
La prima immagine chiara che ho avuto dello Stato
è avvenuta quando avevo diciannove anni. All’Università. Prima lo Stato era per
me qualcosa di lontano, ma di profondamente serio. Qualcosa di Alto, di cui mi potevo fidare e che
potevo servire con onore, come i genitori e la mia maestra. Esame di diritto privato, uno tra i più difficili
del primo anno di Giurisprudenza, con un’altissima percentuale di bocciati. Tensione
alle stelle tra gli studenti; e ovviamente altissimo disinteresse e noia dei
docenti, sempre ritardatari, verso quei borghesucci che si permettevano di disturbarli coi loro
esamucci. A un certo punto, in aula, durante l’esame, tra centinaia di persone, il
luminare si accende una sigaretta, seguito poi, piano piano, dai suoi devoti scagnozzi
(ovviamente tutti loro erano seduti sotto il grande cartello “vietato fumare”).
(Allora non c’era ancora la legge sul divieto di fumo come oggi). Qualche
studente allora si sentì legittimato a accendersi pure lui la sigaretta, dopo
aver esitato un po’ per via del rispetto a quanto indicato nel cartello, del
fatto che quella fosse pur sempre un' aula Universitaria della Repubblica (e del fatto che, lui, era pur sempre
uno studente di diritto!) .
Allora il luminare interrompe l’interrogazione, e,
con la sigaretta in mano accesa, urla: “oh! Guardate che qui è vietato fumare!
Se tutti fumano qui si trasforma in una camera a gas”. Riprende poi
l’interrogazione e a fumare. E i suoi scagnozzi, senza nemmeno degnarsi di alzare la testa, senza nemmeno
porsi il dubbio o notare il controsenso di una tale dichiarazione fatta dal loro capo, da buoni
servi, pure.
E io, giovanissimo borghesuccio, fresco studentello universitario,
mi sono detto “ecco: questo è lo Stato!”. “Ecco io sto preparandomi per sostenere proprio questo
Stato, i suoi funzionari (come questi qua davanti) e le sue leggi”.
La sorte non mi ha fatto divenire un anarchico insurrezionalista e no-qualcosa,
ma mi ha fatto laureare. Sempre però con la consapevolezza e la ferma convinzione
che chi non rispetta i patti e le leggi, tra i cittadini e lo Stato, spesso è
il secondo.
La prima immagine chiara che ho avuto della
Chiesa è avvenuta quando avevo quattro anni. Ero a messa al Santuario di Rho (Milano),
dove allora abitavo e mia madre mi diede come sempre, una moneta per le
offerte. La suora che le raccoglieva era però già passata e stava andando piano
piano in sagrestia. Io le corsi dietro e con la manina le bussai sulla schiena
(probabilmente era sul sedere perché ero piccolino). Era una vecchietta un po’
curva e la zona era semibuia. Si girò verso di me. Con uno sguardo dolcissimo
mi fece subito una carezza e, piegandosi verso di me, mi chiese con una voce
buona “cosa c’è?”. Io restai a bocca aperta per un po’, mi aveva sconvolto
quella dolcezza mai vista prima: lei non mi conosceva minimamente.
Allungai la manina con
la moneta senza dire nulla. Lei la prese e con un sorriso mi disse “grazie” e
senza dire altro, dopo un’altra carezza, si girò e piano piano andò verso la sagrestia.
Quell’incontro e quella dolcezza mi scaldarono il cuore.
La vita è andata avanti. Con gli anni l’immagine
dello Stato non è mai mutata. Niente e nessuno fino a oggi mi hanno fatto mai
modificare il giudizio che mi era venuto spontaneamente all’esame di diritto
privato. L’arroganza del potere è sempre la stessa, il servilismo dei
sottoposti in attesa di fare carriera, è rimasto tale, il disinteresse e la noia
verso il popolo sono uguali, ora come allora. Non è cambiato niente. Forse peggiorato.
L’altra
immagine mi è invece un po’ cambiata. Fortunatamente sono tra quelli della mia
età che sono rimasti ancora cristiani (non per meriti, ma per grazia).
Suore tanto buone ci sono ancora, grazie a Dio.
Vedo invece tanta confusione tra le fila del popolo cristiano. Poca fermezza. Poca
conoscenza della nostra bella fede. Pochissima fedeltà alla tradizione. Pare quasi che siamo nati solo cinquant'anni fa e non invece duemila. Poca fiducia e tanti dubbi, spesso infondati. E pure la voglia, purtroppo anche a alto livello,
di adeguarsi a tutti i dogmi del mondo, una voglia peraltro inspiegabile (eppure dovremmo percepire la puzza... di zolfo). E dunque: non c'è più il desiderio di lottare per far
conoscere Gesù al mondo, per conservare la fede e salvare la propria anima, ma
per la raccolta della carta, l’inquinamento e i diritti ai gay. Un "restiamo qui dentro, ma senza farci troppo vedere e disturbare gli altri". Ma una suora
buona ti scalda il cuore e ti fa almeno pensare di vivere bene e da cristiano; questo
cristianesimo nuovo e progressista ti fa essere in linea con tutti gli altri,
dunque giusto e moderno, non ti crea problemi di relazione col mondo, ma non ti lascia nulla nel cuore (forse solo rabbia), comunque nulla di buono. E forse nemmeno ti salva...