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Perdere tempo


«Nell’ora della morte ti rincrescerà d’aver perduto tanto tempo, senza alcun vantaggio dell’anima tua». 

(san Giovanni Bosco, MB VI,442)

Sedicente



Sedicente, secondo il vocabolario Treccani, significa principalmente «che dice sé stesso», ma anche «che dice di essere, che si spaccia per qualcuno, che si attribuisce cioè titoli, generalità, qualifiche, qualità che non sono o che si sospettano non essere rispondenti a quelle reali». Nel 1978 facevo il 4^ ginnasio, e all’indomani del brutale omicidio di Aldo Moro, notissimo uomo politico di quel periodo, eseguito dalle Brigate Rosse dopo averlo tenuto molti giorni in prigionia in un appartamento romano (il fatto colpì moltissimo tutti gli italiani), la professoressa (di sinistra) ci fece fare un tema sull’argomento. Ma le Brigate Rosse in effetti esistevano già dal 1970; questa era un’organizzazione terroristica di estrema sinistra, nata per sviluppare la lotta armata per il comunismo. Gente spietata e senza Dio che al posto del cuore avevano probabilmente la falce e il martello. Più o meno. Prima di uccidere Aldo Moro avevano collezionato una lunga serie di omicidi, gambizzazioni, ferimenti, sequestri,… Gran parte della stampa e la televisione quando doveva far sapere che era avvenuto, ad esempio, un omicidio o un sequestro da parte di questi feroci rivoluzionari, sottolineava sempre che a eseguirlo era stato il “sedicente” gruppo terroristico Brigate Rosse. «Oggi un sedicente gruppo di Brigate Rosse ha ucciso…», «ieri un sedicente gruppo di Brigate Rosse ha sequestrato, ha gambizzato, ferito…». Considerate che negli anni settanta il partito comunista era fortissimo, potentissimo e era anche molto temuto.  E rosso (come quello delle Brigate) era il colore del partito comunista. Moltissimi di quelli che scrivevano sui giornali o parlavano dalla tv, gli intellettualoni che pontificavano dai giornaloni, erano con tutte le idee spostate a sinistra e straconvinti che il marxismo era alle porte. Molta gente comune poi, aveva in tasca il Libretto rosso dei pensieri di Mao (spietato dittatore comunista della Cina di quel periodo) e il nome di Mao veniva scritto a caratteri cubitali su tanti muri. Tanto per inquadrare il periodo. E così “sedicente” oggi e “sedicente” domani, arriviamo al 1978 e al mio tema di italiano. Io avevo sempre pensato, dal contesto delle frasi che venivano dette, che “sedicente” significasse “segreto”, “terroristico” comunque qualcosa di analogo e vicino alla parola criminale. Così inizio a scrivere spiegando che un sedicente gruppo di Brigate Rosse aveva ammazzato l’onorevole… Poi mi viene il dubbio e vado a leggere sul vocabolario il significato di quel termine e, conosciutolo, lì per lì non capisco il motivo del larghissimo uso che era stato fatto in tutti quegli anni. Perché, infatti, ripetere allo sfinimento che i terroristi dicevano di sé stessi di essere delle Brigate Rosse, ma che forse si erano appropriati di titoli senza averli? Era più importante sottolineare sempre questo trascurabile particolare o invece rimarcare che erano spietati assassini foderati di un’ideologia cattiva, perché l’ideologia si vede dai frutti? La cosa mi era incomprensibile. Non capivo e dunque non ho scritto sul tema quella parola. E ora veniamo ai giorni d’oggi e al motivo di tanti ricordi e perché mi sono riaffiorati alla mente fatti avvenuti quasi quarant’anni fa. Quella parola, ”sedicente”, l’ho sentita nuovamente proprio sui giornali e in TV dove l’avevo sentita negli anni settanta. Ma oggi viene associata all’Isis, e così spiegano tutti con premura che si tratta del sedicente Stato islamico. E questo non mi lascia tranquillo.

Il Pio

La regola.


Cattoborghesismo: molta forma e frasi belle, ma poca sostanza. Cattolicesimo a orari sindacali e suddivisione della vita in molti settori impermeabili: fede, lavoro, famiglia, amicizia, svago, proprio dove vita è e deve essere una faccenda unica e indivisibile


In questo periodo spesso si sente la frase “anno nuovo, vita nuova!”. Se ci si pensa un attimo questo è un augurio bellissimo e carico di significato. Che bello se potessimo cambiare sempre in meglio la nostra vita, fino all’ultimo istante: ogni anno, ogni giorno, migliorare e avvicinarsi sempre più alla santità che è il motivo per cui tutti siamo stati creati. Purtroppo il più delle volte quella frase stupenda è buttata là senza pensarci: un po’ per tradizione, un po’ per scaramanzia... Come quando ci si incontra per strada e uno ti dice di fretta “come va, tutto bene?” e l’altro “sì, e tu?”, “pure” e ci si saluta e ognuno va per la sua strada. E magari dentro a entrambi c’è un macigno che da soli non si riesce a spostare e che non si riesce nemmeno a dire, perché c’è sempre fretta e non si può perdere tempo e poi ognuno sa in cuor suo che all’uno nulla interessa dell’altro. E’ la regola. E poi parlare di se stessi, di quello che ci capita, di quello che viviamo davvero, è considerata una debolezza che nessuno deve sapere. Anche questa è la regola. Una frase, quella, che allora si dice in automatico, senza speranza e senza amicizia. Il mio amico nigeriano invece che incontro il sabato davanti al bar (e che per sua fortuna non è ancora completamente immerso nel nostro modo di fare), mi ha risposto un giorno che era triste perché gli era morta la mamma quella notte e non poteva andare a casa per l’ultimo saluto. Che le voleva molto bene e che l’aveva sentita proprio un giorno prima che si ammalasse e poi morisse all’improvviso. Io sono rimasto un po’ con lui e gli ho chiesto se potevo fare qualcosa. Ha stretto le spalle e mi ha fatto un sorriso. Le volte successive mi ha aggiornato sulla situazione.
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Noi invece viviamo come se fossimo tutti soli. Anche se conosciamo centinaia di persone o siamo in mezzo a centinaia di persone. Ci conosciamo magari da anni, ma spesso non vogliamo né dire di noi, né ascoltare gli altri. Parliamo di tutto, ma mai della nostra vita. Abbiamo poi il nostro “orticello” entro cui vogliamo stare e spesso entro cui ci vogliamo chiudere e qui nessuno ci deve disturbare. Anche questa è la regola… Ma nessuno ci ha garantito che tutte queste siano regole valide.
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Questo modo di vivere anzidetto è frutto di un’ideologia oggi molto forte: il borghesismo il cui ideale più alto altro non è che quello di avere una vita tranquilla, possibilmente col posto fisso, al riparo da ogni pericolo, in cui il concetto di dolore e morte non devono entrare. Dal borghesismo poi deriva direttamente il cattoborghesismo, che accanto al cattocomunismo hanno fatto e continuano a fare danni enormi. Cattoborghesismo: molta forma e frasi belle, ma poca sostanza. Cattolicesimo a orari sindacali e suddivisione della vita in molti settori impermeabili: fede, lavoro, famiglia, amicizia, svago, proprio dove vita è e deve essere una faccenda unica e indivisibile. Vita e fede, soprattutto, un tutt’uno, contro le “vite parallele” moderne che ogni giorno viviamo. Le nostre vite parallele sono però il frutto di una menzogna, cioè che è possibile mettere d’accordo più cose tra loro completamente distanti e diverse: fede, vita, moda, ideali e mentalità moderni… Però fede cattolica e borghesismo non vanno affatto d’accordo. Perché questa non porta in Paradiso. E’ la regola.
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Anno nuovo, vita nuova, dunque. Prendiamo sul serio questa frase, come fa il mio amico nigeriano. Stacchiamoci allora dalle ossa la crosta del borghesismo e viviamo come esseri umani, cerchiamo di essere amici gli uni degli altri e non cadiamo nella menzogna delle vite parallele, ma fede e vita sia sempre per ciascuno di noi un tutt’uno inscindibile. E’ questo sicuramente un programma immenso per noi. Ma con un po’ di buona volontà, con l’aiuto degli amici veri e con l’aiuto di Nostro Signore (che se glielo chiediamo ce lo dà) la cosa si può raggiungere. E’ la regola. E questa mi sembra proprio una buona regola.

Il Pio

«Ci condannano per il nostro attaccamento alla fede».

  Di seguito vi metto un po’ di brevi stralci dagli scritti di Georges Bernanos (Parigi, 20 febbraio 1888 – Neuilly-sur-Seine, 5 luglio 1948...