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E' una società che non si ama


Le crisi dell'insegnamento non sono una crisi dell'insegnamento; sono crisi di vita;
denunciano rappresentano crisi di vita e sono crisi di vita esse stesse


La crisi dell'insegnamento non è una crisi dell'insegnamento; non c'è crisi dell'insegnamento; non c'è mai stata crisi dell'insegnamento; le crisi dell'insegnamento non sono una crisi dell'insegnamento; sono crisi di vita; denunciano rappresentano crisi di vita e sono crisi di vita esse stesse; sono crisi di vita parziale, eminenti, che annunciano e accusano crisi della vita generale; o se si vuole, le crisi di vita generali, le crisi di vita sociali si aggravano, si radunano, culminano in crisi dell'insegnamento, che sembrano particolari o parziali, ma che in realtà sono totali, perchè rappresentano il tutto della vita sociale; e infatti all'insegnamento che le prove eterne attendono, per così dire, la cambievole umanità. il resto di una società può passare, truccato, mascherato; l'insegnamento non passa; quando una società non può insegnare, non è che manca accidentalmente di un apparato e d'una industria quando una società non può insegnare e che questa società non può insegnarsi; è che ha vergogna, ha paura lei stessa di insegnarsi; per ogni umanità, insegnare, è in fondo insegnarsi; una società che non insegna è una società che non si ama; che non si stima; e questo è precisamente il caso della società moderna.
(Charles Peguy, "Per il rientro a scuola" in Lui è qui - Pagine scelte ed. BUR)

Sopra e sotto la terra

«... Questo per me è il significato della festa di questa mattina e gli alberelli che voi bambini pianterete dentro la terra sono come il legame fra la morte e la vita: fra la vita che sta sopra e la morte che sta sotto. E se l'avvenire dell'albero e il suo progresso verso l'alto sono sopra la terra, le radici sono sotto la terra. E ciò significa che l'avvenire è alimentato dal passato. Guai a coloro che non coltivano il ricordo del passato: sono gente che seminano non sulla terra ma sul cemento..
(Peppone in "Ricordando una vecchia maestra di campagna" da Don Camillo della Bassa, G. Guareschi, BUR)

Che cos'è il Natale?


Che cos'è il Natale? Iddio, amandoci, vuole intessere un colloquio con gli uomini, stabilire con noi rapporti di familiarità. Vuole che lo invochiamo come Padre nostro; diventa per noi fratello e vuole essere nostro ospite.


«...Che cosa c’è dietro la scena esteriore del Presepio? C’è l’Incarnazione, la discesa di Dio sulla terra. Qui è la sublime realtà: basta il semplice annunzio per accendere ed alimentare una nostra meditazione senza fine.
Primo commento vuol essere una parola, semplice e pur essa ricca, così da suscitare nelle anime una fervente contemplazione gioiosa. Che cosa è il Natale? È l’incarnazione, è la venuta di Dio sulla terra. Cioè: noi vediamo Iddio che entra nella scena del mondo. E come e perché? Chiunque abbia una qualche cognizione della realtà che ci circonda, dell’universo, resta sicuramente ammirato della sua grandezza incommensurabile, della arcana sapienza da cui è diretto. Le leggi che si riflettono in questo universo sono così varie, intrecciate, infallibili da offrirci sì un’immagine del Creatore, ma un’immagine che ci lascia pieni di sbigottimento e quasi di timore. Appaiono così inesorabili queste leggi dell’universo, così insensibili, così fatali da lasciarci qualche volta incapaci di saper porre al vertice, su di esse, un Dio personale, un Dio che sente, che parla, che conosce noi, invitati a colloquio proprio con gli ammirevoli ordinamenti che regolano il creato.
Ma c’è un punto, nel complesso della grande realtà, che noi possiamo conoscere: e questo punto risplende oggi in modo preminente: è il Natale. In esso Dio si rivela nella sua infinita carità; rivela se stesso. In quale forma, in quale maniera? forse della potenza, della grandezza, della bellezza? No; il Signore si è rivelato in amore, in bontà. «Sic Deus dilexit mundum ut Filium suum unigenitum daret». Il cuore dell’Onnipotente si apre! Dietro la scena del Presepio c’è l’infinita tenerezza del Creatore che ama. In una parola: c’è la Bontà infinita. Iddio, amandoci, vuole intessere un colloquio con gli uomini, stabilire con noi rapporti di familiarità. Vuole che lo invochiamo come Padre nostro; diventa per noi fratello e vuole essere nostro ospite. È la Santissima Trinità a dare i suoi raggi a coloro che hanno occhi per scorgere e capacità di comprendere, ed ammirare, così, il mistero aperto di Dio...».

(Santa Messa nella Basilica Vaticana Omelia di Paolo VI Solennità del Santo Natale, 25 dicembre 1963)

Le braghe su!

La furia distruttiva arriva a cancellare ora anche Babbo Natale che porta i doni ai bambini: spaventa gli immigrati! L’ideologia è terribile; privilegia l’Idea al posto della realtà e se la realtà è diversa dall’Idea, tanto peggio per la realtà!

Continua la furia ideologica. Quella del dover cancellare tutto il passato, per non mancare di rispetto agli stranieri. Stranieri che però non ci rispettano proprio e non gliene importa nulla né di noi, nè del nostro passato. Anzi. Molti di loro in Italia hanno l'intenzione di portare e imporre la loro cultura e le loro idee, tanto per capire meglio la situazione. Questa furia dunque va avanti lo stesso e sfiora quasi il ridicolo. Dopo i crocifissi, le feste di Natale, le preghiere, il Tu scendi dalla stelle da eliminare, la furia “iconoclasta” ora arriva anche Babbo Natale. Sì, il vecchietto con la barba bianca il vestito e il cappello rosso che porta i regali ai bambini. E’ toccato pure a lui. Dai giornali di ieri si è letto che la dirigente di un asilo di Ostia ha vietato l’ingresso a Babbo Natale che da anni arrivava sotto Natale per portare i regali a tutti i bimbi col grembiulino. Infatti il pancione in tuta rossa avrebbe potuto spaventare i figli degli immigrati. Babbo Natale, spaventare i bimbi! Con i doni per ciascuno in mano! Vi rendete conto? Sembra una barzelletta, ma è la realtà. Se le nostre idee non le fondiamo su qualcosa di stabile, esse si avvilupperanno tra di loro e saranno sempre più intrecciate e lontane dalla realtà, partorendo mostri che ci divoreranno. L’ideologia è terribile, perchè essa privilegia l’Idea al posto della realtà e se la realtà è diversa dall’Idea, la realtà deve cambiare. Pure se si arriva al ridicolo, la realtà deve cambiare. Ma se l’Idea è bacata, la realtà diverrà bacata pure lei. Se l’Idea che la nostra tradizione secolare turba gli immigrati, dovesse procedere oltre, dopo aver cancellato persino Babbo Natale, pensate, dove potrà mai arrivare? Allora saremo davvero pronti per l’invasione di una “cultura” più brutta, ma più forte della nostra. Saremo pronti, perché saremo morti di fatto come popolo e come Nazione. E un popolo morto si sottomette con la massima facilità. E’ il suicidio! Ci stiamo ammazzando da noi stessi, calandoci le braghe sempre più in basso. Ma le braghe devono stare su! Le braghe, su! Le braghe, su! Esto vir! Sii uomo! Io certo non darò la vita per Babbo Natale. Ma Gesù non può essere tolto dalla nostra storia quotidiana e con Lui dunque la nostra libertà umana, le nostre idee, i nostri luoghi,... non possono essere cancellati per rispetto a altri. Forte invece deve essere la nostra testimonianza verso Qualcosa di grande e di Bello. Io non so perché siamo arrivati a avere un’Idea sulla realtà così contorta e triste (lo suppongo). Un’Idea che alla fine volge per cancellare soprattutto il cristianesimo e tutto quello che da questo è nato in duemila anni. Ma i primi a non accorgersi di questo sono proprio i cristiani, che hanno sempre i sensi di colpa su cose che non hanno fatto e pronti a seguire il mondo per non restare fuori, ancorchè sconsigliati da Gesù di vivere così. Siamo rimasti in pochi, ma una difesa al massacro in corso, la possiamo ancora organizzare.
Il Pio

"Per li peccati permette cotali pestilenze"


«Per li peccati Iddio permette cotali cose e pestilenze: e troppo è più pericolosa la fiamma dello inferno, la quale ha da durare eternalmente alli dannati, che non è la rabbia del lupo, il quale non può uccidere se non il corpo. Tornate dunque, carissimi, a Dio, e fate degna penitenza dei vostri peccati; e Dio vi libererà dal lupo nel presente tempo, e nel futuro dal fuoco infernale». Del santissimo miracolo che fece san Francesco quando convertì il ferocissimo lupo d’Agobio.


«Al tempo che san Francesco dimorava nella città d’Agobio, nel contado d’Agobio apparì un lupo grandissimo terribile e feroce, il quale non solamente divorava gli animali, ma eziandio gli uomini, intantochè tutti i cittadini istavano in gran paura, perocchè spesse volte s’appressava alla cittade, e tutti andavano armati quando uscivano della cittade, come se eglino andassero a combattere, e contuttociò non si poteano difendere da lui, chi in lui si scontrava solo; e per paura di questo lupo e’ vennero a tanto che nessuno era ardito d’uscire fuori della terra. Per la qual cosa, avendo compassione san Francesco agli uomini della terra, sì volle uscire fuori a questo lupo, benchè li cittadini al tutto non gliel consigliavano: e facendosi il segno della santissima Croce, uscì fuori della terra egli coi suoi compagni, tutta la sua confidenza ponendo in Dio. E dubitando gli altri d’andare più oltre, san Francesco prese il cammino inverso il luogo dov’era il lupo. Ed ecco che, vedendo molti cittadini, li quali erano venuti a vedere codesto miracolo, il detto lupo si fa incontro a san Francesco colla bocca aperta: ed appressandosi a lui, san Francesco gli fa il segno della santissima Croce, e chiamollo a sè e disseli così: Vieni qui, frate lupo; io ti comando dalla parte di Cristo che tu non facci male nè a me, nè a persona. Mirabile cosa! immantinente che san Francesco ebbe fatta la Croce, il lupo terribile chiuse la bocca, e ristette di correre: e fatto il comandamento, venne mansuetamente, come un agnello, e gittossi ai piedi di san Francesco a giacere. E allora san Francesco gli parlò così: Frate lupo, tu fai molti danni in queste parti, ed hai fatti grandi maleficii, guastando e uccidendo le creature di Dio, senza sua licenza: e non solamente hai uccise e divorate le bestie, ma hai avuto ardire d’uccidere gli uomini, fatti alla immagine di Dio; per la qual cosa tu degno se’ delle forche come ladro e omicida pessimo; e ogni gente grida e mormora di te, e tutta questa terra t’è nemica. Ma io voglio, frate lupo, far la pace fra te e costoro; sicchè tu non gli offenda più, ed eglino ti perdonino ogni passata offesa, e nè li uomini nè li cani ti perseguitino più. Dette queste parole, il lupo con atti di corpo e di coda e di occhi, e con inchinare di capo, mostrava d’accettare ciò che san Francesco dicea e di volerlo osservare. Allora san Francesco ripetè qui: Frate lupo, dappoichè ti piace di fare e di tenere questa pace, io ti prometto, che io ti farò dare le spese continuamente, mentre che tu viverai, dagli uomini di questa terra, sicchè tu non patirai più fame; imperciocchè io so bene che per la fame tu hai fatto ogni male. Ma poich’io t’accatto questa grazia, io voglio, frate lupo, che tu mi imprometta che tu non nocerai mai a nessuna persona umana, nè ad animale; promettimi tu questo? E il lupo con inchinare il capo fece evidente segnale che ’l prometteva. E san Francesco sì dice: Frate lupo, io voglio che tu mi facci fede di questa promessa, acciocch’io me ne possa bene fidare: e distendendo la mano san Francesco, per ricevere la sua fede, il lupo levò su il piè ritto dinanzi, e dimesticamente lo puose sulla mano di san Francesco, dandogli quello segnale di fede ch’egli potea. E allora disse san Francesco: Frate lupo, io ti comando nel nome di Gesù Cristo che tu venga ora meco, senza dubitare di nulla, e andiamo a fermare questa pace al nome di Dio. E il lupo ubbidiente se ne va con lui, a modo d’uno agnello mansueto; di che li cittadini vedendo questo, fortemente si maravigliavano. E subitamente questa novitade si seppe per tutta la cittade: di che ogni gente, maschi e femmine, grandi e piccoli, giovani e vecchi, traggono alla piazza a vedere il lupo con san Francesco. Ed essendo ragunato tutto il popolo, san Francesco si levò suso a predicare loro, dicendo tra l’altre cose come per li peccati Iddio permette cotali cose e pestilenze: e troppo è più pericolosa la fiamma dello inferno, la quale ha da durare eternalmente alli dannati, che non è la rabbia del lupo, il quale non può uccidere se non il corpo; quanto è dunque da temere la bocca dello inferno, quando tanta moltitudine tiene in paura e in tremore la bocca di uno piccolo animale? Tornate dunque, carissimi, a Dio, e fate degna penitenza dei vostri peccati; e Dio vi libererà dal lupo nel presente tempo, e nel futuro dal fuoco infernale. E fatta la predica disse san Francesco: Udite, fratelli miei: frate lupo, che è qui dinanzi da voi, m’ha promesso e fattomene fede di far pace con voi, e di non offendervi mai in cosa nessuna; e voi gli promettete di dargli ogni dì le cose necessarie; ed io v’entro mallevadore per lui, che ’l patto della pace egli osserverà fermamente. Allora tutto il popolo a una voce promise di nutricarlo continuamente. E san Francesco dinanzi a tutti disse al lupo: E tu, frate lupo, prometti d’osservare a costoro il patto della pace, che tu non offenda nè gli uomini, nè gli animali, nè nessuna creatura? E il lupo inginocchiasi, e inchina il capo: e con atti mansueti di corpo, e di coda, e d’orecchi dimostra, quanto è possibile, di volere servare loro ogni patto. Dice san Francesco: Frate lupo, io voglio che come tu mi desti fede di questa promessa fuori della porta, così dinanzi a tutto il popolo mi dia fede della tua promessa, e che tu non mi ingannerai della mia promessa e malleveria, ch’io ho fatta per te. Allora il lupo, levando il piè ritto, sì ’l pose in mano di san Francesco. Onde tra questo atto e degli altri detti di sopra fu tanta allegrezza e ammirazione in tutto il popolo, sì per la divozione del santo, e sì per la novitade del miracolo, e sì per la pace del lupo, che tutti incominciarono a gridare a ciclo, laudando e benedicendo Iddio, il quale avea loro mandato san Francesco, che per li suoi meriti gli avea liberati dalla bocca della crudele bestia. E poi il detto lupo vivette due anni in Agobio; ed entrava dimesticamente per le case, a uscio a uscio, senza fare male a persona, e senza esserne fatto a lui; e fu notricato cortesemente dalla gente; e andandosi così per la terra e per le case, giammai nessuno cane gli abbaiava dietro. Finalmente, dopo due anni, frate lupo si morì di vecchiaia: di che li cittadini molto si dolevano; imperocchè veggendolo andare sì mansueto per la cittade, si raccordavano meglio della virtù e santitade di san Francesco».
(da I Fioretti di San Francesco d'Assisi Capitolo XXI).

Striscia lo scandalo


Premesso. Non mi piace guardare la televisione. Premesso. Non mi piace parlare di televisione. Premesso. Non mi piace la trasmissione Striscia la Notizia; per via di quel senso di giustizialismo che ne esce, per quel prendere per forza in giro continuo e per quel dover far ridere a ogni costo e su ogni cosa. Premesso tutto questo. C’è però una faccenda che in quella trasmissione mi fa sempre pensare. A parte il fatto che oggi, è entrato nella quotidianità, quelli che subiscono un torto per spaventare il cattivo, non dicono "vado in tribunale... dai carabinieri...", piuttosto "chiamo Striscia la notizia" e farebbe pensare questo; e soprattutto da anni almeno una volta al giorno segnalano sempre uno scandalo: case occupate, discariche di rifiuti per strada, opere costosissime lasciate a metà, altre mai aperte o abbandonate per incuria, spese folli e smisurate, corruzione, ingiustizie, malasanità, responsabili pubblici che sono irresponsabili, ove non criminali. Da anni una volta al giorno ce n’è una nuova. Questo significa che sono una marea in Italia gli scandali. E questo dovrebbe portare a pensare anche che chi ha o ha avuto un ruolo di responsabilità in Italia—di qualunque parte politica—non fa o non ha fatto il suo dovere e ha pensato a altro, qualora sapesse pensare da essere umano. E se sono così tanti gli arbìtri, significa che sono pochi quelli che fanno il loro dovere e  ancor meno quelli chi devono controllare. Questo significa anche che abbiamo da sempre una classe politica inetta e gente al loro servizio altrettanto inetta. Questo significa ancora che noi poveri italiani siamo da quasi un secolo in mano a una banda di gente pessima e non c’è politicamente corretto che possa accorrere in loro difesa. Poveri italiani che per avere una minima difesa devono ricorrere a Striscia la Notizia e non allo Stato! E’ una situazione pesante. Come ne usciamo? Non ne usciamo. Semplice. E’ talmente corrotto il sistema che anche se cambi completamente tutte le persone ne arrivano altre uguali e in poco tempo esso diventa peggio di quello precedente. E’ un sistema che si autocorrompe per natura, continuamente, e si allontana sempre più dal popolo. C’è bisogno di uomini veri che lottano per un’ideale, e in Italia questi ci sono, ma non passano, oppure se passano quel sistema o li corrompe o li elimina. Per lo meno dobbiamo dedurre questo da quanto sopra. Qualcosa avrebbe potuto fare un’educazione cristiana, ma questa è stata abbandonata per seguire un’educazione libera, cioè inesistente e inconsistente. Laica e non confessionale. Consoliamoci allora pensando che viviamo come se la nostra povera Patria fosse stata invasa da un crudele Stato straniero che ci ha fatto schiavi e a lui dobbiamo dare tutto, senza ottenere niente. Il brutto è che se ora ci invade davvero il Califfo o il russo saranno dolori ancora più dolorosi. Preghiamo. Preghiamo. Preghiamo.
Il Pio

L’Idea

Preghiamo il Signore che illumini il buio della nostra mente e ci faccia capire la via da seguire e a cosa restare ancorati. Che sciolga i nodi che aggrovigliano le nostre idee… San Michele prega per noi. Pier Giorgio Frassati, prega per noi… 


Quello che oggi è triste da vedere non è tanto che chi ci governa pensa a altro che al bene della gente. Questo è per me di grande dolore, lo sapete, vi ho già rotto le scatole a sufficienza su questo argomento. Ma è sempre stato così, per cui a che serve intristirsi? A nulla, infatti e lasciate a me questa croce. Ma c’è di peggio. E’ ancor più triste vedere che c’è un medesimo modo di vedere tra chi scrive, fa politica, fa televisione, fa film, fa canzoni, fa insegnamento e tutto il popolo. Un modo di vedere la vita che non è umano. Non è un problema politico, ma un problema di vita. Non è un problema sociale, ma proprio di vita. Un modo intellettuale di vedere la vita che non è un modo di vivere sano, che non può essere del popolo che da sempre è sempre stato concreto e amante della concretezza. Un problema intellettuale per cui prevale l’idea sulla realtà. Conta più il pensiero di alcuni altolocati che la vita di tutti i giorni. Non voglio fare esempi. Ma se andate a fondo dell’idea “normale” di oggi, ma con sincerità e lontani da schieramenti politici e ideologici, con sincerità ribadisco, vedrete quella è una via che porta al nulla. Meglio, che porta al disastro umano, alla devastazione della normalità e della vita stessa. Al crollo della normalità per far prendere il posto a un’Idea. E quando si scrive “Idea” con la “I” maiuscola, sono sempre dolori. Per la gente normale, si capisce. Il brutto è che dalla mente degli intellettuali quell’Idea è entrata vincitrice nelle menti di tutti gli italiani in particolare e occidentali in generale. Un modo di vedere la vita che porta al suicidio della propria cultura millenaria e della Nazione. L’unico argine a questa rivoluzione intellettuale sarebbe solo il cristianesimo. Sarebbe tornare a essere un popolo cristiano, forte, indomabile, con un’identità chiara, proprio in quanto tale. Sarebbe l’avere Dio come riferimento e la Chiesa cattolica come alleata. Ma Gesù è proprio quello che l’Idea deve sostituire e la Chiesa è ciò che vuole chiudere. E così il verme solitario intellettuale sta bucando i cervelli di troppe persone. Preghiamo il Signore che illumini il buio della nostra mente e ci faccia capire la via da seguire e a cosa restare ancorati. Che sciolga i nodi che aggrovigliano le nostre idee… San Michele prega per noi. Pier Giorgio Frassati, prega per noi…
Il Pio

Gli speroni da cavaliere




«Come un padre che insegna a suo figlio a nuotare nella corrente del fiume e che è diviso fra due sentimenti. 
Perché da un lato se lo sostiene sempre e lo sostiene troppo il bambino si attaccherà e non imparerà mai a nuotare. 
Ma anche se non lo sostiene al momento giusto questo bambino berrà un sorso cattivo Così sono io quando insegno loro a nuotare nelle loro prove.
Anch’io sono diviso fra questi due sentimenti.
Perché se li sostengo sempre e li sostengo troppo
Non sapranno mai nuotare da soli.
Ma se io non li sostenessi proprio al momento giusto
Questi poveri bambini berrebbero forse un sorso cattivo
Tale è la difficoltà, talmente grande.
E tale è la duplicità stessa, la doppia faccia del problema.
Da un lato bisogna che facciano la loro salvezza da soli è la regola.
Ed è formale. Altrimenti non sarebbe interessante. Non sarebbero uomini.
Ora io voglio che siano virili, che siano uomini e che guadagnino da soli
i loro speroni di cavaliere.
Dall’altro non bisogna che bevano un sorso cattivo
Avendo fatto un’immersione nell’ingratitudine del peccato Tale è il mistero della libertà dell’uomo, dice Dio, e del mio governo su di lui e sulla sua libertà.
Se lo sostengo troppo, non è più libero. E se non lo sostengo abbastanza, 
va giù.
Se lo sostengo troppo, espongo la sua libertà, se non lo sostengo abbastanza, espongo la sua salvezza.
Due beni in un certo senso quasi ugualmente preziosi.
Perché questa salvezza ha un prezzo infinito.
Ma che cosa sarebbe una salvezza che non fosse libera.
Come potrebbe qualificarsi
Noi vogliamo che questa salvezza sia acquisita da lui stesso
da lui stesso uomo.
Sia procurata da lui stesso.
Venga in un certo senso da lui stesso. Tale è il segreto,
Tale è il mistero della libertà dell’uomo
tale è il prezzo che diamo alla libertà dell’uomo.
Perché io stesso sono libero, dice Dio, e ho creato l’uomo a mia immagine e somiglianza.
Tale è il mistero, tale è il segreto , tale è il prezzo
Di ogni libertà
La libertà di questa creatura è il più bel riflesso che c’è nel mondo della libertà del Creatore»

Charles Péguy, Il Mistero dei Santi Innocenti

Ignoranti o furfanti?

Delle due l’una: o sono ignoranti, o sono furfanti. Cioè: o non sanno bene ciò che devono sapere o sanno bene, ma non dicono ciò che dovrebbero dire: ma allora come ci possiamo fidare di loro?

«Non sentirete più parlare dell’IMU!». «Il sistema bancario italiano è solido!». Sono due frasi dette con la massima sicurezza, diverso tempo fa, da persone che fanno parte della Classe dirigente italiana, quella che ci governa. A tutti non sarà sfuggito che l’IMU c’è ancora e che il solido sistema bancario italiano ha mandato recentemente sul lastrico numerose famiglie italiane. Ma non entriamo nei dettagli delle due faccende, anche se ci sarebbe da dire tanto. Restiamo al fatto che quelle frasi sono state dette da persone importanti, che comandano. Delle due l’una: o sono ignoranti, o sono furfanti. Cioè: o non sanno bene ciò che devono sapere per l’alto ruolo che ricoprono o lo sanno bene, ma non dicono ciò che dovrebbero dire ai cittadini, per motivi che non ci sembrano nell'interesse dei cittadini. In entrambi i casi la situazione è spiacevole e immediata nasce una domanda: ma come ci possiamo fidare di loro? E fino a quando dobbiamo tollerare uno Stato che spesso si rivela nemico dei cittadini? Fino a quando la politica coprirà tutti gli ambiti in Italia? I dotti dicono che questa è la Classe dirigente che il popolo italiano si merita (dicendo così pensano che ora tutto sia a posto). Io ho sempre diffidato da chi dice queste cose, perché mi sembrano idiozie, che non fanno altro che permettere il mantenimento di questo pessimo stato di cose. Come dire per esempio che il malato di tumore al cervello merita in qualche modo quella brutta malattia perché non ha amato i cani, non ha rispettato gli orari o ha gettato in terra le cartacce. Anche se è stato sempre un cretino, il malato ha pur sempre il diritto di essere curato da gente capace, almeno per il fatto che le tasse le ha pagate. Sarebbe meglio dire allora che è questa politica che non merita l'Italia e deve andare via. In Italia c’è tanta gente brava, tante persone che si danno da fare, che creano lavoro, del bene e delle opere, ma non si capisce perché questa spesso venga fatta rimanere a casa. Ricordiamoci anche che democrazia significa che c’è un patto tra cittadini e governanti. Chi comanda non ha una nomina divina, dall’Alto, assoluta e intangibile, ma una nomina popolare, dal basso. I cittadini accettano il fatto di rispettare le leggi, di pagare le tasse e subire le conseguenze in caso di violazione del patto. Chi governa ha preso l’obbligo di tutelare, aiutare, difendere, amministrare i cittadini, bene e solo per il loro bene, a fronte—giustamente—di numerosi privilegi e denaro. Allora chi è che non rispetta i patti fra il cittadino e i governanti? 
Il Pio

Che sarebbe la vita senza la fede?


...Certo la Fede è l'unica àncora di salvezza e ad essa bisogna aggrapparsi fortemente: senza di essa che sarebbe tutta la nostra vita? Nulla.


Torino, 29 gennaio 1925. - « Dura è la lotta, ma pur bisogna cercare di vincere e ritrovare la nostra piccola via di Damasco per poter marciare in essa verso quella Meta a cui tutti dobbiamo arrivare. Ancora un piccolo sforzo e poi anch'io avrò conseguito il tanto sospirato diploma, ma dopo tutto v'è un problema assai più arduo da risolvere su cui tutta la nostra responsabilità pesa gravemente. Saprò io risolvere questo grave problema? Avrò io la forza di arrivare? Certo la Fede è l'unica àncora di salvezza e ad essa bisogna aggrapparsi fortemente: senza di essa che sarebbe tutta la nostra vita? Nulla, o meglio sarebbe spesa inutilmente perché nel mondo v'è solo dolore e il dolore senza Fede è insopportabile, mentre il dolore alimentato dalla piccola fiaccola della Fede diventa cosa bella perché tempra l'animo alle lotte. Oggi nella lotta non posso che ringraziare Iddio che ha voluto nella sua Infinita Misericordia concedere al mio cuore questo dolore affinché attraverso le ardue spine io ritornassi ad una vita più interiore, più spirituale. Io ero fino a quest'età vissuto troppo materialmente ed ora bisogna che ritempri lo spirito per le future lotte perché d'ora innanzi ogni giorno, ogni ora, sarà una nuova battaglia da combattere e una nuova vittoria da conquistare. In me si dovrebbe avverare un capovolgimento spirituale ».

(Luciana Frassati, Lettere di Pier Giorgio Frassati, Ed. Queriniana)

Perché non dovremmo accettare il male da Dio?

"Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò.
Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!"



(…) Allora Giobbe [dopo che ebbe improvvisamente perso tutto] si alzò e si stracciò le vesti, si rase il capo, cadde a terra, si prostrò e disse: "Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò. 
Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!".

(…) Allora sua moglie disse: "Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!". Ma egli le rispose: "Come parlerebbe una stolta tu hai parlato! Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?".
In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra.


(La Sacra Bibbia, Ed. Cei, Libro di Giobbe, 1,21 – 2,10)

La Chiesa soffre, ma è indistruttibile


La Chiesa soffre perché perseguitata dall’esterno e tradita dall’interno e per questo “ha bisogno di apostoli che, vivendo l’Eucaristia col cuore, compiano opere grandi”.



Mi ha colpito particolarmente questa lettera di Padre Livio Fanzaga di Radio Maria. Ve la giro immediatamente. Buona lettura. 
Il Pio



« Cari amici, Nel messaggio del 2 dicembre la Regina della Pace ci rivela il mistero della Chiesa, comunione fra il Cielo e la terra, realizzata dall’amore che Gesù ci dona attraverso il cuore di Maria: “Gesù cerca la comunione tra il Cielo e la terra, tra il Padre Celeste e voi, miei figli, la sua Chiesa”. Dobbiamo sentirci partecipi di questo mistero d’amore e perciò pregare molto ed amare la Chiesa a cui apparteniamo perché in questo momento sta soffrendo: “Ora la Chiesa soffre ed ha bisogno di apostoli che, amando la comunione, testimoniando e dando, mostrino le vie di Dio”.
La Chiesa soffre perché perseguitata dall’esterno e tradita dall’interno e per questo “ha bisogno di apostoli che, vivendo l’Eucaristia col cuore, compiano opere grandi”.  La Madonna ci assicura che la Chiesa è indistruttibile perché in essa è presente Cristo. Per questo ci invita a non avere paura: “Figli miei, la Chiesa è stata perseguitata e tradita fin dai suoi inizi, ma è cresciuta di giorno in giorno. È indistruttibile, perché mio Figlio le ha dato un cuore: l’Eucaristia”La Madonna ci chiama ad aiutare la Chiesa con la preghiera, l’offerta della sofferenza, l’amore che si prodiga e la testimonianza senza timore. In particolare ci dice: “Pregate per i vostri pastori, affinché abbiano la forza e l’amore per essere dei ponti di salvezza. Vi ringrazio!” Vostro Padre Livio»

(dalla Newsletter di Radio Maria del 3/12/2015 - http://www.radiomaria.it/) 

Un "Centro commerciale" cristiano...


Così dovrebbe essere lo spirito cristiano: un cuore portato a creare opere buone nella realtà, a rischiare per allargare il regno di Gesù, per contribuire a farlo più bello.



Stavo mangiando in un Centro commerciale… Fare pranzo qui non è il massimo dell’allegria, per me: gente che passa con i sacchetti, che telefona, che scrive sul pc, che parla, a gruppi, singoli, musica di sottofondo continua, avvisi e pubblicità, luci, insegne, sempre fretta inconscia per tutti… non è proprio rilassante mangiare qui, soprattutto dopo il lavoro, ma spesso non ho alternativa. Io sarei per il pranzo da monaco di clausura, in luoghi medievali, nel silenzio, al massimo con la lettura di brani sacri… Ma dicevo del Centro commerciale. Certo la prima impressione ideologizzata che viene alla mente è quella di pensare all’opulenza, al capitalismo, tutto in negativo… Mi ricordo però che qui—per anni annorum—non c’era nulla solamente dieci anni fa, solo una strada di scorrimento, anonima, desolata, campi abbandonati da anni, con qualche cartello. Ora c’è vita ogni giorno, sono molti quelli che vengono qui, è un luogo di riferimento. Prima non c’era nulla. Qualcuno l’ha fatto: ha rischiato il proprio capitale per costruire un Centro commerciale che poteva essere un flop. Molti ora ci lavorano e sostengono così la propria famiglia. Certo l’imprenditore si è arricchito, ma rischiando del proprio (non come gli enti pubblici che rischiano sempre e solo—e male—il capitale dei cittadini e nemmeno il proprio posto di lavoro). E grazie a quel rischio molti qui hanno un lavoro, molti hanno un luogo dove andare,… e io posso pranzare dopo il lavoro. La mia intenzione non è quella di fare qui un’apologia al capitalismo selvaggio. Ma solo comunicare un pensiero che mi ha colto ieri mentre trangugiavo il mio panino al prosciutto: l’imprenditore non è sempre un personaggio negativo, lui rischia, investe, e crea qualcosa di cui beneficiano in qualche modo anche molti altri (spesso, non sempre). Così dovrebbe essere lo spirito cristiano: un cuore portato a creare opere buone nella realtà, a rischiare per allargare il regno di Gesù, per contribuire a farlo più bello. Spirito che si sta spegnendo per via di un borghesismo dilagante che—come un virus in espansione—si sta diffondendo sempre di più facendo imputridire i cuori di molti cristiani. L’antidoto? Recitare il rosario ogni giorno, voler bene a Gesù e alla Madonna, frequentare i sacramenti, leggere la vita dei santi e paragonare la nostra con quella, seguire persone sane (se si trovano)... Piano piano il cuore tornerà a essere limpido e buono e ci insisterà ogni giorno a farci compiere opere buone, minuscole, piccole e grandi. Poi ci sembrerà normale e quotidiano il caritas Christi urget nos che diceva il Cottolengo. Pensate se molti avessero tutto questo nel cuore, come sarebbe bella l’Italia, come sarebbe bella la vita… Il cuore nostro contorto e influenzato invece ci fa desiderare lo sterco bene impacchettato. Il brutto è anche che tutto il mondo ci predica il contrario e ciò che sarebbe facile, diventa un’impresa immensa con un «no, grazie» finale. Però pensiamoci. Basterebbe poco. E tutto sarebbe più…

Il Pio

Il problema è sempre un altro

…A parte che non imponiamo nulla a nessuno, ma vorremmo solo continuare a fare quello che abbiamo fatto da duemila anni. Avremmo o no, un "diritto acquisito"?



Il mio amico Marco quando c’è una difficoltà di natura personale, un “no” a qualcosa, motivato per qualcosa, dice che il «problema è sempre un altro». Cioè non quello che viene detto subito è determinante per impedire un certo comportamento, ma quasi sempre un altro motivo, più contorto, più interno che non si vuole dire. Non si ammette nemmeno a se stessi. Ma andando a fondo spesso si capisce che il problema vero non è il primo che si espone pubblicamente, ma un altro, ripeto, più contorto e più interno. Ma questo è quello vero e che ci fa esprimere la nostra decisione. Così pensando ai numerosi presidi e professori che vogliono togliere il crocifisso dalle scuole, non vogliono fare le feste di Natale… Molti anni fa—ad esempio—alcuni ragazzi delle superiori che avevano chiesto ai propri presidi di poter recitare prima delle lezioni scolastiche la preghiera dell’Angelus (tre minuti!) si erano visti porre un rigoroso rifiuto perché altrimenti tutti avrebbero voluto fare una cosa del genere (?) e perché chi non era cattolico poteva sentirsi escluso (!). E’ la stessa motivazione poi data per togliere i crocifissi, per non fare le recite natalizie e eliminare il prosciutto e l’arista dalle mense: quelli che appartengono alle altre religioni potrebbero sentirsi segregati e rimanerci male, ove non addirittura turbarsi profondamente. Frasi sentite migliaia di volte, talmente tante volte che ormai per tutti sono vere, ma come spesso succede i ritornelli dei salmi laici e laicisti, spesso non affondano le radici nella realtà, ma in quella pessima faccenda che è l’ideologia che tanti danni ha sempre fatto dall’inizio della storia a oggi. A parte che la stessa delicatezza non mi pare avvenga nei nostri confronti, nei Paesi in questione e in diritto vale sempre il principio della reciprocità che ora non spiego. A parte che bisogna vedere quanto davvero ci rimangano male o chi sia a restare turbato da un Tu scendi dalle Stelle. A parte che non imponiamo nulla a nessuno, ma vorremmo solo continuare a fare quello che abbiamo fatto ininterrottamente da duemila anni (mi pare un tempo abbastanza lungo per pretendere di avere quei diritti acquisiti di cui ogni tanto i giudici parlano). A parte che sono i cattolici che spesso subiscono aggressioni a casa propria (oltre che all’estero). A parte che le altre religioni ci ammazzano in nome della loro religione, senza preoccuparsi se poi rimaniamo turbati. A parte questo e altro, mi pare che anche qui il problema sia un altro. Cioè le altre religioni non c’entrano nulla. C’entra invece una radicale cristianofobia, un odio viscerale che gli stessi europei hanno solo verso la religione cattolica, solo verso questa; questo è il punto contorto e interiore di cui si parlava prima. Questo è il vero problema. Se al posto dei ragazzi di cui ho parlato prima fossero andati a chiedere di poter dire una preghiera prima dell’inizio delle lezioni gli islamici o gli indù o i sic, le loro richieste sarebbero state accolte immediatamente e con gaudio e il preside che l’avesse autorizzate sarebbe finito in prima pagina sui giornali come un eroe. Invece se avesse autorizzato l’Angelus sarebbe stata una “notizia choc” con disdegno dei ben pensanti e infamia popolare. Ecco dunque il problema: l’odio è verso i cattolici da parte dei propri fratelli. A casa propria, da parte dei propri compatrioti. Eppure sarebbe solo il ritorno al cristianesimo vero e quotidiano che ci potrebbe salvare dal non senso della vita, dalla tristezza e dai nostri nemici, oltre che l’anima. Ma se vi piacciono i minuti di silenzio al posto di un l’Eterno riposo e le feste della luce al posto del Natale, allora non leggete più questo blog. Il punto è anche: «quando il Signore tornerà sulla terra troverà la fede?». Speriamo di sì.

Fuori dalla Chiesa non c'è salvezza/2

Molti cattolici pensano che si possa sperare la salute eterna anche da parte di tutti coloro che non sono nella vera Chiesa di Cristo


«... Un altro errore non meno pernicioso abbiamo con dolore inteso aver pervaso alcune parti del mondo cattolico ed occupato le menti di molti cattolici, i quali pensano che si possa sperare la salute eterna anche da parte di tutti coloro che non sono nella vera Chiesa di Cristo. Perciò usano spesso chiedere quali siano, dopo morte, il destino e la condizione di coloro che non aderiscono alla fede cattolica, e dopo aver allegato vanissime ragioni stanno aspettando una risposta che favorisca codesta storta opinione. Tolga Iddio, Venerabili Fratelli, che Noi osiamo por termini alla misericordia divina che è infinita o che vogliamo scrutare gli arcani consigli e giudizi di Dio, i quali sono un abisso profondo, impenetrabile ad umano pensiero, ma bensì per dovere del Nostro ufficio apostolico vogliamo eccitare la vostra sollecitudine e vigilanza episcopale, affinché con ogni sforzo v’adoperiate a bandire dalla mente degli uomini quella parimenti empia e funesta opinione, che in ogni religione, cioè, possa trovarsi la via dell’eterna salute, e ai popoli affidati alla vostra cura dimostriate con la vostra egregia dottrina e solerzia, che i dogmi della fede cattolica non si oppongono punto alla misericordia ed alla giustizia divina. Poiché si deve tener per fede che nessuno può salvarsi fuori della Chiesa Apostolica Romana, questa è l’unica arca di salvezza; chiunque non sia entrato in essa perirà nel diluvio. Ma nel tempo stesso si deve pure tenere per certo che coloro che ignorano la vera religione, quando la loro ignoranza sia invincibile, non sono di ciò colpevoli dinanzi agli occhi del Signore. Ora, chi si arrogherà tanto da poter determinare i limiti di codesta ignoranza secondo l’indole e la varietà dei popoli, delle regioni, degl’ingegni e di tante altre cose? Quando, sciolti da questi lacci corporei, vedremo Dio qual è, allora sì intenderemo certamente lo stretto e nobile vincolo che collega la misericordia e la giustizia divina; ma finché restiamo in terra gravati di questa massa mortale che appesantisce l’anima, teniamo per fermissimo, secondo la dottrina cattolica, che esiste un solo Dio, una sola fede, un solo battesimo. L’andar più oltre investigando è empio...».

(Pio IX, Enciclica Singolari quidam del 17/3/1856)

Una vecchia scuola












    
Tempo fa stavo parlando con un anziano sacerdote—mio carissimo amico—del fatto della scarsità delle vocazioni sacerdotali. Per me questo è un fatto preoccupante e un segno brutto, di un mondo divenuto brutto. Un mondo che ha perso l’intelligenza cristiana per prendere l’intelligenza laica, fredda, limitata e in parte anche lontana mille miglia dalla realtà vera. Ci dobbiamo pregare per questo. Intensamente. Senza sacerdoti non possiamo avere chi ci confessa, ci battezza e ci dà l’eucarestia, tra le tante altre cose, come potremo andare avanti? Con la semplicità tipica del sacerdote con parecchi anni sulle spalle mi spiegò il motivo di tutto ciò, secondo lui. «E’ come nei paesi quando mancano i bambini (o perché le famiglie sono andate in città o perché non li fanno nascere più), il ministero chiude le scuole del luogo e non manda più maestri. Se non ci sono i bambini, i maestri non servono. Così accade ora, se non ci sono i cristiani il Signore non manda i suoi preti, che li manda a fare? Dove li trova?». Non era questa di sicuro la prolusione del teologo che discetta sui termini e sui verbi e dà apprezzabili conclusioni e scrive libroni interessantoni che vengono studiati nelle università e citati dagli addetti ai lavori. Ma quella del vecchio prete sgangherato e con pochi denti, aveva il suo interesse, almeno quello di far pensare e dunque di cercare una soluzione umana e non prestampata. Per me, almeno. Anni dopo, a una conferenza un giovane sacerdote disse che non è vero che oggi ci sono poche vocazioni, se si fanno certi calcoli, statisticamente, coi giusti parametri… ce ne sono più oggi che ieri. Siccome aveva fatto i calcoli matematici la mia testa gli dava ragione, ma il mio cuore mi faceva ritenere sempre più vera e giusta la storiella dell’anziano sacerdote e delle scuole che vengono chiuse per mancanza di utenti. Quella cioè che alla fine diceva che Gesù non ci manda sacerdoti in Italia perché non ci sono i cristiani in Italia; forse è una visione un po’ banale, pessimistica forse, magari troppo personale forse, ma non la scarterei a priori. D’altra parte laddove ci sono cristiani sani—ancorchè pochi—le vocazioni non mancano. C’è da rimboccarsi le maniche, dobbiamo dimostrare a Nostro Signore che non siamo ancora morti e che sappiamo anche ridestarci dal sonno profondo e risorgere dall’inedia in cui siamo caduti (o siamo stati fatti cadere). Il laicismo e la mentalità moderna sono una trappola, usciamone prima possibile, per non restare rovinati. E ce la possiamo fare a uscire, non senza difficoltà, ovviamente. Forse il Signore così si commuoverà, come fece a Ninive, vedrà gente seria e volenterosa che gli vuole ancora bene e forse ci verrà in aiuto per questo e per tanti altri motivi.

Il Pio

Pier Giorgio Frassati / 8


Beato Pier Giorgio Frassati. In lui la fede e gli avvenimenti quotidiani si fondono armonicamente.



« Ma che ha fatto di tanto straordinario per essere ritenuto un santo? » «Certo, ad uno sguardo superficiale, lo stile di Pier Giorgio Frassati, un giovane moderno e pieno di vita, non presenta granché di straordinario. Ma proprio questa è l'originalità della sua virtù, che invita a riflettere e che spinge all'imitazione. In lui la fede e gli avvenimenti quotidiani si fondono armonicamente, tanto che l'adesione al Vangelo si traduce in attenzione amorosa ai poveri e ai bisognosi, in un crescendo continuo sino agli ultimi giorni della malattia che lo porterà alla morte. Il gusto del bello e dell'arte, la passione per lo sport e per la montagna, l'attenzione ai problemi della società non gli impediscono il rapporto costante con l'Assoluto. Tutta immersa nel Mistero di Dio e tutta dedita al costante servizio del prossimo: così si può riassumere la sua giornata terrena! » 
(Giovanni Paolo II, 20/5/1990, omelia della beatificazione) 

Preghiamo il rosario!


Preghiamo il rosario. Maria aiuto dei cristiani prega per noi. Altre volte ci ha aiutato, non mancherà nemmeno stavolta, se noi intensifichiamo le nostre preghiere.


Si va bene cantare la Marsigliese e mettere i colori della bandiera francese sul proprio profilo o sulle guance. E’ un modo senz’altro per sensibilizzare e ricordare. L’Italia in verità, con la Marsigliese ha poco a che spartire. Ma potrebbe anche andar bene cantare l’inno di Mameli, ma forse anche una vecchia canzone dei Pooh. Infatti la domanda ce la dobbiamo porre, va bene è molto sentimentale, tante candele, minuti di silenzio, la Marsigliese, mano nella mano, tanto pluralismo, frasi belle e profonde… ma a cosa serve? A cosa serve tutto questo? A nulla, non cambia nulla. Ne quelli, né noi. Purtroppo c’è un loro e un noi e non è questione di essere divisivi, termine in voga tra i cattolici. Nessuno vuole essere divisivo, mi pare però che altri lo vogliono a tutti i costi. Ma cantare inni laici e mano nella mano, non serve a nulla. Non ci fa capire nulla. Lo Stato ha detto che ci difenderà e ne siamo sicuri. Facciamo la parte nostra. Mandiamo a parare le pecore tutti i laici e le loro frasi laiche e le candele laiche e pluraiste. Restiamo cristiani. Preghiamo Maria Ausiliatrice, Aiuto dei Cristiani, preghiamo il rosario per le anime delle vittime e chiediamo anche di difenderci da un nemico terribile e carico di odio che uccide gente inerme che nemmeno conosce. Preghiamo il rosario. Maria aiuto dei cristiani prega per noi. Altre volte ci ha aiutato, non mancherà nemmeno stavolta se noi intensifichiamo le nostre preghiere.
Il Pio

A vivere da cristiani

...A vivere da cristiani, a educare da cristiani, a lavorare da cristiani, a governare da cristiani, a sposarsi da cristiani, a fare figli da cristiani, a fare scuola da cristiani, a fare programmi TV e film da cristiani, a scrivere articoli da cristiani, a difendersi da cristiani... 




La discussione all’ordine del giorno è—giustamente—l’attentato a Parigi. Mi pesano oltremodo tutte quelle frasi retoriche che gente retorica va diffondendo in TV e sui giornali, pensando così di giudicare bene i fatti alla luce del nulla che hanno dentro il loro cuore e dentro la loro vita. Si fanno maestri di vuoto e la gente—purtroppo—li considera maestri e li ascolta. Frasi altisonanti, ma vuote. La retorica è vuota e porta solo il vuoto perché non ha radici nel terreno vero. Ci fa piacere invece vedere che anche nel nostro Stato si stia prendendo in considerazione la questione, sperando però non sia un pretesto per far solo passare il momentaneo uragano, per tornare poi al “lieto” e eterno dibattito politico, sempre infruttifero di interessi per il popolo. E allora speriamo bene. Ma la terribile vicenda parigina potrebbe far pensare anche. A noi cattolici, intendo. Noi che siamo quelli che mitizziamo il dialogo sopra ogni cosa. Che siamo disposti a rinunciare alla nostra fede e alla nostra bimillenaria dottrina, per aprirci agli altri (che però non si vogliono minimamente aprire a noi). Che siamo quelli dei Valori e dei minuti di silenzio, al posto della Fede e delle preghiere. Quelli delle marce della pace, al posto dei pellegrinaggi. Quelli della Festa di Halloween, al posto della Solennità di tutti i Santi. Quelli della Festa della Luce al posto del Natale. Quelli che tolgono i crocifissi per non turbare chi ha un’altra religione. Quelli che nei loro discorsi evitano sempre di parlare di fede e di Gesù. Quelli del «guardiamo a ciò che ci unisce (la lieta convivenza) e non a ciò che ci divide (Gesù)». Quelli che dentro la chiesa mettono la bandiera della pace vicino al crocifisso. Quelli del «sì va bene, tanto tutte le religioni sono uguali, basta che si creda in un dio…»...
Ma vi ci ritrovate bene in queste frasi? Che fede è quella? Sdolcinata e senza sale, quando Gesù vuole che siamo il sale della terra, quando la nostra sola presenza dovrebbe ricordare Gesù a tutti. Non sono indigesti quegli ideali al nostro povero cuore che desidera tanto il Giusto, l’Assoluto e la Verità? Se i cattolici tornassero a essere sale della terra, dunque a vivere da cristiani, a educare da cristiani, a lavorare da cristiani, a governare da cristiani, a sposarsi da cristiani, a fare figli da cristiani, a fare scuola da cristiani, a fare programmi TV e film da cristiani, a scrivere articoli da cristiani, a difendersi da cristiani,… la nostra terra sarebbe bellissima e tanti resterebbero affascinati dalla nostra bella fede e vorrebbero vivere così. I compromessi con il mondo non attraggono nessuno, anzi ci rendono ancora più odiosi, perché né carne, né pesce. 
Poi quelli ci potranno fare a pezzi ugualmente, coi loro Kamikaze e i loro Kalašnikov, sopra i loro nuovi pick up (probabilmente regalati da Stati anche Occidentali e donati da poveretti per la causa comune). Ci continueranno ugualmente a odiare rabbiosamente anche dentro i nostri Paesi, allevati così sin da piccoli dai loro capi. Però se non potremmo vivere a lungo, almeno moriremo da uomini veri, e davanti al Tribunale di Dio non ci arriveremo sprovveduti e impreparati, ma consapevoli e da cristiani veri. W Cristo Re!

Mino e gli animali



Un po' di tempo fa qualcuno importante disse che il terrorismo si vince con la solidarietà. Benissimo! E’ importantissima la solidarietà e non ce ne è mai abbastanza nella nostra società. Certo, detta così, però è un po' astratta, nebulosa. Un 
valore da scrivere sempre con la S maiuscola, da dire con enfasi, ma cosa significa, come si concilia con la realtà quotidiana di questa terra? E a proposito di solidarietà e terrorismo (ma possiamo riferirci anche a altre brutte situazioni) vi voglio raccontare una favola. “C’era una volta il giovane Mino, un vero amante degli animali. Diceva di essere solidale con tutti gli animali e che gli animali sono come le persone (anzi meglio) e vanno amati e aiutati e guai a chi gli fa del male. Questo andava dicendo a tutti. Fece anche approvare delle leggi su questo tema, ad esempio se uno uccideva un animale andava in galera. La legge era stata approvata all'unanimità (era la prima volta che succedeva). Per essere coerente con se stesso e soprattutto per andare fino in fondo al proprio grande Ideale, decise di andare nella foresta a aiutare tutti gli animali poveri e indifesi. La moglie e i figli lo pregavano di restare a casa con loro, ma il suo Ideale era troppo grande, più grande persino della famiglia e del lavoro. Più grande di se stesso. Partì ovviamente disarmato e con una sacca sulle spalle. Incontrò uccellini, pappagalli, antilopi e cerbiatti: a tutti diceva «sono Mino, caro animalino, ecco per te un panino. Mangia pian pianino, sennò ti fa male il pancino». Andò avanti così quasi tutto il giorno. Verso sera incontrò una tigre affamata sdraiata su un pianoro. Con la faccia sorridente le si avvicinò con il panino in mano e disse a alta voce «sono Mino, caro animalino, ecco per te un panino. Mangia pianino sennò ti fa male il pancino». La prima cosa che partì fu il suo braccio destro con tutto il panino. Poi una gamba e la testa. Poi tutto il resto. Rimasero sul pianoro poche ossa spezzate. La tigre tornò a dormire soddisfatta finalmente del lauto pranzo. Senza pentimenti, da quando era nata infatti gli era stato sempre detto che se aveva fame doveva uccidere qualcuno. Anche i buoni e i generosi. Nessun problema morale dunque. E tutti (gli animali) vissero felici e contenti». La solidarietà è una grande cosa. Oggi la società infatti è in balia dell’egoismo. Anche il cristiano deve vivere solidale, ma nella realtà vera, quella di tutti i giorni, nella “foresta” quotidiana in cui ci sono “gli uccellini e i micetti", ma anche "le tigri e i coccodrilli” pronti a sbranarlo. Dobbiamo vivere nella realtà, in questa,  anche perché essa è stata contaminata dal peccato originale. La solidarietà il cristiano la deve appoggiare su Gesù.
Il Pio


Dissociazione fra Fede e vita quotidiana. Grave errore del nostro tempo

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«…Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura pensano che per questo possono trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno. A loro volta non sono meno in errore coloro che pensano di potersi immergere talmente nelle attività terrene, come se queste fossero del tutto estranee alla vita religiosa, la quale consisterebbe, secondo loro, esclusivamente in atti di culto e in alcuni doveri morali. La dissociazione, che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi errori del nostro tempo. Contro questo scandalo già nell'Antico Testamento elevavano con veemenza i loro rimproveri i profeti e ancora di più Gesù Cristo stesso, nel Nuovo Testamento, minacciava gravi castighi. Non si crei perciò un'opposizione artificiale tra le attività professionali e sociali da una parte, e la vita religiosa dall'altra. Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna. Gioiscano piuttosto i cristiani, seguendo l'esempio di Cristo che fu un artigiano, di poter esplicare tutte le loro attività terrene unificando gli sforzi umani, domestici, professionali, scientifici e tecnici in una sola sintesi vitale insieme con i beni religiosi, sotto la cui altissima direzione tutto viene coordinato a gloria di Dio. Ai laici spettano propriamente, anche se non esclusivamente, gli impegni e le attività temporali. Quando essi, dunque, agiscono quali cittadini del mondo, sia individualmente sia associati, non solo rispetteranno le leggi proprie di ciascuna disciplina, ma si sforzeranno di acquistare una vera perizia in quei campi. Daranno volentieri la loro cooperazione a quanti mirano a identiche finalità. Nel rispetto delle esigenze della fede e ripieni della sua forza, escogitino senza tregua nuove iniziative, ove occorra, e ne assicurino la realizzazione ». (Costituzione Pastorale Sulla Chiesa Nel Mondo Contemporaneo “Gaudium et Spes”)

Candele e minuti di silenzio


Strage. Candele e minuti di silenzio. Ma solo Dio ci può salvare. Il brutto è che nessuno lo sa più e chi lo sa ha paura di dirlo per non perdere "il posto".


L’attentato a Parigi. Fatto gravissimo, purtroppo ne sono stati preannunciati altri anche a casa nostra e per lo stesso motivo religioso. Noi ci ostiniamo a trovare tutti le scuse possibili e corrette, evitando di dire certe cose sulla religione... Successivamente all’attentato abbiamo dovuto sorbirci la peggiore retorica politicamente corretta: “è colpa dei fondamentalismi”, “è un atto contro i valori della rivoluzione francese, cardini dell’Europa”, “non c’entrano nulla con l’Islam vero”, “sono stati provocati”, “le armi gliela abbiamo vendute noi”, "non è uno scontro di civiltà"... Fondamentalismi, valori, scriminanti, sensi di colpa... Cose generiche, minime, che non spiegano il fatto, le radici del fatto. E poi quella frase che viene detta sempre più spesso che non è uno scontro di civiltà, cosa fa cambiare? Non sono morti lo stesso quelle persone, il pericolo—dicendo così—diminuisce? Già ero provato da tutti questi giudizi, quando mi arriva un messaggio sul cellulare: “alle ore 22 accendiamo una candela… che brilli ovunque lo spirito della vita” e poi il giorno dopo alla TV tonnellate di minuti di silenzio, facce compunte, serie… al grido “mai più!”. Retorica melensa, candele e minuti di silenzio: ecco cosa i cittadini europei riescono a partorire all’indomani di quel tragicissimo fatto. Ora vedrete che un fatto del genere non accadrà più, ora quelli avranno paura delle nostre facce da ebeti durante i minuti silenziosi e delle candele laiche alle finestre. 
Mai però una parola chiara e definitiva, un giudizio reale sul fatto, storico, e come è nato e da cosa. 
Ogni giudizio lasciato nel grigio.
Non sarebbe meglio, al posto dei minuti di silenzio e delle candele, pregare Gesù e la Madonna perchè accolga le anime dei poveretti ammazzati e perché ci aiuti a fermare questi rabbiosi carichi di odio che vogliono solo uccidere e conquistare le nostre terre? Nelle nostre teste però pensiamo—di sicuro—che pregare Gesù e la Madonna farebbe indignare quelli che hanno un’altra religione e dunque meglio qualcosa di più neutro adatto a tutti. Siamo laici, per giunta! Sarebbe allora da chiederci se quelli che a Parigi sono stati fatti a pezzi, massacrati senza motivo, dai terroristi (che si sono dichiarati loro) islamici e al grido “Allah è grande”, non si sono indignati perché gli attentatori si sono permessi di esprimere chiaramente la loro appartenenza a una religione nella laicissima Francia. Solo Dio ci può salvare. Il brutto è che nessuno lo sa più e chi lo sa ha paura di dirlo per non perdere "il posto".

Il Pio

Le persone, non le idee

Siamo sicuri della libertà di pensiero?


Diciamo sempre che siamo liberi e che non siamo condizionati. "Un tempo sì che si viveva male, non si era liberi, oggi invece… (Lo pensiamo tutti e ne siamo sicuri). Nel Medio Evo... La democrazia moderna, invece… Oggi possiamo dire e fare quello che vogliamo, mica...". E lo penso pure io, e spesso lo dico pure con una grande certezza morale; ma in questi casi spesso mi si accenda una spia rossa nel mio cruscotto. Come se il Pio che è dentro di me—che è molto più intransigente e vero del Pio che sta fuori e che si vede—mi volesse segnalare un’anomalia del motore, un problema che alla lunga potrebbe far bloccare il “veicolo”. Sì, perché come tantissime persone, anche io ho un soggetto dentro di me che si chiama come me, ma che non vuole mai scendere a compromessi, vuole che tutto sia chiaro e umano e protesta a alta voce quando le cose non gli piacciono. Proteste che sento solo io, ovviamente. Talvolta ci devo litigare con il Pio di dentro. Ma il Pio di fuori spesso non ha buone argomentazioni per dibattere. E così, se il Pio di fuori dice «siamo liberi, possiamo dire tutto quello che pensiamo». Il Pio di dentro ribatte crudo: «puoi dire tutto quello che vuoi? Allora com’è che quando si parla di certi soggetti, devi sempre anteporre quella frase? Quale? Questa: “Io non ho nulla contro i…, ho tanti amici tra i…, anzi i miei migliori amici sono…, non tutti quelli sono in un certo modo, molti sono…, loro spesso hanno ragione, premesso questo io avrei questa mia personalissima opinione, mia personale, scusatemi, per cui penso che…”». E di sicuro—per tutti—sbagli se affronti quel tema in contrasto con l'assioma comune. Quante volte dobbiamo temere di affrontare certi argomenti, quando non sono in linea con l’idea comune? E quante volte ci capita di dire gli stessi identici concetti, con le stesse identiche parole, che sono dette sui giornali e sulle TV, senza peraltro aver mai conosciuto personalmente quell’argomento? Che è libertà è questa se uno deve avere paura di dire la propria idea, quando contrasta con l’idea comune? Che libertà è quella per cui va bene solo se io ho le stesse idee degli altri che sono al potere? Siamo proprio sicuri che possiamo dire tutto quello che pensiamo?  Siamo sicuri della libertà di pensiero? Siamo sicuri che nessuno ci condiziona e che è tutta farina del nostro sacco quella che esce dalla nostra bocca? «Devi rispettare le idee di tutti» poi ti dicono. Io però sarei più propenso a rispettare le persone prima di tutto, ma non li idee perché se sono bacate devo avere la libertà di poterlo dire. E comunque sul Vangelo si legge la Verità vi farà liberi. Solo la Verità, ci farà liberi.Se non siete d'accordo prendetevela con il Pio di dentro. Io non c'entro.
Il Pio

Ogni mattina...

«Ogni mattina è una giornata intera che riceviamo dalle mani di Dio. Dio ci dà una giornata da lui stesso preparata per noi. Non vi è nulla di troppo e nulla di non abbastanza, 
nulla di indifferente e nulla di inutile. È un capolavoro di giornata che viene a chiederci di essere vissuta. 
Noi la guardiamo come una pagina d'agenda, segnata da una cifra, da un mese. La trattiamo alla leggera come un foglio di carta. Se potessimo frugare il mondo e vedere questo giorno elaborarsi e nascere dal fondo dei secoli, comprenderemmo il valore di un solo giorno umano»
(Madeleine Delbrêl)

Sofferenza, malattia, dolore, sacrificio...

…La storia del Bambino di Nazareth è una storia di dolore ed è come una grande strada su cui tutti gli uomini, senza distinzione, devono camminare: ma vi è chi la percorre bestemmiando; vi è chi la percorre scuotendo la testa incredulo e senza persuasione; vi è chi la percorre come un lungo lamento, intontito, senza comprendere la meta divina; vi è infine chi la percorre con religiosa rassegnazione: vero martire, cioè testimone di Gesù Cristo – come Stefano -, è colui che si sforza almeno di percorrerla con amore. La vita dell’uomo è colma di fatiche, di rinunce, di dolore: ma l’uomo è attaccato alla sua vita terrena con un istinto formidabile; l’uomo su di essa fabbrica tutti i suoi sogni; in essa colloca tutte le sue speranze; per essa spende tutte le sue fatiche; per tenere la sua vita terrena l’uomo rinuncerebbe volentieri alla certezza di una vita felice nell’aldilà; il dolore e le pene che trova, si sforza bene di diminuirle: con un istinto profondo di egoismo, che cerca di scaricare su chi lo circonda la maggior quantità possibile di pesi, che cerca di asservirsi gli altri, che del bisogno e delle pene del prossimo si disinteressa con sollecitudine. In questa mentalità ogni malato è tenuto come un tollerato; ogni povero è un disgraziato; chi piange, un infelice; ogni essere debole e impotente, una cosa disprezzabile; ogni anima mite, un obbrobrio; ogni individuo poco quotato in società, un fallito. Così sorge l’abborrimento a ciò che costa, la nausea del dovere che impone fatica, l’odio al sacrificio…Un giorno Gesù si azzardò a dire chiaramente ai discepoli che Egli di lì a poco sarebbe dovuto essere crocifisso. Pietro, presolo per un braccio, si mise a rimproverarlo che così parlasse. Gesù, alzato lo sguardo severo ai discepoli, e con una voce che deve aver fatto rimanere assai male il povero Pietro: «Indietro, Satana – gli intimò -, tu ragioni non collo Spirito di Dio, ma collo spirito di questo mondo». Indietro, Satana! La distinzione tra Cristo e l’anticristo, fra il cristiano e il non cristiano sta proprio in questa valutazione del sacrificio e della vita. Il sacrificio ha una funzione redentrice, perché è la strada che Cristo ha battuto per salvarci e che ognuno di noi deve seguire per giungere alla sua vera casa… Indietro, Satana! aveva risposto Cristo a Pietro; e levando poi la voce perché l’avesse a sentire anche la folla che gli s’andava accalcando intorno: «Chi mi vuol seguire, su, prenda la sua croce. Perché chi non vuole soffrire ora, soffrirà per sempre; ma chi si sacrificherà ora, godrà per sempre. Che importa a un uomo il divenir padrone dell’universo, se poi perde l’anima sua? Che cosa in cambio darà l’uomo per la sua anima?»… (Stralci dall'Omelia di Luigi Giussani per la festa di Santo Stefano Desio, 26 dicembre 1944).

I “tanto non viene nessuno” e le novene all’alba

C'è una cosa che dico sempre—perchè mi ha colpito tanto—e che riguarda una novena. Novembre è il mese in cui inizia la famosa novena, quella che si conclude il 7 dicembre, vigilia della Festa dell'Immacolata Concezione di Maria. E’ stato un voto fatto oltre centocinquant’anni fa. La gente di San Benedetto del Tronto di allora, con a capo i propri amministratori, hanno chiesto alla Madonna di scongiurare il colera che tante vittime stava allora mietendo. Il male cessò. E per ringraziarLa hanno fatto quel voto. Voto che continuò ininterrotto negli anni successivi poi sospeso negli ultimi tempi (quelli moderni per intenderci, in cui la tradizione pare sia un disvalore). Da alcuni anni è stato nuovamente ricordato, grazie al coraggio di qualche nostro sacerdote. Pensate, allora. Dal 29 novembre al 7 dicembre: ore 5.30 della mattina angelus e rosario, ore 6.00 la santa messa, poi tutti al lavoro o alle faccende di casa. La prima volta che ci venne richiesto di ottemperare nuovamente a quel voto pensai che ci saremo trovati alla mattina io, qualche amico coraggioso, tre vecchie. Con questo spirito arrivai vicino all’abazia di S. Benedetto Martire nel buio più completo, alle cinque e un quarto, pensando di essere, come al solito, in superanticipo, praticamente il primo, forse avrei trovato le porte ancora chiuse. Non si trovava il posto per parcheggiare! Un fiume di gente lungo le vie erte del Paese alto si stava recando in chiesa. Sentivo le mamme che dicevano alle figlie che quando erano bambine, la loro mamma ce le portava. Entro in chiesa e non ci sono posti a sedere. Giovani, famiglie, vecchi, bambini in attesa di dire il rosario e poi la messa. Alle 5 e mezza della mattina. La Madonna vicino all’altare ci guardava tutti e sembrava contenta. E fu così per tutta quella novena. Ed è così ancora oggi. Eppure secondo i canoni di ragionamento che abbiamo oggi, questo non dovrebbe assolutamente accadere. "E' impossibile!". Nessuno oggi proporrebbe mai una faccenda del genere, perché “tanto non viene nessuno”. Può anche essere che i miei concittadini siano particolarmente devoti e la mia città un’isola felice. Ma potrebbe anche essere che il cuore di ogni uomo da sempre cerca l’assoluto, cerca il chiaro, cerca l’immenso e non si accontenta del parziale, del confuso e del finito. Non lo soddisfa questo. Così infatti sono gli uomini: se gli si propone una cosa “vera e assoluta” o gli danno tutta la vita o scappano, ma chi aderisce diviene un uomo saldo e vero, se invece gli si propone una roba dolciastra, aderiscono tanti, è vero, però quando possono, nel tempo libero e se fuori c’è qualcosa più “interessante” lasciano tutto. Negli ultimi cinquant’anni è stata “addolcita” la proposta cristiana per essere più allettante al mondo moderno, ma l’esito è stato lo svuotamento dei seminari, la diminuzione della gente in chiesa e cristiani senza sale, identità e coraggio. Poi uno propone il rosario alle cinque e mezza della mattina e se si vede la chiesa piena. Questo non è normale! Cioè, cosa non è normale? L'atteggiamento rinunciatario di tanti cristiani oppure la presenza di tanta gente semplice la mattina presto per pregare? La risposta datevela da soli. Se rimaniamo al concetto del “tanto non ci verrà nessuno” non cambierà mai nulla, non succederà mai nulla. Tanti santi sono passati attraverso questi gesti antichi e buoni. Dobbiamo tornare a un cristianesimo semplice dei rosari, delle novene, delle indulgenze plenarie, dei voti, delle preghiere che si capiscono e che parlano al cuore, dei precetti cristiani detti in modo chiaro e semplice, delle frasi cristiane da citare nei discorsi, della carità sopra tutte le cose, … non è una questione formale, né un ritorno nostalgico al passato, è il cuore dell’uomo che lo chiede. E’ la nostra vita che ne ha urgente bisogno. E’ la fede che si vive bene così. Poi da una fede salda, molti frutti nasceranno.
Il Pio

La dimostrazione della possibilità del cristianesimo



« I Santi canonizzati, i Santi nel senso ristretto della parola sono le figure che Dio ha stabilite a svolgere un particolare ruolo di testimonianza nella storia del popolo di Dio e a diventare paradigmi pedagogici alla maturità di un rapporto con il Mistero che è di tutti i chiamati: I Santi sono la dimostrazione della possibilità del cristianesimo, perciò possono essere guide su una strada verso la carità di Dio che sembra altrimenti impossibile. Nella loro fisionomia e nel loro cammino il cristiano scorge come su uno schermo di ingrandimento la struttura della propria figura più embrionale e i tratti del proprio cammino più breve ed inevoluto». 
(Adrienne von Speyr)

Don Bosco / 3 - Il Paradiso non è fatto per i poltroni

«Lavorare quanto comporta la santità non di più; ma ognuno si guardi dall'ozio» (MB XIV,634)

«Per essere in pace con Dio e col prossimo bisogna prima essere in pace con noi stessi». (MB XI,363)

«Dio sa largamente ricompensare i sacrifici che si fanno per obbedire alla santa volontà» (MB XI,243)

«Il massimo e più potente custode della purità è il pensiero della presenza di Dio» (MB VII,331)

«La roba d’altri dobbiamo considerarla come tanto fuoco» (MB VI,354)

«Qual è il maggior mezzo e più sicuro per non cadere mai più in peccato? È mettere in pratica gli avvisi del confessore (MB VI,352)

«Il mezzo principale che stimola allo studio è la pietà» (MB VI,352)

«Col fare a lungo quel che si vuole, i mali incancreniscono» (MB XII,55)

«Lo scherzo, la beffa in materia di religione è la cosa più schifosa e più sciocca che io possa pensare» (MB V,792)

«Tolte dalle comunità le mormorazioni e le parzialità, si gode perfetta pace» (MB XIII,398)

«Nelle gioie e nelle pene sia sempre fatta la volontà di Dio» (MB XV,176)


«Tu riuscirai col cercare la gloria di Dio in quello che fai» (MB IX,721)

«Diceva essere anche la ricreazione un’opera meritoria al cospetto di Dio» (MB III,586)

«Chi pensa molto al corpo e poco all’anima, cade nel laccio del demonio»

«Il paradiso non è fatto per i poltroni» (MB VII,7; X,9).

Idiozia.

  C’è un Potere immondo che mette tutti noi sotto una cappa tenebrosa, triste e cattiva. Ci dice come dobbiamo parlare, cosa dobbiamo deside...