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Non capisco

Leggo sul Corriere della Sera del 31 ottobre, un articolo di Gian Guido Vecchi che parla di un certo francobollo. Non un francobollo qualunque. Le Poste Vaticane infatti ricordano il giorno in cui Lutero affisse le sue 95 tesi sul portale della chiesa di Wittenberg con un bollo destinato a diventare storico. «... Il francobollo diffuso oggi, 31 ottobre, è destinato a suo modo a restare nella storia: il monaco agostiniano Martin Lutero, mentre nel 1517 affiggeva le sue 95 tesi sul portale della chiesa del castello di Wittenberg, non avrebbe forse immaginato che cinquecento anni più tardi il Vaticano gli avrebbe dedicato un’attenzione simile». Io non conosco bene la storia, ma mi pare di ricordare che Lutero era un eretico e nemmeno uno tanto leggero. Forse dedicargli un francobollo da parte proprio del Vaticano (che peraltro lo aveva dichiarato eretico per validissimi ed oggettivi motivi), qualche dubbio o qualche confusione la può dare. Continuiamo la lettura dell'articolo di Gian Guido Vecchi «"V Centenario della Riforma Protestante", si legge in cima al francobollo, sopra la raffigurazione così descritta nella presentazione ufficiale: "Ritrae in primo piano Gesù crocifisso sullo sfondo dorato e atemporale della città di Wittenberg. In atteggiamento di penitenza, inginocchiati rispettivamente a sinistra e destra della Croce, Martin Lutero sostiene la Bibbia, fonte e meta della sua dottrina, mentre Filippo Melantone, teologo e amico di Martin Lutero,uno dei maggiori protagonisti della riforma tiene in mano la Confessione di Augusta, Confessio Augustuana, la prima esposizione ufficiale dei principi del protestantesimo da lui redatta". Il Vaticano ricorda le parole della dichiarazione comune di un anno fa, quando Francesco andò in Svezia per "commemorare" la Riforma assieme ai vertici della federazione luterana mondiale: "Luterani e cattolici hanno ferito l’unità visibile della Chiesa. Differenze teologiche sono state accompagnate da pregiudizi e conflitti e la religione è stata strumentalizzata per fini politici"». Tutto bello, tutto giusto, tutto sano: con questo francobollo si farà di sicuro qualcosa di buono. Io però avrei preferito una raffigurazione cattolica. Gesù non è morto a Wittenberg, in un giorno qualsiasi (atemporale), ma a Gerusalemme in un giorno ben preciso e sotto la croce c'erano Maria Santissima e San Giovanni e non due eretici che non si sono mai pentiti pubblicamente. Cambiare la storia (la nostra fede infatti si basa su un Avvenimento, su un fatto storico) non è proprio un buon segno. E poi non capisco, non capisco, e tanti dubbi e tanta confusione mi gira dentro la testa.
Il Pio

E' possibile vivere così


Ascoltare la vita del beato Pier Giorgio Frassati fa sempre bene al cuore. «E' possibile vivere così!» viene spontaneo pensare, ed è proprio vero: il cristianesimo è infatti umano e la santità possibile. Adatti perfettamente a noi e alla nostra vita.
Ecco dunque altre testimonianze della sua carità. 
Il Pio


Carlo Florio: « Gli domandavo per esempio come si facesse ad entrare lietamente in certe case dove la prima accoglienza era un tanfo nauseante. “Come fai tua vincere la repulsione?” Egli mi rispondeva: “In sostanza non dimenticare mai che anche se la casa è sordida tu ti avvicini a Cristo. Ricordati bene quello che ha detto il Signore: “Il bene che si fa ai poveri è bene fatto a me stesso” ».

Don Giovanni Barberis: « Tutti i mesi egli portava gli assistiti della Conferenza alla Confessione e il giorno dopo alla Comunione… Diceva ad alta voce e per tutti le preghiere di rito: preparazione e ringraziamento. Era commovente vedere quel giovane seguito da intere famiglie, da trenta a quaranta persone. Guardandolo la sua virtù mi pareva sempre eroica ».

Giovanni Gribaudo: « Pier Giorgio Frassati era famoso per essere sempre al verde, e tutti sapevano che l’essere sempre senza soldi era una conseguenza della sua ardente carità. Noi amici lo aiutavamo quando capivamo che rinunciava a qualche gita per ragioni finanziarie. Allora insistevamo che venisse ugualmente; e sono fiero di poter dire di averlo spesso aiutato ».

Giovanni Pilone: « A un poveretto che domandava l’elemosina domandò perché non lavorava. Rispose che non aveva più strumenti per cuocere e vendere castagne. Pier Giorgio gli comperò tutto e diede a quel povero il modo di poter lavorare ».
Giuseppe Leone: « Non posso dimenticare la volta che lo vidi tornare senza scarpe, calzando un paio di pantofole come quelle che indosso ora a 87 anni, solo perché aveva date le scarpe ad un povero ».

Tersa Vigna: « Insieme ci recavamo a visitare i lebbrosi, all'ospedale di San Lazzaro. Un giorno trovammo un giovane di vent'anni col viso deturpato dalla lebbra. Pier Giorgio rimase colpito a vedere il povero giovane dal fisico esuberante già totalmente sconfitto dal male. “Vede” mi disse “che enorme valore ha l’essere in salute come siamo noi”. E dopo un poco: “Ma anche le deformazioni di quel giovane scompariranno quando tra qualche anno raggiungerà il Paradiso. Perciò la nostra salute deve essere messa al servizio di chi non ne ha, chè altrimenti si tradirebbe il dono stesso di Dio e la sua benevolenza” ».
don Giuseppe Cargnino: « Mi ricordo benissimo come se fosse oggi stesso, un pellegrinaggio sulla vetta della Ciamarella (20 luglio 1924, in occasione del venticinquennio del collocamento lassù del quadro della Consolata di Torino: (1899-1924). A me, appena attraversato il ghiacciaio della Ciamarella, venne incontro gentile, sorridente e pieno di bontà inesprimibile qualificandosi come appartenete alla Giovane Montagna, il caro Pier Giorgio Frassati, dicendosi ben lieto di fare la mia conoscenza, e chiamandomi il favore di lasciargli poi lassù servire la Santa Messa ».

(Luciana Frassati, La Carità, SEI)

Si mise in disparte e pregò


Testimonianza su Pier Giorgio Frassati del On. Attilio Piccioni

«Pochi giorni prima della sua morte, egli fece la scalata ad una delle più ardue vette delle nostre Alpi insieme con un gruppo di altri ardimentosi alpinisti. Giunto sulla vetta mentre gli altri si disponevano a godere il ben meritato riposo e a bearsi dello sfavillante paesaggio alpino egli si trasse qualche passo in disparte e inginocchiato, colle mani giunte e gli occhi rivolti al raggiante cielo, si mise a cantare l’Angelus. Chi mi ha narrato questo episodio fu un suo compagno nella scalata che non vive nella nostra fede, anzi la nega; ma lo narrò con tale semplicità di parole e con tale intima convinzione che, al solo ricordo, gli occhi si inumidirono».


(Luciana Frassati, La piccozza di Pier Giorgio, SEI, Torino 1995).

Perché non va a messa?


«Avevo un piccolo negozio di tabacchi in corso Vercelli e un giorno vidi fermarsi, proprio davanti alla vetrina, una carrozza scoperta con due giovani a cassetta. Uno di loro scese [il beato Pier Giorgio Frassati, ndr], si riempì le braccia di pacchi e pacchetti e sparì dentro un portone. Ritornò, prese altri pacchi e sparì nuovamente. Poi venne da me con un sacco di roba che non era riuscito a consegnare perché aveva trovato la porta chiusa e mi pregò di portarlo io stessa. Da quella volta, quando non gli riusciva di consegnare qualche pacco lo lasciava da me. Era un giovane che ispirava confidenza, così un giorno attaccai discorso: «Lei è vestito bene che pare un signore, eppure va in giro con questi sacchi... Cosa dirà la gente? Perché non li lascia a me che sono solo una tabaccaia? A me la gente non fa caso». «Vede – rispose lui – io sono contento se li trovo in casa. Preferisco consegnarli personalmente a loro, perché posso parlare con loro e infondere un po’ di coraggio, farli sperare che la vita cambierà, e soprattutto convincerli ad offrire a Dio le loro sofferenze e ad andare a Messa». Gli risposi dicendo che io non avrei certo potuto insistere che andassero a Messa, dal momento che non ci andavo neppure io. Sarebbe stato come se il diavolo avesse invitato a farsi eremiti. Invece di sgridarmi si limitò a chiedermi: «Perché non va a Messa?». Risposi senza scompormi che se il duro lavoro quotidiano nel negozio non bastava a meritarmi il paradiso, il Signore per me poteva anche chiudere bottega. Ma lui continuò: «Se non vuole andare a Messa per se stessa, vada almeno per il suo bambino, lei che è una buona mamma». Rimasi colpita e gli risposi che probabilmente aveva ragione. E la domenica dopo ero in chiesa. Io che non avevo mai sentito una parola bella e che ero rimasta orfana a tre anni, fui colpita dalla spiegazione del Vangelo. E così da sposata per la prima volta andai a Messa. Glielo dissi poi a quel giovane quando lo vidi e gli ripetei anche la spiegazione del Vangelo. Ebbi la sensazione che lui capisse benissimo come io non avessi bisogno del sacchetto, ma di un po’ di parole di fede. E così continuò: «Perché il Signore protegga il suo bambino bisogna che lei vada sempre in chiesa». E infatti, quando durante l’ultima guerra, mio figlio corse gravissimi pericoli lo affidai alla protezione del Signore che stese su di lui la mano e lo salvò. Per lungo tempo non seppi chi fosse il mio benefattore e forse non lo avrei mai saputo se un giorno, dopo che egli aveva lasciato il mio negozio, non fosse entrato un uomo di Pollone che mi disse: «Sa chi è uscito in questo momento dalla sua bottega?». «No, non lo conosco; so soltanto che è un giovane che porta sempre roba ai poveri». «Non sa chi è? È il figlio del Senatore Frassati». Tutti allora conoscevano a Torino i Frassati... Quel signore mi disse che anche a Pollone tutti i poveri lo aspettavano nelle loro case».

L. Frassati, La carità di Pier Giorgio Frassati, SEI Torino 1957, p. 17.

«Quando il Figlio dell’uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla terra?» (Lc 18, 8)


Victor Hugo aveva profetizzato: «Questo secolo è stato grande (XIX, ndr), il prossimo secolo sarà felice». Solov’ëv (1853 – 1900, ndr) invece non si lascia incantare da quel candore laicistico e anzi preannunzia con preveggente lucidità tutti i malanni che poi si sono avverati. (…) Nell’ultima pubblicazione – I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo, opera compiuta la domenica di Pasqua del 1900 – è impressionante rilevare la chiarezza con cui Solov’ëv prevede che il secolo XX sarà «l’epoca delle ultime grandi guerre, delle discordie intestine e delle rivoluzioni». Dopo di che – egli dice – tutto sarà pronto perché perda di significato «la vecchia struttura in nazioni separate e quasi ovunque scompaiano gli ultimi resti delle antiche istituzioni monarchiche». Si arriverà così alla «Unione degli Stati Uniti d’Europa». Soprattutto è stupefacente la perspicacia con cui descrive la grande crisi che colpirà il cristianesimo negli ultimi decenni del Novecento. Egli la raffigura nella icona dell’Anticristo, personaggio affascinante che riuscirà a influenzare e a condizionare un po’ tutti. In lui, come è qui presentato, non è difficile ravvisare l’emblema, quasi l’ipostatizzazione, della religiosità confusa e ambigua di questi nostri anni: egli – dice Solov’ëv – sarà un «convinto spiritualista», un ammirevole filantropo, un pacifista impegnato e solerte, un vegetariano osservante, un animalista determinato e attivo. Sarà, tra l’altro, anche un esperto esegeta: la sua cultura biblica gli propizierà addirittura una laurea «honoris causa» della facoltà di Tubinga. Soprattutto, si dimostrerà un eccellente ecumenista, capace di dialogare «con parole piene di dolcezza, saggezza ed eloquenza». Nei confronti di Cristo non avrà «un’ostilità di principio»; anzi ne apprezzerà l’altissimo insegnamento. Ma non potrà sopportarne – e perciò la censurerà – la sua assoluta «unicità»; e dunque non si rassegnerà ad ammettere e a proclamare che egli sia risorto e oggi vivo. Si delinea qui, come si vede, e viene criticato, un cristianesimo dei «valori», delle «aperture» e del «dialogo», dove pare che resti poco posto alla persona del Figlio di Dio crocifisso per noi e risorto, e all’evento salvifico. Abbiamo di che riflettere. La militanza di fede ridotta ad azione umanitaria e genericamente culturale; il messaggio evangelico identificato nel confronto irenico con tutte le filosofie e con tutte le religioni; la Chiesa di Dio scambiata per un’organizzazione di promozione sociale: siamo sicuri che Solov’ëv non abbia davvero previsto ciò che è effettivamente avvenuto, e che non sia proprio questa oggi l’insidia più pericolosa per la «nazione santa» redenta dal sangue di Cristo? È un interrogativo inquietante e non dovrebbe essere eluso (...).

(Stralci dall’articolo “L’Anticristo, una persona perbene. La lezione (inascoltata) del grande Solov’ëv spiegata da Biffi”. Card. Giacomo Biffi, Tempi Agosto 2015)



Alcuni pensieri sparsi, in una mattina passata a casa in malattia


A casa in malattia, mi sono riletto un po’ di vicende del beato Pier Giorgio Frassati (1901 – 1925). Lui era un cattolico sincero e profondo e non c’è stato nessun giorno della sua breve vita—hanno scritto di lui—lontano da Gesù. Non ha realizzato nessuna opera straordinaria, ma straordinario è stato il suo quotidiano e dovunque passasse, lasciava la bella traccia di un giovane che voleva tanto bene a Gesù e che amava seguire alla lettera il Vangelo. Sto anche rileggendo per la miliardesima volta i racconti di “Don Camillo e Peppone” di Giovannino Guareschi (1908 – 1968), sono racconti che mi piacciono da morire: sono anni che li rileggo e non mi stanco mai. Certo, questi ultimi sono racconti di fantasia e quelle invece sono vicende veramente accadute. Quelle di Frassati avvengono perlopiù in Piemonte negli anni ‘20 del secolo scorso, quelli di don Camillo e Peppone nell’Emilia, più o meno, degli anni ’40 e ’50. Leggere queste vicende e questi racconti fa sempre bene al nostro cuore e invoglia a seguire Gesù. Comunque. Quello che ogni volta leggo tra queste righe è l’esistenza, in quei tempi non molto lontani dai nostri, di un popolo fortemente cristiano che oggi non vedo più (e questo mi intristisce il cuore). A un certo momento in Italia, improvvisamente, si è cancellato tutto il passato di fede e non è stato più tramandato ai giovani. Giovani che è vero dal ’68 in poi dovevano distruggere tutta la società, cambiare, rivoluzionare coi loro “vietato vietare” fino agli anni di piombo. Ma molti sacerdoti sono andati, loro, dietro ai giovani e è nata la confusione sulla base del drammatico concetto che la Chiesa deve aprirsi ai tempi nuovi. Tempi nuovi che dopo pochi anni diventano però inesorabilmente decrepiti. Infatti, come tutte le mode, il ’68 è finito e, abbandonato l’Eskimo, sono arrivati, negli anni ’80, i “paninari” in Monclear e Timberland e al posto degli Hippie sono arrivati gli Yuppies che però non avevano alcuna intenzione di faticare per cambiare il mondo. Poi finita la moda dei paninari è arrivata quella della movida, dei cellulari all’ultima moda (anche ai bambini di sei anni) e tutti in rete. Ma già era tutto fluido e così si va avanti fino a oggi. Si è anche cancellata la “poesia”—come la definiva Guareschi—della nostra bella fede. E non si è guadagnato nulla in cambio: anzi si è perso tutto. E tutto è divenuto insipido e così non piace a nessuno. Poi senti da anni le lamentele che i ragazzi non vanno a catechismo, che le famiglie non vanno a messa, che dopo la cresima scappano tutti,…: la soluzione è dunque annacquare sempre di più il brodo (come si continua a fare) oppure renderlo molto più consistente e salato, cioè come esso è veramente (come invece non si vuole fare per principio)? Le mezze misure sono belle, politicamente corrette, ma non attirano nessuno. L’uomo da sempre è attratto dalle cose assolute, ferme e dal coraggio. Quanta gente ancora si perderà? Quanta gente perderà o non riceverà la fede? Ma soprattutto come faremo a riportare la fede in Italia? Con le nostre forze non ce la faremo di sicuro. Chiediamo al beato Pier Giorgio Frassati che tanto a cuore aveva la salvezza delle anime della gente che incontrava, senza alcun rispetto umano e che tanto bene voleva a Gesù, alla Madonna e alla Chiesa, di intercedere per noi perché il Signore abbia pietà e misericordia di noi e ridoni per Sua grazia una fede forte a tutto il nostro popolo.
Il Pio

Il nostro Angelo custode

Pinacoteca Nazionale Ferrara

Un argomento che mostra l'eccellenza dell'uomo, è certamente l'aver un Angelo per custode. Creato che ebbe Iddio il cielo, la terra e tutte le cose, che nel cielo e nella terra si contengono, lasciò che seguissero da per sè stesse il corso delle leggi loro naturali secondo l'ordine della quotidiana provvidenza, che le conserva. Dell'uomo non fu così. Oltre d'averlo arricchito di nobili facoltà sì spirituali, come corporali, costituito a presiedere a tutte le altre creature, volle, che un celeste spirito ne prendesse la cura per modo, che fin dal primo istante, che egli compare al mondo, l'assista di notte e di giorno, l'accompagni ne' viaggi lungo le strade, lo difenda da' pericoli tanto dell'anima che del corpo, l'avvisi di ciò che è male, perchè lo fugga, gli suggerisca ciò che è bene, perchè lo segua; grande dignità dell'uomo, grande bontà di Dio, incalzante dovere per noi a corrispondervi! Per animare pertanto i fedeli a mantener viva divozione verso questi beati spiriti, che dall'ineffabile provvidenza sono destinati a noi per custodi, i Romani Pontefici già concedettero molte Indulgenze alle preghiere che in onor de' medesimi si recitano, ed alle compagnie a loro venerazione istituite.



(San Giovanni Bosco, Il Divoto dell'Angelo Custode, Introduzione, Torino 1845
Tipografia Paravia e Comp. Con permissione)

E’ il primo di tutti



E’ il primo dei dieci Comandamenti. «Non avrai altro Dio fuori di me». Del Dio di Gesù, e poi di San Pietro e San Paolo, fino al bambino nato oggi; del Dio Uno e Trino. Del Nostro Dio. Anche Suo figlio lo ribadisce con estrema chiarezza (era Dio Lui stesso). «"Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?". Gli rispose: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti" (Mt.22, 36-40)». In un periodo in cui non sentiamo altro che parlare di Dialogo e Aperture con tutte le altre Religioni (e purtroppo anche col mondo!), come il prius della nostra fede in questo momento, mi vengono sempre in mente quei due punti fermi, essenziali e irrinunciabili, della nostra fede. “Non avrai altro Dio fuori di me” e “amerai il Signore tuo Dio…”. Unico Dio, Tuo Dio. Schiere di Santi e di Martiri avevano questa chiarezza, ogni giorno, nel loro cuore. Molti di loro sono morti in maniera tremenda pur di non dichiarare il contrario. No, non si può dire, non si può far pensare al popolo che ogni religione è uguale all'altra e che è tutto uguale: che senso avrebbe la venuta di Gesù, la sua morte in croce e resurrezione, se tutto deve rimanere come prima? E poi lasciamo perdere i discorsi sapienti e giusti, tipo «ma se una nasce nella più profonda e sperduta foresta africana non può essere cattolico e quindi come la mettiamo…?». Quindi Gesù ce l’ha detto duemila anni fa che le Sue parole non sono comprese dai sapienti e dagli intelligenti, dunque stiamo attenti a quello che essi dicono perché non capiscono per la loro voluta testardaggine, vanità e presunzione e fanno discorsi saggi e evoluti, solo per affermare la loro superiore intelligenza, amano solo se stessi e la loro sapienza, non certamente Dio o il prossimo: non li ascoltiamo, anche se attizzano la nostra mente. Perché mai gente importante come San Francesco Saverio è andata in missione fino alla sua morte e insieme a lui, fino a oggi, migliaia e migliaia di missionari hanno seguito la sua stessa strada? Per far conoscere a quella povera gente il vero e unico Dio, a costo della propria vita; poi ognuno di quelli farà quello che vuole: li potranno sgozzare o li potranno ascoltare e seguire. Gesù ci ha chiesto infatti di portare a tutti la Buona Novella. Perchè c’è un solo Dio: quello che Gesù ha spiegato a tutti, essendo Lui stesso quel Dio, e per non lasciarci da soli dopo la Sua morte ci ha inviato lo Spirito Santo perché avessimo la grazia per fare quello che Lui vuole. E dunque solo questo Dio, Uno ed Trino, dobbiamo pregare, amare, seguire, solo per Lui dobbiamo vivere e morire.

Il Pio


Tira a campare

Negli anni settanta, mi piaceva tanto una canzone. In particolare una strofa di questa. Il titolo della canzone era “Tira a campare” di Edoardo Bennato, scritta nel 1974 (Album “I Buoni e i Cattivi”). La strofa che mi aveva colpito, allora giovinotto in jeans e barbetta spelacchiata, era “Io a volte straniero in queste strade dove non funziona niente…”. Una frase in effetti di passaggio, non una poesia… col messaggio che allora doveva essere dentro una canzone per non essere definita con spregio “commerciale”. Oggi è un’altra cosa, ma prima le canzoni si definivano “impegnate” e contenevano il messaggio scritte col solo fine elevare i giovani e non per essere vendute (!), o “commerciali” e erano sciape, non contenevano nulla, scritte solo per essere vendute. I giovani volevano quelle impegnate; allora era così i giovani erano tutti “impegnati”. Oggi è un’altra cosa, però oggi le commerciali di ieri sarebbero le canzoni impegnate. La canzone “Tira a campare” ha un testo stupendo, ma a me si è ficcata nella testa quella frase. Come sempre: misteri della psiche. Le prime volte che la sentivo immaginavo l’autore in giro per la sua bella città, tutta rovinata, con le luci spente, triste… “dove non funziona niente”. Facciamo un salto di oltre quarant'anni e quella frase mi ritorna in mente più forte e chiara che mai. Non sembra adatta—precisa—al nostro periodo? Peggio che nel 1974. Un collega mi ha detto “ieri ero a Roma, al centro, e mi sembrava di essere io uno straniero, tutti neri”. Un altro mi dice che a Roma tantissimi salgono sui bus senza biglietto, se qualcuno prova a proclamarsi controllore e esigere di vedere il biglietto rischia di essere fatto a pezzi col machete o se gli va bene, solo malmenato, “è il risultato della cultura dell’accoglienza, dialogo, apertura…”. Interviene un terzo “a Amsterdam salgono tre davanti e tre dietro con la divisa, anfibi e manganello, massicci e muscolosi: pagano tutti”. Se questo fosse fatto a Roma le accuse di nazifascismo fioccherebbero subito sul capo del Sindaco fino all'usciere, il caso arriverebbe in Parlamento e tutte le trasmissioni intelligenti ne parlerebbero. Ma gli altri Stati d’Europa fanno così. Noi invece non possiamo e così il bilancio dell’azienda di trasporti romana sta messo malissimo. E così, per questo e altri casi, tutti soggetti a politica e a politici (questo è il nostro vero problema), anche la nostra bella patria rischia il fallimento. E poi: ma perché la gente non deve pagare il biglietto? “Io a volte straniero in queste strade dove non funziona niente…”. Anche noi giriamo in un’Italia dove non funziona niente. Se una cosa va bene è merito solo della persona che stranamente, per caso, è umana e brava. Qualcosa potrebbe cambiare se i cristiani riprendessero a creare opere buone nella realtà, oppure almeno fossero presenti e fattivi in tutti i luoghi in cui si trovano, senza paura, senza desiderio di essere del mondo e uguali a tutti gli altri. (Gli altri avrebbero bisogno di essere come noi!). Ma come si fa? E’ in corso una strenua e tremenda protestantizzazione della chiesa da parte di molti cardinali e vescovi che segue una strenua e tremenda scristianizzazione operata negli ultimi sessant'anni. Allora tiriamo a campare: non cambierà nulla. «Tira a campare, non capirai, pure io che son dottore che ho fatto l'università, sì dico: tira a campare, è meglio qua, qua almeno, bene o male c'è ancora un po’ d'umanità...». E questa umanità c’è perchè l’Italia per secoli è stata profondamente cristiana. L’unica cosa che ancora funziona e che è buona nel nostro Paese è la fede cristiana. Vigiliamo saldi in questa fede perché non vada smarrita altrimenti: «Tira a campare, non cambierà, tutto passa, bene o male, ma per noi non cambierà…».
Il Pio

Tanto non viene nessuno /2


Per capire come ragionano alcuni cattolici tipici, vi racconto un episodio. Tanti anni fa i Movimenti e le Associazioni cattoliche della mia zona furono invitate a un incontro con un Monsignore. A presenziare quella domenica eravamo tantissimi, tanta gente che voleva bene al nostro Vescovo e alla Chiesa: un numero che gli organizzatori non aveva nemmeno previsto (il concetto di base per molti è infatti “tanto non viene nessuno” e con questo spirito si fanno anche oggi gran parte delle cose). Una situazione simile avvenne a Parigi, nel 1997, alla Giornata Mondiale della Gioventù con Giovanni Paolo II: gli organizzatori Franzosi, con la loro solita puzza al naso, avevano previsto con certezza granitica, la metà delle persone che poi vennero realmente e così l’organizzazione perfetta e quadrata di tutta quella faccenda, si sfaldò miseramente nel tardo pomeriggio, quando arrivò altra tantissima gioventù che voleva bene a Giovanni Paolo II e alla Chiesa (io c’ero e la notte abbiamo dovuto dormire come se giocassimo a Tetris). Torniamo all’incontro domenicale. Dovete sapere che molti Monsignori italiani vedono Movimenti e Associazioni come il fumo negli occhi (se non peggio) per motivi che però sanno solo loro e li vedrebbero volentieri cancellati dalla storia. Non potendo cancellarli dalla storia (anche perchè qualcuno importante ha detto che sono un'invenzione, cioè "un dono dello Spirito Santo" e una "speranza per la Chiesa Universale"), laddove si insediano, fanno di tutto per non farli muovere. Bene, secondo un criterio logico, perfettamente ragionevole, ma solo a una certa parte del clero, quella volta a parlare a tutti i Movimenti e Associazioni della zona, accorsi in massa con tanto ardore e amore, fu chiamato proprio uno di questi che per due ore spiegò come Movimenti e Associazioni, cioè noi tutti lì presenti, nella Chiesa contassimo davvero poco o niente, perché è la parrocchia che fa ed è tutto e che comunque ci eravamo solo in via temporanea (oggi sì, domani no). Io pensavo di essere sulla trasmissione Scherzi a parte e guardavo i miei colleghi che però vedevo tranquilli. Il peggio però, doveva ancora venire. Nei giorni successivi, in sede di Consulta, tutti hanno detto che quell’incontro era stato fantastico e il Monsignore ci aveva detto cose straordinarie, quasi una pietra miliare nella nostra storia. E ci aveva detto chiaramente che non contavamo nulla e che eravamo temporanei. Ecco siamo così.
Il Pio

Italia sanza nocchiere



«Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello».
Questo che avrete letto è una strofa tratta dalla Divina Commedia. E è proprio Dante che dice tutto questo nel VI Canto del Purgatorio. Si capisce cosa vuole dire. Parla dell’Italia, della sua Italia del 1300. Serva e senza un timoniere (nocchiere), cioè priva di un vero governo, asservita agli interessi di Signori senza onore e senza dignità, in balia degli eventi, luogo di sofferenza e tristezza, non più padrona di ampi territori (Provincie), ma postribolo. Era il 1300. Oggi è il 2022. E’ cambiato qualcosa? Non sembra scritta ieri quella frase? L’Italia è la patria dei santi, degli inventori e degli eroi (e di questo dobbiamo essere fieri) forse lo deve scontare in questo modo tremendo (una sorta di… contrappasso). Ora, pensate davvero che le prossime elezioni 
possano darci un nocchiero coraggioso e capace che ci faccia uscire dalla tempesta? La vecchia gente al potere rimarrà sempre la stessa o si farà sostituire da altri uguali in tutto e per tutto, sennò peggiori. E resterà tutto come sempre, dal 1300 e forse prima: un bordello.
Il Pio

Progressisti e tradizionalisti



Progressisti da un lato e tradizionalisti dall’altro. Ecco i due schieramenti che abbiamo dentro la Chiesa. Il gruppo dei progressisti (quelli per il Concilio Vaticano III che cambierà tutto, per la Chiesa democratica, per il buonismo al posto della santità e la misericordia senza mai la giustizia, con al primo posto l’adeguiamoci ai tempi moderni, mai nessuna regola e nessun punto di riferimento fisso e inamovibile, ma tutto sia lasciato alla libera volontà e discrezione personali) sono in numero molto molto più alto degli altri. I Tradizionalisti (quelli fermi al Concilio di Trento, fedelissimi alla Chiesa, al catechismo, alla dottrina, al rosario quotidiano e veglie notturne, tutto senza infingimenti, senza annacquamenti, puro e crudo,…) sono invece pochi e sempre di meno. Riconosci i primi perché quando parlano non rimane niente nel cuore di chi ascolta, formule vuote, esempi aridi, ma al termine tutti sono d’accordo; i secondi invece hanno parole appassionate e infuocate per Gesù che “tagliano”, ma al termine, dei pochi che li vanno a sentire, molti se ne vanno arrabbiati dopo averli insultati, chi resta però ha nel cuore un gradino in più per avvicinarsi a Gesù e restare con Lui. Si deve anche considerare che tra qualche decennio la moda e i tempi moderni saranno altri, diversi da quelli di oggi (e di ieri) e i progressisti dovranno mutare le loro considerazioni per adeguarsi e essere in linea col mondo; i tradizionalisti saranno sempre come allora, come S. Ignazio, come S. Teresa, come S. Gennaro, come S. Francesco Saverio, come il beato Pier Giorgio… come S. Pietro. O come santa Bertilla Boscardin, che conobbe quasi soltanto il catechismo che leggeva e rileggeva continuamente: lo trovarono nella tasca della sua veste dopo la morte: era tutto consumato. Lei, così, è però divenuta una grande santa. Depositum custodi! Custodisci il deposito della fede lasciatoci da Cristo: ecco cosa deve fare un cristiano: “custodire” quello che gli è stato lasciato in deposito dai suoi nonni e dai nonni dei suoi nonni, fino a arrivare a San Paolo e San Pietro e tramite loro, a Gesù, senza modificare, alterare, senza adeguarlo alla luce dei tempi sempre e da sempre instabili e mutevoli. Anche io sono un tradizionalista e voglio (vorrei, per grazia di Dio) morire così.

Il Pio

Custodisci il deposito della fede.



Da formule che sembravano aride, una fiammante santità

«Stiamo uniti nell’insegnare le stesse cose: non opinioni più o meno rispettabili, ma ciò che il Magistero della Chiesa propone... Il criterio del catechizzare è dunque il depositum custodi (custodisci il deposito della fede, ndr) di san Paolo, non l’altro, talora usato: “Che cosa piace? che cosa è oggi alla moda? che cosa mi farà apparire aggiornato e brillante?”... Con il Papa, esorto a non nutrire troppi pregiudizi contro l’uso sapiente e moderato sia delle formule che della memorizzazione. D’accordo, sapere a memoria non è sapere... Tuttavia una formula capita e ricordata a memoria è come un attaccapanni al quale, nonostante il passare degli anni, restano appese le cognizioni religiose più importanti. Certe formule di chimica e di algebra, alcuni articoli fondamentali del codice, perché esigono precisione, sono appresi a memoria al liceo e all’università. Ora, c’è codice più impegnativo delle verità religiose e dei precetti morali? Sono aride, si dice, le formule. Anche il cerino sembra arido ma, strofinato, si fa fiamma. Qui nel Veneto, noi abbiamo il caso di santa Bertilla Boscardin, che conobbe quasi soltanto il catechismo a formule. Gliel’aveva dato il parroco, quand’era fanciulla; se l’è portato in convento; lo leggeva e rileggeva continuamente; lo trovarono nella tasca della sua veste dopo la morte. Era quasi consunto, ma la santa da quelle formule, che sembravano aride, aveva saputo far scaturire una fiammante santità».
(Albino Luciani, futuro Papa Giovanni Paolo I, Omelia ai catechisti, Venezia, 29 ottobre 1977)

L’amore alla Tradizione


«Lo studio e la lettura devota (che non è studio) della Bibbia non occorre raccomandarli oggi: per fortuna, l’uno e l’altra sono entrati nei cuori dopo il Concilio. Vi raccomando invece l’amore alla Tradizione: non siate di coloro che, abbagliati e accecati, più che illuminati, da qualche lampo, pensano che ora soltanto è nato il sole e vogliono tutto rovesciare e cambiare». 

(Albino Luciani, futuro papa, Giovanni Paolo I, "Inizio d’anno del seminario, Venezia, 20 settembre 1977")

Il catechismo


«Messo da parte il catechismo non saprete che mezzi adoperare per fare buoni piccoli e grandi. Tirerete in campo la “dignità umana”? I piccoli non capiscono che cosa sia, i grandi se ne infischiano. Metterete avanti “l’imperativo categorico”? Peggio che peggio... Si dice che anche la filosofia e la scienza sono capaci di far buoni e nobili gli uomini. Ma non c’è neppure confronto col catechismo, che insegna in breve la sapienza di tutte le biblioteche, risolve i problemi di tutte le filosofie e soddisfa alle ricerche più penose e difficili dello spirito umano».


(Papa Giovanni Paolo I, Albino Luciani, Catechetica in briciole, 1949 catechismo)

Ora non mangiano più i bambini!



Sul sito del quotidiano Il Manifesto (ilmanifesto.it) sulla cui prima pagina campeggia orgogliosa l'evidente dicitura «quotidiano comunista», si vede la copertina del libro di Papa Francesco dal titolo «Terra Casa Lavoro—Discorsi ai movimenti popolari» (ed. Il Manifesto) e si legge chiaro «in edicola dal 5 ottobre con Il Manifesto».

Domenica 1 ottobre, sulla 4^ facciata de La Domenica (XXVI Domenica Del Tempo Ordinario – 2017), il foglietto per seguire meglio la Santa Messa, si leggeva di Lutero, il capo dei Protestanti, sotto il titolo «cattolici e protestanti a confronto in cammino verso la riconciliazione».

E’ uscito il nuovo libro di Papa Francesco dal titolo «Imparare a Imparare—riflessione sui temi dell’educazione» (ed. Marcianum Press). La prefazione è stata curata da Valeria Fedeli, Ministra dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, ex CGIL e ora del PD e, dicono alcuni, con simpatie per l’educazione gender nelle scuole.

Su Avvenire (www.avvenire.it) il così detto quotidiano dei Vescovi (perché formalmente è tale), il numero del 1 ottobre annuncia anche qui con orgoglio che ogni domenica la vignetta sarà eseguita da Sergio Staino, sotto la rubrica «Hello Jesus». Costui, creatore di Bobo, se dicente marxista leninista, per quarant’anni ha fatto le vignette per l’Unità (altro notissimo quotidiano comunista). Interviene a aiutare con i suoi ideali il quotidiano Cattolico, nella sua qualità di non credente (ovviamente).(In cuor suo dopo tanta militanza, vorrà costruire o distruggere la Chiesa?).  

Probabilmente non ci sono più vignettisti credenti; probabilmente non ci sono più santi cattolici da mettere in quarta pagina dei foglietti della messa; probabilmente non ci sono più scrittori o educatori cattolici per le prefazioni ai libri sull’educazione; probabilmente non  ci sono più nemmeno editori cattolici... forse non ci sono più credenti, oggi… E allora si capirebbe tutto. ma ancora non è così e qualcuno c'è ancora. E temo che queste quattro notizie che ho riportato—avvenute nel giro di pochissimi giorni—abbiano creato nei cuori di moltissimi fedeli semplici fortissimi dubbi. E la domanda «allora: dove devo andare? Chi devo seguire?» e ultimamente: a chi giova tutto ciò?


Il Pio 

Idiozia.

  C’è un Potere immondo che mette tutti noi sotto una cappa tenebrosa, triste e cattiva. Ci dice come dobbiamo parlare, cosa dobbiamo deside...