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Con lo sguardo triste. Pier Giorgio Frassati.


Quando da ragazzo sentivo parlare di santità
era come immaginarsi qualcosa di lontanissimo. Sui quadri vedevo solo martiri, gente che soffre, preti e suore, che guardano sempre verso l’alto e soprattutto con lo sguardo triste, per cui da bambino dicevo in cuor mio «no, grazie! Non è per me». Essa dunque, non mi ha mai attratto, anzi: non me ne importava proprio nulla, anzi: era qualcosa che con me non aveva nulla a che spartire. Me l’ero così tolta dalla testa anche come remotissima possibilità. In effetti però, nessuno mi aveva mai parlato bene di essa e nemmeno male. Nessuno me l’ha mai spiegata per come essa è, anche facendomi conoscere tantissimi campioni di essa. Nessuno—soprattutto—me ne aveva parlato proprio; eppure il fine ultimo dell’esistenza dell’uomo è proprio la santità. Dovranno passare oltre venti anni per far accadere una letterale rivoluzione copernicana dentro la mia piccola testa. E fu quando conobbi Pier Giorgio Frassati. Il caso se volete. Ma il caso spesso porta su buone strade. E tante volte il caso è effettivamente il Caso. Di qui la conoscenza di un “santo normale”, cioè uguale (verosimilmente uguale) a me. Non ha fatto miracoli in vita, un laico, non ha fondato Ordini o Congregazioni…, sempre contento, ha vissuto la vita normalmente, quella di un giovane normale, ma con una marcia in più: la fede; questa ha fatto di Pier Giorgio il beato Pier Giorgio Frassati che tutti conosciamo. All’Università con gli studenti, a spingere il carretto, le parole alla tabaccaia, le visite ai poveri, il suo tosto “no, sono rimasto cattolico” all'amico detto uscendo di corsa… sono fatti che tutti possiamo fare. “Abituati a un’immagine della santità che s’identifica con una vita calata nello straordinario, siamo sempre alla ricerca del sensazionale nella vita dei santi, rischiando di allontanarli definitivamente dalla nostra esistenza e di considerarli esseri di un altro pianeta o quasi... Ora la vita di un santo è «eccezionale» e straordinaria soltanto nella sua appartenenza a Cristo e nella profonda esperienza del proprio limite e della propria dipendenza da Lui (scrive don Primo Soldi in Pier Giorgio Frassati, l’Amico degli ultimi, Elledici, pagg. 51-52)”. E ancora “Il santo è colui che più acutamente e drammaticamente ha coscienza della propria miseria e di conseguenza cerca in Cristo la grazia del perdono”. E Pier Giorgio conferma: «La fede datami dal Battesimo mi suggerisce con voce sicura: “Da te solo non farai nulla, ma se Dio avrai per centro di ogni tua azione allora arriverai fino alla fine”». Pertanto non è vero che i santi hanno “lo sguardo triste”, guardano verso Dio nei cieli e questo li completa e li fa essere uomini veri. Lieti anche nella sofferenza. Ma si può vivere così, con quella marcia in più che è la fede cioè, qualcosa che possiamo chiedere a Chi può darci tutto.


Il Pio

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