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Memento mori


Una delle cose che mi fanno rimanere in silenzio a pensare, è vedere le foto coi morti ammazzati degli anni settanta del secolo scorso. Mi capita talvolta di sfogliare libri dove si parla di quegli anni e vedere immagini con poliziotti, carabinieri uccisi in uno scontro a fuoco con terroristi o banditi o povera gente restata a terra a seguito dell’esplosione di una bomba o di proiettili vaganti. Le foto sono spesso in bianco e nero, perché di oltre quarant’anni fa. 

Le guardo, mi ci soffermo diverso tempo e poi immagino la loro ultima mattina, quando si sono alzati, pensando che quella sarebbe stata una giornata normale e sarebbero tornati a casa come la sera prima, come tutti gli altri giorni. Colazione, barba, pettine, ancora un po’ di sonno… «ho preso le chiavi di casa?», «Ciao, ci vediamo stasera», «dopo il lavoro devo passare da…», «oggi mi interrogano», «è tardi». Quello che ora rimane di quella loro ultima giornata è solo una foto in bianco e nero. Di quarant’anni fa. I parenti e gli amici che hanno sofferto il dolore di quella terribile giornata, la solitudine di aver perso una persona cara, nel frattempo si sono invecchiati, morti. Il mondo è andato avanti. I tempi sono cambiati. Loro invece fissi lì per sempre, in bianco e nero. Agenti della Polizia Stradale per terra dietro la loro macchina uccisi da un pazzo criminale. Carabinieri di scorta a un uomo politico, ancora dentro la macchina, uno appoggiato all’altro, crivellati di colpi da feroci terroristi. Un ragazzo lungo per terra contro il bordo del marciapiede, capitato malauguratamente in mezzo a una sparatoria, colpito in testa da una belva scatenata… Si capisce che moltissimi di quegli assassini, criminali,  terroristi ora stanno a spasso anche con nove ergastoli sulla coscienza e sulla fedina penale, scrivono libri, parlano in TV e sui giornali,  criticano proprio quello Stato che con le sue leggi li ha fatti liberi.

Ho detto di fatti e foto degli anni settanta, perché sono quelli in cui io ero un ragazzo e vivevo allora a Milano: non dico di averli vissuti direttamente, ma solo respirati e così mi sono rimasti dentro. Il discorso però che vorrei fare è generale. Il fatto è che tutti moriamo: c’è per tutti l’ultimo giorno che è sempre assolutamente ignoto (…salvo forse per i condannati a morte che sanno il giorno esatto in cui devono morire).

Ci dobbiamo pensare che il giorno che inizia potrebbe anche non terminare per noi. Ma se siamo pagani, non ci importa nulla di queste faccende: la morte è solo una sfiga a cui mai e poi mai ci si deve pensare, anche perché, finita questa vita, altre non ce ne sono e da essa ci proteggono i portafortuna, i gesti e le formule scaramantiche. Se invece siamo cattolici il discorso cambia. Allora ben venga il frequente ricordo dell’antichissimo monito “memento mori” (ricordati che devi morire). Con questo avvertimento ci possiamo ricordare la brevità e la vanità della vita terrena che quindi deve essere vissuta in preparazione della vera Vita, quella ultraterrena, quella bellissima in Paradiso con Dio, la Madonna e tutti i santi. Nel Medio Evo c’era qualcuno che andava in giro a ricordare a tutti quella esortazione, oggi—ovviamente—questo non si può fare più (non è da cristiani adulti e moderni!). La morte è dunque il punto d'inizio dell'esistenza più vera che ci apre le porte a una vita eterna e stupenda. Resterà certo la nostra ultima foto sbiadita su una parete. Però quella immagine non sarà l’ultima e definitiva cosa che rimane di noi.

Il Pio

Se fossimo pagani, diremmo sì.



La storia si sta facendo un po’ strana. C’è un senso di nebbia e di vuoto accanto a noi. Una sensazione che a breve capiterà qualcosa di spiacevole, per come si stanno sviluppando i fatti. Intorno a noi inoltre c’è tantissima confusione. Lo Stato, suddiviso nei suoi tre Poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) da decenni non ci dà più nessuna fiducia e garanzia. Sembra piuttosto nostro acerrimo nemico. E il futuro, messi così, non ci permette di poter sperare. Una cosa è chiara: la politica e nessun politico, non ci salverà mai.


E quelli che sono rimasti ancora cattolici, fedeli come antichi guerrieri, devono spesso vedere inermi anche gli scempi alla liturgia (io una volta ho ricevuto la santa comunione da uno che era vestito da elfo, con tanto di cappello coi sonaglini, in chiesa), scempi al catechismo (il digiuno liturgico inapplicato, comunione a chi convive senza essere sposato), scempi alla Tradizione (il rosario, preghiera delle vecchie, non si deve dire più). Eccetera, eccetera. E anche qui il futuro, messi così, non ci permette di poter sperare. Una cosa è chiara: quelli “moderni” e di “manica larga” non ci salveranno.

Sono pochi esempi, ma la situazione che stiamo vivendo come cittadini e come cattolici è (passatemi il termine) drammatica. Allora tutto è finito, non abbiamo più speranza? Sì, risponderebbero i pagani.Cioè quelli che contano solo su sé stessi ed esclusivamente sulla ragione umana, sul Fato ineluttabile, sui gesti e sui portafortuna apotropaici: loro non hanno un Dio come il Nostro, fattosi carne, morto e risorto per noi e per salvarci. Un Dio che ci vuole bene. Un Dio che può modificare significativamente anche gli eventi più certi, cambiare la realtà; un Dio che è presente nella realtà.

Noi lo abbiamo un Dio così e infatti non siamo pagani, ma cattolici, dunque possiamo tranquillamente sperare l’impossibile, se questo dovesse giovare alla nostra anima e alla nostra vita.

Il Vangelo di ieri riportava il fatto della moltiplicazione dei pani. Gesù vuole che i suoi amici gli consegnino tutti i pani che hanno. Non poteva—Lui che aveva risuscitato i morti, dato la vista ai ciechi, tirato su i paralitici—provvedere da sé a creare dalla sabbia del deserto, del pane per tutti? No, per fare il bene Lui vuole la collaborazione attiva e la fede degli uomini. Vuole che gli si dia tutto. Senza la fede, pare di capire, e senza dare tutto sino all'ultima "monetina", è difficile che intervenga o forse… è inutile. La Madonna, apparsa a Fatima, ha detto poi che bisogna recitare sempre il rosario. Allora se vogliamo sperare che il mondo cambi, o almeno l’Italia, diciamo il rosario, sempre. Se poi è possibile cerchiamo di fare opere buone da offrire a Nostro Signore, per la Sua maggior gloria.

E se invece questa nebbia e questo buio dovessero servire alla nostra conversione e alla nostra salvezza, accettiamo questo periodo con cristiana rassegnazione, non smettendo mai di recitare il rosario e di fare del bene, non restando mai un solo giorno lontani da Gesù, non seguendo mai i falsi maestri e sapendo sempre che dal buio più tetro, Dio, quando è ora genera una luce bellissima.

il Pio

Idiozia.

  C’è un Potere immondo che mette tutti noi sotto una cappa tenebrosa, triste e cattiva. Ci dice come dobbiamo parlare, cosa dobbiamo deside...