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E' una società che non si ama


Le crisi dell'insegnamento non sono una crisi dell'insegnamento; sono crisi di vita;
denunciano rappresentano crisi di vita e sono crisi di vita esse stesse


La crisi dell'insegnamento non è una crisi dell'insegnamento; non c'è crisi dell'insegnamento; non c'è mai stata crisi dell'insegnamento; le crisi dell'insegnamento non sono una crisi dell'insegnamento; sono crisi di vita; denunciano rappresentano crisi di vita e sono crisi di vita esse stesse; sono crisi di vita parziale, eminenti, che annunciano e accusano crisi della vita generale; o se si vuole, le crisi di vita generali, le crisi di vita sociali si aggravano, si radunano, culminano in crisi dell'insegnamento, che sembrano particolari o parziali, ma che in realtà sono totali, perchè rappresentano il tutto della vita sociale; e infatti all'insegnamento che le prove eterne attendono, per così dire, la cambievole umanità. il resto di una società può passare, truccato, mascherato; l'insegnamento non passa; quando una società non può insegnare, non è che manca accidentalmente di un apparato e d'una industria quando una società non può insegnare e che questa società non può insegnarsi; è che ha vergogna, ha paura lei stessa di insegnarsi; per ogni umanità, insegnare, è in fondo insegnarsi; una società che non insegna è una società che non si ama; che non si stima; e questo è precisamente il caso della società moderna.
(Charles Peguy, "Per il rientro a scuola" in Lui è qui - Pagine scelte ed. BUR)

Sopra e sotto la terra

«... Questo per me è il significato della festa di questa mattina e gli alberelli che voi bambini pianterete dentro la terra sono come il legame fra la morte e la vita: fra la vita che sta sopra e la morte che sta sotto. E se l'avvenire dell'albero e il suo progresso verso l'alto sono sopra la terra, le radici sono sotto la terra. E ciò significa che l'avvenire è alimentato dal passato. Guai a coloro che non coltivano il ricordo del passato: sono gente che seminano non sulla terra ma sul cemento..
(Peppone in "Ricordando una vecchia maestra di campagna" da Don Camillo della Bassa, G. Guareschi, BUR)

Che cos'è il Natale?


Che cos'è il Natale? Iddio, amandoci, vuole intessere un colloquio con gli uomini, stabilire con noi rapporti di familiarità. Vuole che lo invochiamo come Padre nostro; diventa per noi fratello e vuole essere nostro ospite.


«...Che cosa c’è dietro la scena esteriore del Presepio? C’è l’Incarnazione, la discesa di Dio sulla terra. Qui è la sublime realtà: basta il semplice annunzio per accendere ed alimentare una nostra meditazione senza fine.
Primo commento vuol essere una parola, semplice e pur essa ricca, così da suscitare nelle anime una fervente contemplazione gioiosa. Che cosa è il Natale? È l’incarnazione, è la venuta di Dio sulla terra. Cioè: noi vediamo Iddio che entra nella scena del mondo. E come e perché? Chiunque abbia una qualche cognizione della realtà che ci circonda, dell’universo, resta sicuramente ammirato della sua grandezza incommensurabile, della arcana sapienza da cui è diretto. Le leggi che si riflettono in questo universo sono così varie, intrecciate, infallibili da offrirci sì un’immagine del Creatore, ma un’immagine che ci lascia pieni di sbigottimento e quasi di timore. Appaiono così inesorabili queste leggi dell’universo, così insensibili, così fatali da lasciarci qualche volta incapaci di saper porre al vertice, su di esse, un Dio personale, un Dio che sente, che parla, che conosce noi, invitati a colloquio proprio con gli ammirevoli ordinamenti che regolano il creato.
Ma c’è un punto, nel complesso della grande realtà, che noi possiamo conoscere: e questo punto risplende oggi in modo preminente: è il Natale. In esso Dio si rivela nella sua infinita carità; rivela se stesso. In quale forma, in quale maniera? forse della potenza, della grandezza, della bellezza? No; il Signore si è rivelato in amore, in bontà. «Sic Deus dilexit mundum ut Filium suum unigenitum daret». Il cuore dell’Onnipotente si apre! Dietro la scena del Presepio c’è l’infinita tenerezza del Creatore che ama. In una parola: c’è la Bontà infinita. Iddio, amandoci, vuole intessere un colloquio con gli uomini, stabilire con noi rapporti di familiarità. Vuole che lo invochiamo come Padre nostro; diventa per noi fratello e vuole essere nostro ospite. È la Santissima Trinità a dare i suoi raggi a coloro che hanno occhi per scorgere e capacità di comprendere, ed ammirare, così, il mistero aperto di Dio...».

(Santa Messa nella Basilica Vaticana Omelia di Paolo VI Solennità del Santo Natale, 25 dicembre 1963)

Le braghe su!

La furia distruttiva arriva a cancellare ora anche Babbo Natale che porta i doni ai bambini: spaventa gli immigrati! L’ideologia è terribile; privilegia l’Idea al posto della realtà e se la realtà è diversa dall’Idea, tanto peggio per la realtà!

Continua la furia ideologica. Quella del dover cancellare tutto il passato, per non mancare di rispetto agli stranieri. Stranieri che però non ci rispettano proprio e non gliene importa nulla né di noi, nè del nostro passato. Anzi. Molti di loro in Italia hanno l'intenzione di portare e imporre la loro cultura e le loro idee, tanto per capire meglio la situazione. Questa furia dunque va avanti lo stesso e sfiora quasi il ridicolo. Dopo i crocifissi, le feste di Natale, le preghiere, il Tu scendi dalla stelle da eliminare, la furia “iconoclasta” ora arriva anche Babbo Natale. Sì, il vecchietto con la barba bianca il vestito e il cappello rosso che porta i regali ai bambini. E’ toccato pure a lui. Dai giornali di ieri si è letto che la dirigente di un asilo di Ostia ha vietato l’ingresso a Babbo Natale che da anni arrivava sotto Natale per portare i regali a tutti i bimbi col grembiulino. Infatti il pancione in tuta rossa avrebbe potuto spaventare i figli degli immigrati. Babbo Natale, spaventare i bimbi! Con i doni per ciascuno in mano! Vi rendete conto? Sembra una barzelletta, ma è la realtà. Se le nostre idee non le fondiamo su qualcosa di stabile, esse si avvilupperanno tra di loro e saranno sempre più intrecciate e lontane dalla realtà, partorendo mostri che ci divoreranno. L’ideologia è terribile, perchè essa privilegia l’Idea al posto della realtà e se la realtà è diversa dall’Idea, la realtà deve cambiare. Pure se si arriva al ridicolo, la realtà deve cambiare. Ma se l’Idea è bacata, la realtà diverrà bacata pure lei. Se l’Idea che la nostra tradizione secolare turba gli immigrati, dovesse procedere oltre, dopo aver cancellato persino Babbo Natale, pensate, dove potrà mai arrivare? Allora saremo davvero pronti per l’invasione di una “cultura” più brutta, ma più forte della nostra. Saremo pronti, perché saremo morti di fatto come popolo e come Nazione. E un popolo morto si sottomette con la massima facilità. E’ il suicidio! Ci stiamo ammazzando da noi stessi, calandoci le braghe sempre più in basso. Ma le braghe devono stare su! Le braghe, su! Le braghe, su! Esto vir! Sii uomo! Io certo non darò la vita per Babbo Natale. Ma Gesù non può essere tolto dalla nostra storia quotidiana e con Lui dunque la nostra libertà umana, le nostre idee, i nostri luoghi,... non possono essere cancellati per rispetto a altri. Forte invece deve essere la nostra testimonianza verso Qualcosa di grande e di Bello. Io non so perché siamo arrivati a avere un’Idea sulla realtà così contorta e triste (lo suppongo). Un’Idea che alla fine volge per cancellare soprattutto il cristianesimo e tutto quello che da questo è nato in duemila anni. Ma i primi a non accorgersi di questo sono proprio i cristiani, che hanno sempre i sensi di colpa su cose che non hanno fatto e pronti a seguire il mondo per non restare fuori, ancorchè sconsigliati da Gesù di vivere così. Siamo rimasti in pochi, ma una difesa al massacro in corso, la possiamo ancora organizzare.
Il Pio

"Per li peccati permette cotali pestilenze"


«Per li peccati Iddio permette cotali cose e pestilenze: e troppo è più pericolosa la fiamma dello inferno, la quale ha da durare eternalmente alli dannati, che non è la rabbia del lupo, il quale non può uccidere se non il corpo. Tornate dunque, carissimi, a Dio, e fate degna penitenza dei vostri peccati; e Dio vi libererà dal lupo nel presente tempo, e nel futuro dal fuoco infernale». Del santissimo miracolo che fece san Francesco quando convertì il ferocissimo lupo d’Agobio.


«Al tempo che san Francesco dimorava nella città d’Agobio, nel contado d’Agobio apparì un lupo grandissimo terribile e feroce, il quale non solamente divorava gli animali, ma eziandio gli uomini, intantochè tutti i cittadini istavano in gran paura, perocchè spesse volte s’appressava alla cittade, e tutti andavano armati quando uscivano della cittade, come se eglino andassero a combattere, e contuttociò non si poteano difendere da lui, chi in lui si scontrava solo; e per paura di questo lupo e’ vennero a tanto che nessuno era ardito d’uscire fuori della terra. Per la qual cosa, avendo compassione san Francesco agli uomini della terra, sì volle uscire fuori a questo lupo, benchè li cittadini al tutto non gliel consigliavano: e facendosi il segno della santissima Croce, uscì fuori della terra egli coi suoi compagni, tutta la sua confidenza ponendo in Dio. E dubitando gli altri d’andare più oltre, san Francesco prese il cammino inverso il luogo dov’era il lupo. Ed ecco che, vedendo molti cittadini, li quali erano venuti a vedere codesto miracolo, il detto lupo si fa incontro a san Francesco colla bocca aperta: ed appressandosi a lui, san Francesco gli fa il segno della santissima Croce, e chiamollo a sè e disseli così: Vieni qui, frate lupo; io ti comando dalla parte di Cristo che tu non facci male nè a me, nè a persona. Mirabile cosa! immantinente che san Francesco ebbe fatta la Croce, il lupo terribile chiuse la bocca, e ristette di correre: e fatto il comandamento, venne mansuetamente, come un agnello, e gittossi ai piedi di san Francesco a giacere. E allora san Francesco gli parlò così: Frate lupo, tu fai molti danni in queste parti, ed hai fatti grandi maleficii, guastando e uccidendo le creature di Dio, senza sua licenza: e non solamente hai uccise e divorate le bestie, ma hai avuto ardire d’uccidere gli uomini, fatti alla immagine di Dio; per la qual cosa tu degno se’ delle forche come ladro e omicida pessimo; e ogni gente grida e mormora di te, e tutta questa terra t’è nemica. Ma io voglio, frate lupo, far la pace fra te e costoro; sicchè tu non gli offenda più, ed eglino ti perdonino ogni passata offesa, e nè li uomini nè li cani ti perseguitino più. Dette queste parole, il lupo con atti di corpo e di coda e di occhi, e con inchinare di capo, mostrava d’accettare ciò che san Francesco dicea e di volerlo osservare. Allora san Francesco ripetè qui: Frate lupo, dappoichè ti piace di fare e di tenere questa pace, io ti prometto, che io ti farò dare le spese continuamente, mentre che tu viverai, dagli uomini di questa terra, sicchè tu non patirai più fame; imperciocchè io so bene che per la fame tu hai fatto ogni male. Ma poich’io t’accatto questa grazia, io voglio, frate lupo, che tu mi imprometta che tu non nocerai mai a nessuna persona umana, nè ad animale; promettimi tu questo? E il lupo con inchinare il capo fece evidente segnale che ’l prometteva. E san Francesco sì dice: Frate lupo, io voglio che tu mi facci fede di questa promessa, acciocch’io me ne possa bene fidare: e distendendo la mano san Francesco, per ricevere la sua fede, il lupo levò su il piè ritto dinanzi, e dimesticamente lo puose sulla mano di san Francesco, dandogli quello segnale di fede ch’egli potea. E allora disse san Francesco: Frate lupo, io ti comando nel nome di Gesù Cristo che tu venga ora meco, senza dubitare di nulla, e andiamo a fermare questa pace al nome di Dio. E il lupo ubbidiente se ne va con lui, a modo d’uno agnello mansueto; di che li cittadini vedendo questo, fortemente si maravigliavano. E subitamente questa novitade si seppe per tutta la cittade: di che ogni gente, maschi e femmine, grandi e piccoli, giovani e vecchi, traggono alla piazza a vedere il lupo con san Francesco. Ed essendo ragunato tutto il popolo, san Francesco si levò suso a predicare loro, dicendo tra l’altre cose come per li peccati Iddio permette cotali cose e pestilenze: e troppo è più pericolosa la fiamma dello inferno, la quale ha da durare eternalmente alli dannati, che non è la rabbia del lupo, il quale non può uccidere se non il corpo; quanto è dunque da temere la bocca dello inferno, quando tanta moltitudine tiene in paura e in tremore la bocca di uno piccolo animale? Tornate dunque, carissimi, a Dio, e fate degna penitenza dei vostri peccati; e Dio vi libererà dal lupo nel presente tempo, e nel futuro dal fuoco infernale. E fatta la predica disse san Francesco: Udite, fratelli miei: frate lupo, che è qui dinanzi da voi, m’ha promesso e fattomene fede di far pace con voi, e di non offendervi mai in cosa nessuna; e voi gli promettete di dargli ogni dì le cose necessarie; ed io v’entro mallevadore per lui, che ’l patto della pace egli osserverà fermamente. Allora tutto il popolo a una voce promise di nutricarlo continuamente. E san Francesco dinanzi a tutti disse al lupo: E tu, frate lupo, prometti d’osservare a costoro il patto della pace, che tu non offenda nè gli uomini, nè gli animali, nè nessuna creatura? E il lupo inginocchiasi, e inchina il capo: e con atti mansueti di corpo, e di coda, e d’orecchi dimostra, quanto è possibile, di volere servare loro ogni patto. Dice san Francesco: Frate lupo, io voglio che come tu mi desti fede di questa promessa fuori della porta, così dinanzi a tutto il popolo mi dia fede della tua promessa, e che tu non mi ingannerai della mia promessa e malleveria, ch’io ho fatta per te. Allora il lupo, levando il piè ritto, sì ’l pose in mano di san Francesco. Onde tra questo atto e degli altri detti di sopra fu tanta allegrezza e ammirazione in tutto il popolo, sì per la divozione del santo, e sì per la novitade del miracolo, e sì per la pace del lupo, che tutti incominciarono a gridare a ciclo, laudando e benedicendo Iddio, il quale avea loro mandato san Francesco, che per li suoi meriti gli avea liberati dalla bocca della crudele bestia. E poi il detto lupo vivette due anni in Agobio; ed entrava dimesticamente per le case, a uscio a uscio, senza fare male a persona, e senza esserne fatto a lui; e fu notricato cortesemente dalla gente; e andandosi così per la terra e per le case, giammai nessuno cane gli abbaiava dietro. Finalmente, dopo due anni, frate lupo si morì di vecchiaia: di che li cittadini molto si dolevano; imperocchè veggendolo andare sì mansueto per la cittade, si raccordavano meglio della virtù e santitade di san Francesco».
(da I Fioretti di San Francesco d'Assisi Capitolo XXI).

Striscia lo scandalo


Premesso. Non mi piace guardare la televisione. Premesso. Non mi piace parlare di televisione. Premesso. Non mi piace la trasmissione Striscia la Notizia; per via di quel senso di giustizialismo che ne esce, per quel prendere per forza in giro continuo e per quel dover far ridere a ogni costo e su ogni cosa. Premesso tutto questo. C’è però una faccenda che in quella trasmissione mi fa sempre pensare. A parte il fatto che oggi, è entrato nella quotidianità, quelli che subiscono un torto per spaventare il cattivo, non dicono "vado in tribunale... dai carabinieri...", piuttosto "chiamo Striscia la notizia" e farebbe pensare questo; e soprattutto da anni almeno una volta al giorno segnalano sempre uno scandalo: case occupate, discariche di rifiuti per strada, opere costosissime lasciate a metà, altre mai aperte o abbandonate per incuria, spese folli e smisurate, corruzione, ingiustizie, malasanità, responsabili pubblici che sono irresponsabili, ove non criminali. Da anni una volta al giorno ce n’è una nuova. Questo significa che sono una marea in Italia gli scandali. E questo dovrebbe portare a pensare anche che chi ha o ha avuto un ruolo di responsabilità in Italia—di qualunque parte politica—non fa o non ha fatto il suo dovere e ha pensato a altro, qualora sapesse pensare da essere umano. E se sono così tanti gli arbìtri, significa che sono pochi quelli che fanno il loro dovere e  ancor meno quelli chi devono controllare. Questo significa anche che abbiamo da sempre una classe politica inetta e gente al loro servizio altrettanto inetta. Questo significa ancora che noi poveri italiani siamo da quasi un secolo in mano a una banda di gente pessima e non c’è politicamente corretto che possa accorrere in loro difesa. Poveri italiani che per avere una minima difesa devono ricorrere a Striscia la Notizia e non allo Stato! E’ una situazione pesante. Come ne usciamo? Non ne usciamo. Semplice. E’ talmente corrotto il sistema che anche se cambi completamente tutte le persone ne arrivano altre uguali e in poco tempo esso diventa peggio di quello precedente. E’ un sistema che si autocorrompe per natura, continuamente, e si allontana sempre più dal popolo. C’è bisogno di uomini veri che lottano per un’ideale, e in Italia questi ci sono, ma non passano, oppure se passano quel sistema o li corrompe o li elimina. Per lo meno dobbiamo dedurre questo da quanto sopra. Qualcosa avrebbe potuto fare un’educazione cristiana, ma questa è stata abbandonata per seguire un’educazione libera, cioè inesistente e inconsistente. Laica e non confessionale. Consoliamoci allora pensando che viviamo come se la nostra povera Patria fosse stata invasa da un crudele Stato straniero che ci ha fatto schiavi e a lui dobbiamo dare tutto, senza ottenere niente. Il brutto è che se ora ci invade davvero il Califfo o il russo saranno dolori ancora più dolorosi. Preghiamo. Preghiamo. Preghiamo.
Il Pio

L’Idea

Preghiamo il Signore che illumini il buio della nostra mente e ci faccia capire la via da seguire e a cosa restare ancorati. Che sciolga i nodi che aggrovigliano le nostre idee… San Michele prega per noi. Pier Giorgio Frassati, prega per noi… 


Quello che oggi è triste da vedere non è tanto che chi ci governa pensa a altro che al bene della gente. Questo è per me di grande dolore, lo sapete, vi ho già rotto le scatole a sufficienza su questo argomento. Ma è sempre stato così, per cui a che serve intristirsi? A nulla, infatti e lasciate a me questa croce. Ma c’è di peggio. E’ ancor più triste vedere che c’è un medesimo modo di vedere tra chi scrive, fa politica, fa televisione, fa film, fa canzoni, fa insegnamento e tutto il popolo. Un modo di vedere la vita che non è umano. Non è un problema politico, ma un problema di vita. Non è un problema sociale, ma proprio di vita. Un modo intellettuale di vedere la vita che non è un modo di vivere sano, che non può essere del popolo che da sempre è sempre stato concreto e amante della concretezza. Un problema intellettuale per cui prevale l’idea sulla realtà. Conta più il pensiero di alcuni altolocati che la vita di tutti i giorni. Non voglio fare esempi. Ma se andate a fondo dell’idea “normale” di oggi, ma con sincerità e lontani da schieramenti politici e ideologici, con sincerità ribadisco, vedrete quella è una via che porta al nulla. Meglio, che porta al disastro umano, alla devastazione della normalità e della vita stessa. Al crollo della normalità per far prendere il posto a un’Idea. E quando si scrive “Idea” con la “I” maiuscola, sono sempre dolori. Per la gente normale, si capisce. Il brutto è che dalla mente degli intellettuali quell’Idea è entrata vincitrice nelle menti di tutti gli italiani in particolare e occidentali in generale. Un modo di vedere la vita che porta al suicidio della propria cultura millenaria e della Nazione. L’unico argine a questa rivoluzione intellettuale sarebbe solo il cristianesimo. Sarebbe tornare a essere un popolo cristiano, forte, indomabile, con un’identità chiara, proprio in quanto tale. Sarebbe l’avere Dio come riferimento e la Chiesa cattolica come alleata. Ma Gesù è proprio quello che l’Idea deve sostituire e la Chiesa è ciò che vuole chiudere. E così il verme solitario intellettuale sta bucando i cervelli di troppe persone. Preghiamo il Signore che illumini il buio della nostra mente e ci faccia capire la via da seguire e a cosa restare ancorati. Che sciolga i nodi che aggrovigliano le nostre idee… San Michele prega per noi. Pier Giorgio Frassati, prega per noi…
Il Pio

Gli speroni da cavaliere




«Come un padre che insegna a suo figlio a nuotare nella corrente del fiume e che è diviso fra due sentimenti. 
Perché da un lato se lo sostiene sempre e lo sostiene troppo il bambino si attaccherà e non imparerà mai a nuotare. 
Ma anche se non lo sostiene al momento giusto questo bambino berrà un sorso cattivo Così sono io quando insegno loro a nuotare nelle loro prove.
Anch’io sono diviso fra questi due sentimenti.
Perché se li sostengo sempre e li sostengo troppo
Non sapranno mai nuotare da soli.
Ma se io non li sostenessi proprio al momento giusto
Questi poveri bambini berrebbero forse un sorso cattivo
Tale è la difficoltà, talmente grande.
E tale è la duplicità stessa, la doppia faccia del problema.
Da un lato bisogna che facciano la loro salvezza da soli è la regola.
Ed è formale. Altrimenti non sarebbe interessante. Non sarebbero uomini.
Ora io voglio che siano virili, che siano uomini e che guadagnino da soli
i loro speroni di cavaliere.
Dall’altro non bisogna che bevano un sorso cattivo
Avendo fatto un’immersione nell’ingratitudine del peccato Tale è il mistero della libertà dell’uomo, dice Dio, e del mio governo su di lui e sulla sua libertà.
Se lo sostengo troppo, non è più libero. E se non lo sostengo abbastanza, 
va giù.
Se lo sostengo troppo, espongo la sua libertà, se non lo sostengo abbastanza, espongo la sua salvezza.
Due beni in un certo senso quasi ugualmente preziosi.
Perché questa salvezza ha un prezzo infinito.
Ma che cosa sarebbe una salvezza che non fosse libera.
Come potrebbe qualificarsi
Noi vogliamo che questa salvezza sia acquisita da lui stesso
da lui stesso uomo.
Sia procurata da lui stesso.
Venga in un certo senso da lui stesso. Tale è il segreto,
Tale è il mistero della libertà dell’uomo
tale è il prezzo che diamo alla libertà dell’uomo.
Perché io stesso sono libero, dice Dio, e ho creato l’uomo a mia immagine e somiglianza.
Tale è il mistero, tale è il segreto , tale è il prezzo
Di ogni libertà
La libertà di questa creatura è il più bel riflesso che c’è nel mondo della libertà del Creatore»

Charles Péguy, Il Mistero dei Santi Innocenti

Ignoranti o furfanti?

Delle due l’una: o sono ignoranti, o sono furfanti. Cioè: o non sanno bene ciò che devono sapere o sanno bene, ma non dicono ciò che dovrebbero dire: ma allora come ci possiamo fidare di loro?

«Non sentirete più parlare dell’IMU!». «Il sistema bancario italiano è solido!». Sono due frasi dette con la massima sicurezza, diverso tempo fa, da persone che fanno parte della Classe dirigente italiana, quella che ci governa. A tutti non sarà sfuggito che l’IMU c’è ancora e che il solido sistema bancario italiano ha mandato recentemente sul lastrico numerose famiglie italiane. Ma non entriamo nei dettagli delle due faccende, anche se ci sarebbe da dire tanto. Restiamo al fatto che quelle frasi sono state dette da persone importanti, che comandano. Delle due l’una: o sono ignoranti, o sono furfanti. Cioè: o non sanno bene ciò che devono sapere per l’alto ruolo che ricoprono o lo sanno bene, ma non dicono ciò che dovrebbero dire ai cittadini, per motivi che non ci sembrano nell'interesse dei cittadini. In entrambi i casi la situazione è spiacevole e immediata nasce una domanda: ma come ci possiamo fidare di loro? E fino a quando dobbiamo tollerare uno Stato che spesso si rivela nemico dei cittadini? Fino a quando la politica coprirà tutti gli ambiti in Italia? I dotti dicono che questa è la Classe dirigente che il popolo italiano si merita (dicendo così pensano che ora tutto sia a posto). Io ho sempre diffidato da chi dice queste cose, perché mi sembrano idiozie, che non fanno altro che permettere il mantenimento di questo pessimo stato di cose. Come dire per esempio che il malato di tumore al cervello merita in qualche modo quella brutta malattia perché non ha amato i cani, non ha rispettato gli orari o ha gettato in terra le cartacce. Anche se è stato sempre un cretino, il malato ha pur sempre il diritto di essere curato da gente capace, almeno per il fatto che le tasse le ha pagate. Sarebbe meglio dire allora che è questa politica che non merita l'Italia e deve andare via. In Italia c’è tanta gente brava, tante persone che si danno da fare, che creano lavoro, del bene e delle opere, ma non si capisce perché questa spesso venga fatta rimanere a casa. Ricordiamoci anche che democrazia significa che c’è un patto tra cittadini e governanti. Chi comanda non ha una nomina divina, dall’Alto, assoluta e intangibile, ma una nomina popolare, dal basso. I cittadini accettano il fatto di rispettare le leggi, di pagare le tasse e subire le conseguenze in caso di violazione del patto. Chi governa ha preso l’obbligo di tutelare, aiutare, difendere, amministrare i cittadini, bene e solo per il loro bene, a fronte—giustamente—di numerosi privilegi e denaro. Allora chi è che non rispetta i patti fra il cittadino e i governanti? 
Il Pio

Che sarebbe la vita senza la fede?


...Certo la Fede è l'unica àncora di salvezza e ad essa bisogna aggrapparsi fortemente: senza di essa che sarebbe tutta la nostra vita? Nulla.


Torino, 29 gennaio 1925. - « Dura è la lotta, ma pur bisogna cercare di vincere e ritrovare la nostra piccola via di Damasco per poter marciare in essa verso quella Meta a cui tutti dobbiamo arrivare. Ancora un piccolo sforzo e poi anch'io avrò conseguito il tanto sospirato diploma, ma dopo tutto v'è un problema assai più arduo da risolvere su cui tutta la nostra responsabilità pesa gravemente. Saprò io risolvere questo grave problema? Avrò io la forza di arrivare? Certo la Fede è l'unica àncora di salvezza e ad essa bisogna aggrapparsi fortemente: senza di essa che sarebbe tutta la nostra vita? Nulla, o meglio sarebbe spesa inutilmente perché nel mondo v'è solo dolore e il dolore senza Fede è insopportabile, mentre il dolore alimentato dalla piccola fiaccola della Fede diventa cosa bella perché tempra l'animo alle lotte. Oggi nella lotta non posso che ringraziare Iddio che ha voluto nella sua Infinita Misericordia concedere al mio cuore questo dolore affinché attraverso le ardue spine io ritornassi ad una vita più interiore, più spirituale. Io ero fino a quest'età vissuto troppo materialmente ed ora bisogna che ritempri lo spirito per le future lotte perché d'ora innanzi ogni giorno, ogni ora, sarà una nuova battaglia da combattere e una nuova vittoria da conquistare. In me si dovrebbe avverare un capovolgimento spirituale ».

(Luciana Frassati, Lettere di Pier Giorgio Frassati, Ed. Queriniana)

Perché non dovremmo accettare il male da Dio?

"Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò.
Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!"



(…) Allora Giobbe [dopo che ebbe improvvisamente perso tutto] si alzò e si stracciò le vesti, si rase il capo, cadde a terra, si prostrò e disse: "Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò. 
Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!".

(…) Allora sua moglie disse: "Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!". Ma egli le rispose: "Come parlerebbe una stolta tu hai parlato! Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?".
In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra.


(La Sacra Bibbia, Ed. Cei, Libro di Giobbe, 1,21 – 2,10)

La Chiesa soffre, ma è indistruttibile


La Chiesa soffre perché perseguitata dall’esterno e tradita dall’interno e per questo “ha bisogno di apostoli che, vivendo l’Eucaristia col cuore, compiano opere grandi”.



Mi ha colpito particolarmente questa lettera di Padre Livio Fanzaga di Radio Maria. Ve la giro immediatamente. Buona lettura. 
Il Pio



« Cari amici, Nel messaggio del 2 dicembre la Regina della Pace ci rivela il mistero della Chiesa, comunione fra il Cielo e la terra, realizzata dall’amore che Gesù ci dona attraverso il cuore di Maria: “Gesù cerca la comunione tra il Cielo e la terra, tra il Padre Celeste e voi, miei figli, la sua Chiesa”. Dobbiamo sentirci partecipi di questo mistero d’amore e perciò pregare molto ed amare la Chiesa a cui apparteniamo perché in questo momento sta soffrendo: “Ora la Chiesa soffre ed ha bisogno di apostoli che, amando la comunione, testimoniando e dando, mostrino le vie di Dio”.
La Chiesa soffre perché perseguitata dall’esterno e tradita dall’interno e per questo “ha bisogno di apostoli che, vivendo l’Eucaristia col cuore, compiano opere grandi”.  La Madonna ci assicura che la Chiesa è indistruttibile perché in essa è presente Cristo. Per questo ci invita a non avere paura: “Figli miei, la Chiesa è stata perseguitata e tradita fin dai suoi inizi, ma è cresciuta di giorno in giorno. È indistruttibile, perché mio Figlio le ha dato un cuore: l’Eucaristia”La Madonna ci chiama ad aiutare la Chiesa con la preghiera, l’offerta della sofferenza, l’amore che si prodiga e la testimonianza senza timore. In particolare ci dice: “Pregate per i vostri pastori, affinché abbiano la forza e l’amore per essere dei ponti di salvezza. Vi ringrazio!” Vostro Padre Livio»

(dalla Newsletter di Radio Maria del 3/12/2015 - http://www.radiomaria.it/) 

Un "Centro commerciale" cristiano...


Così dovrebbe essere lo spirito cristiano: un cuore portato a creare opere buone nella realtà, a rischiare per allargare il regno di Gesù, per contribuire a farlo più bello.



Stavo mangiando in un Centro commerciale… Fare pranzo qui non è il massimo dell’allegria, per me: gente che passa con i sacchetti, che telefona, che scrive sul pc, che parla, a gruppi, singoli, musica di sottofondo continua, avvisi e pubblicità, luci, insegne, sempre fretta inconscia per tutti… non è proprio rilassante mangiare qui, soprattutto dopo il lavoro, ma spesso non ho alternativa. Io sarei per il pranzo da monaco di clausura, in luoghi medievali, nel silenzio, al massimo con la lettura di brani sacri… Ma dicevo del Centro commerciale. Certo la prima impressione ideologizzata che viene alla mente è quella di pensare all’opulenza, al capitalismo, tutto in negativo… Mi ricordo però che qui—per anni annorum—non c’era nulla solamente dieci anni fa, solo una strada di scorrimento, anonima, desolata, campi abbandonati da anni, con qualche cartello. Ora c’è vita ogni giorno, sono molti quelli che vengono qui, è un luogo di riferimento. Prima non c’era nulla. Qualcuno l’ha fatto: ha rischiato il proprio capitale per costruire un Centro commerciale che poteva essere un flop. Molti ora ci lavorano e sostengono così la propria famiglia. Certo l’imprenditore si è arricchito, ma rischiando del proprio (non come gli enti pubblici che rischiano sempre e solo—e male—il capitale dei cittadini e nemmeno il proprio posto di lavoro). E grazie a quel rischio molti qui hanno un lavoro, molti hanno un luogo dove andare,… e io posso pranzare dopo il lavoro. La mia intenzione non è quella di fare qui un’apologia al capitalismo selvaggio. Ma solo comunicare un pensiero che mi ha colto ieri mentre trangugiavo il mio panino al prosciutto: l’imprenditore non è sempre un personaggio negativo, lui rischia, investe, e crea qualcosa di cui beneficiano in qualche modo anche molti altri (spesso, non sempre). Così dovrebbe essere lo spirito cristiano: un cuore portato a creare opere buone nella realtà, a rischiare per allargare il regno di Gesù, per contribuire a farlo più bello. Spirito che si sta spegnendo per via di un borghesismo dilagante che—come un virus in espansione—si sta diffondendo sempre di più facendo imputridire i cuori di molti cristiani. L’antidoto? Recitare il rosario ogni giorno, voler bene a Gesù e alla Madonna, frequentare i sacramenti, leggere la vita dei santi e paragonare la nostra con quella, seguire persone sane (se si trovano)... Piano piano il cuore tornerà a essere limpido e buono e ci insisterà ogni giorno a farci compiere opere buone, minuscole, piccole e grandi. Poi ci sembrerà normale e quotidiano il caritas Christi urget nos che diceva il Cottolengo. Pensate se molti avessero tutto questo nel cuore, come sarebbe bella l’Italia, come sarebbe bella la vita… Il cuore nostro contorto e influenzato invece ci fa desiderare lo sterco bene impacchettato. Il brutto è anche che tutto il mondo ci predica il contrario e ciò che sarebbe facile, diventa un’impresa immensa con un «no, grazie» finale. Però pensiamoci. Basterebbe poco. E tutto sarebbe più…

Il Pio

Idiozia.

  C’è un Potere immondo che mette tutti noi sotto una cappa tenebrosa, triste e cattiva. Ci dice come dobbiamo parlare, cosa dobbiamo deside...