sulle locandine...

 


Gesù alle folle che si accalcavano intorno a Lui fino quasi a schiacciarlo, dimenticando pure di mangiare, parlava in parabole. Raccontava quasi sempre fatti reali che tutti i presenti, che erano concreti per la vita che facevano, capivano molto bene. Capivano sicuramente la parte vera, ma forse avevano difficoltà a capire la parte Celeste. Ma quella era la pedagogia di Gesù, probabilmente il Suo era quello di mettere un seme nei loro cuori che a tempo debito avrebbe dato i suoi frutti. Poi in privato spiegava le parabole ai suoi apostoli. E anche qui non era fumoso e filosofico, anche a loro parlava molto chiaro e concreto. E gli Apostoli, a parte uno, ne hanno fatta di strada con questo particolare tipo di insegnamento. Ma Gesù era figlio di Dio, mi si potrebbe dire ed era facile per Lui fare così, anzi qualunque metodo sarebbe andato bene se c'era Lui. Allora andate a leggere gli scritti di don Bosco, del Curato d'Ars, padre Pio, san Benedetto da Norcia, il beato Pier Giorgio Frassati, san Domenico Savio e tanti altri: scrivevano con una concretezza disarmante. Testimoniavano Gesù con una concretezza disarmante. La Fede per loro c'entrava con tutti gli aspetti della vita, non avevano quella moderna dissociazione fra vita e fede (come intuì Paolo VI). E noi, figli di cotanti padri, a messa ci andiamo e se ci va bene sentiamo spesso nelle omelie parlare del verbo greco translitterato dal sanscrito, oppure altissima teologia,  oppure basso ecologismo, buonismo, politicamente corretto,  quando non stiamo proprio sull'orlo dell'eresia; e nasce la domanda: ma tutte queste cose salvano veramente le nostre anime? Ci fanno diventare cristiani impavidi e coraggiosi? La svolta decisiva da concretezza a fumo è avvenuta cinque decenni fa. Il motivo però, per noi miseri che non capiamo niente, è oscuro. Non è forse il caso di farci ridare i soldi del biglietto perché lo spettacolo non era quello annunciato sulle locandine? Certo a messa ci dobbiamo andare, non si discute, ma quando si esagera possiamo alzarci e dire "no, no, no!"come spesso si faceva nel Medioevo.

Il Pio 

Impressioni di luglio


In diversi film che trattano l'olocausto e i lager nazisti, ricorre spesso una scena. A un certo momento, all'improvviso, una pattuglia di tedeschi piomba dentro  un camerone di uomini stipati peggio delle bestie ed urlando come dannati, picchiando e bastonando,  fanno uscire fuori tutti. Sempre con lo stesso metodo, facendo correre tutti appiccicati l'uno addosso all'altro e chi cade, chi inciampa, chi viene schiacciato, chi viene preso a calci se non si rialza, attraverso le vie del campo di concentramento, giungono affannati dentro un salone senza averci capito niente. Subito la porta viene sbarrata da fuori. Infine esce il gas e tra urla, manate contro l'uscio, tormenti e dolori,  in breve muoiono tutti: uomini, donne, vecchi e bambini. Senza nessuna pietà. Senza alcun pentimento: perché quello era proprio Giusto fare e poi "dio è con noi" (sarebbe da capire a quale dio facessero riferimento). Questa tremenda immagine l'ho paragonata alla nostra storia attuale. Ovviamente,  mutatis mutandis, cioè cambiando tutto quanto c'è da cambiare. Infatti ho la netta sensazione che ci stanno portando tutti, di corsa, dritti dritti verso la rovina nostra e dell'Italia attraverso obblighi, con ricatti, con stati di emergenza, con terrorismo ecologista, con aumenti sconsiderati dei prezzi,  con il pensiero unico intoccabile e senza alcun contraddittorio, con un'informazione quasi tutta a senso unico e, se non bastasse, anche con mezzi da pirati. A divenire poveri, cioè, soli, spaventati per tutto, schiacciati da modelli e regole disumane, sbranati da malattie sempre più strane e di dubbia provenienza, intellettualmente svuotati da un politicamente corretto ossessivo e obbligatorio, omologati e infine a perdere tutto, e questo a vantaggio esclusivo di ricchissimi e pochi maiali. A perdere probabilmente anche Dio, perché tutti loro sono quanto meno atei e poi un Dio come il nostro gli dà solo fastidio perché ci fa pensare ed agire liberamente, proprio come non vogliono loro. Potremmo anche essere considerati pericoli,  ma, a ben vedere, pochi e divisi come siamo, probabilmente non gli saremmo mai un ostacolo. E poi ci hanno diviso loro. Così, come quei poveri ebrei non potremo fare nulla. Ci porteranno al mattatoio senza aver capito qualcosa. Nessuno di noi che siamo un inutile e sporca parte del popolo italiano potrà fare nulla. Preghiamo il Signore che confonda le loro menti squallide e bacate dall'orgoglio e dal peccato. Che faccia naufragare i loro cattivi progetti, che confonda le loro vie e il loro linguaggio o che gli faccia almeno la  cianghetta; e che finalmente permetta che l'Italia possa ritornare un Paese libero, buono e vivibile e, soprattutto, cristiano. Bisogna solo capire se ce lo meritiamo. 

Il Pio 

Fino a quando... ?


Se mi parlate di materie giuridiche, qualcosa riesco a capire e addirittura anche a rispondere. Se mi parlate di matematica, scienza e medicina, non capisco nulla e posso solo dire castronerie. Perdonatemi. Prendetelo allora come sfogo personale diretto ai miei tre lettori che, conoscendomi, avranno pietà di me. Pochi mesi fa si diceva che chi non si vaccinava contro il covid era un criminale della peggior specie, veniva rincorso dalle Forze dell'ordine pure chi non aveva la mascherina, pur stando lontano dal consorzio umano anche centinaia di metri e magari lasciando liberi, per poter far questo, pusher e ladri.  Non si poteva andare a lavorare e si restava a casa senza stipendio, senza i tre vaccini. Addirittura una federazione di industriali disse che il lavoratore che non è vaccinato doveva stare a casa, senza stipendio e doveva pagare i danni all'Azienda. Non si potevano fare gli acquisti senza il green pass. Uno importante che comandava e lo si vedeva in TV sempre in mimetica da combattimento, diceva che li avrebbe stanati tutti quei maledetti renitenti: "passeremo casa per casa" e quant'altro anche peggiore. (Mai sentito dire così nemmeno contro la mafia o i narcotrafficanti). Sui giornali, telegiornali e salotti televisivi era tutto uniforme e la sentenza finale era ogni volta che i cattivi erano tutti ineluttabilmente contro la Scienza. Sempre rabbia e gente rabbiosa su questo argomento. Gli scienziati che la pensavano diversamente non hanno più potuto parlare e alcuni anche allontanati. Lo sappiamo bene questo, perché lo abbiamo vissuto tutti, solo poco tempo fa. E abbiamo visto anche un popolo diviso anzi lacerato grazie a quelli lassù e poco mancava a una guerra civile (cioè popolo contro popolo). Bene. Ora se ho ben capito, il covid non è cessato, anzi ha una diffusione maggiore e peggiore di prima. Che fanno le stesse persone che ci hanno governato fino a ieri e che ci governano ancora oggi? Tolgono tutte le misure di sicurezza. Un tana liberi tutti e tutto, salve poche eccezioni. Ma vi sembra normale? Quello che era vero prima non lo è più adesso. In che mani abbiamo messo le nostre vite, le nostre case, le nostre aziende,... la nostra Italia? Ma avete visto i loro sguardi e con quanta prosopopea e arroganza ci parlano? Fino a quando abuserete della nostra pazienza?

Il Pio 

Dentro la pancia.

 



È sempre un gran parlare sul tema dell'aborto e qualunque cosa si dica o faccia,  scaturisce sempre un incendio spaventoso tra chi è pro e chi contro di esso. E non si viene mai a un punto comune. Secondo me però, per affrontare correttamente questo argomento molto delicato, non si deve partire nè da una morale, nè da un'ideologia, nè da un'appartenenza politica, tantomeno dai diritti soggettivi inderogabili. Non possiamo andare avanti con i si può fare e i non si può fare. Tantomeno da slogan. Il nocciolo, infatti, sta oltre. Altrimenti gireremmo sempre in tondo senza mai giungere a una conclusione,  per anni, decenni, secoli... invece concludere la guerra fratricida converrebbe a tutti. Nel senso che il punto di partenza di tutto è il libero arbitrio che tutti abbiamo come dono di Dio. (Dono in vero molto difficile da gestire e spesso una vera croce). Lui infatti non costringe, nè obbliga nessuno a fare o non fare qualcosa. Lui dice solo ciò che è male e ciò che bene, poi ognuno fa quello che vuole, pagandone le conseguenze, in un modo o in un altro. Quindi io, se lo voglio, posso uccidere moglie e figli anche in modo orribile e nessuno me lo può impedire (poi andrò all'ergastolo, ma questa è un'altra faccenda). Posso rubare se voglio, tradire un amico carissimo, lavorare come Stachanov oppure trattare male un collega che non se lo merita, bullizzare un ragazzo disabile oppure creare un associazione per aiutare i poveri. Insomma ognuno fa quello che vuole nel bene o nel male. È Dio che ha voluto da sempre che il mondo girasse in questo modo. Uno la salvezza o la dannazione eterna se li deve conquistare con le sue forze, con la sua volontà e determinazione, nella piena consapevolezza. Pensiamo a Lucifero che era un angelo bellissimo primo tra tutti gli angeli del Paradiso oppure a Adamo e Eva che nel Paradiso terrestre già ci vivevano e ci sarebbero dovuti restare per sempre, invece hanno tutti scelto volutamente di fare proprio la cosa che non dovevano fare, l'unica cosa che non dovevano proprio fare (ma nessuno glielo ha impedito); le conseguenze le conosciamo tutti: le stiamo pagando tutti oggi. Così se uno ritiene il bambino dentro la pancia un grumo di cellule oppure un tumore (come disse un ex attrice francese), quando non un intralcio e una limitazione, se vuole, lo uccide. Il modo lo troverà sempre e ovunque a prescindere da leggi, sentenze e morali e soprattutto parole e slogan. Se uno ritiene che il bambino dentro la pancia sia un bambino fin dal suo concepimento, non lo fa. La soluzione dunque, visto come funziona il mondo di oggi, non è fare marce, referendum, sentenze o leggi, ma spiegare con amore, argomenti umani e cristiani che un bambino dentro la pancia è proprio e solo un bambino vivo e reattivo e anche un futuro uomo, magari un futuro scienziato o uno statista che miglioreranno o salveranno il mondo, oppure un serial killer disgraziato o un dittatore crudele e spietato che tanto dolore darà; sapendo però che non saranno le nostre parole a cambiare il cuore delle persone. E questo onere per statuto ce lo dobbiamo sobbarcare noi cattolici, ricevendo in cambio naturalmente pomodorate in faccia, sputi,  insulti, infamie, tradimenti e manganellate (anche da fratelli o correligionari) come è naturale che sia. Come lo stesso ha ricevuto Gesù. Si potrebbe trovare il modo di aiutare concretamente la madre a non abortire oltre che a parole, trovando soldi, una sistemazione per il nascituro in una famiglia buona oppure in un'istituzione capace e magari una casa o  un' amicizia per la mamma. Il bello infine che sia io, sia tutti i miei tre lettori non siamo stati abortiti come pure quelli che sono a favore dell’aborto o quelle che hanno abortito: ma che avevano di diverso le nostre mamme?

Il Pio  

«Ci condannano per il nostro attaccamento alla fede».

  Di seguito vi metto un po’ di brevi stralci dagli scritti di Georges Bernanos (Parigi, 20 febbraio 1888 – Neuilly-sur-Seine, 5 luglio 1948...