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« Perché non potrei essere come san Francesco? »
Oggi vi racconto
la storia (e sottolineo “storia”, cioè un fatto, un accadimento, non una favola
e dunque se è avvenuto può avvenire ancora) di Sant’Ignazio di Loyola. Nacque
ad Azpeitia un paese basco, nell’estate del 1491, i genitori appartenevano al
casato dei Loyola, uno dei più potenti della provincia di Guipúzcoa, che possedevano
una fortezza padronale con vasti campi, prati e ferriere. Ben presto dimostrò
di preferire la vita del cavaliere. Era di temperamento focoso, corteggiava le dame,
si divertiva come i cavalieri dell’epoca. Si trovò a combattere varie volte,
fra cui nell’assedio del castello di Pamplona ad opera dei francesi; era il 20
maggio 1521, quando una palla di cannone degli assedianti lo ferì ad una gamba.
Trasportato nella sua casa di Loyola, subì due dolorose operazioni alla gamba,
che comunque rimase più corta dell’altra, costringendolo a zoppicare per tutta
la vita. Ma il Signore stava operando
nel plasmare l’anima di quell’irrequieto giovane; durante la lunga convalescenza,
non trovando in casa libri cavallereschi e poemi a lui graditi, prese a
leggere, prima svogliatamente e poi con attenzione, due libri ingialliti
fornitagli dalla cognata. Si trattava della “Vita di Cristo” di Lodolfo Cartusiano
e la “Leggenda Aurea” (vita di santi) di Jacopo da Varagine (1230-1298), dalla meditazione di queste
letture, si convinse che l’unico vero Signore al quale si poteva dedicare la
fedeltà di cavaliere era Gesù stesso. La lettura della Passione del Signore
l’aveva commosso, mentre la lettura delle imprese dei santi lo avevano entusiasmato.
Cominciò a chiedersi: "Perché non potrei fare anch’io quello
che hanno fatto per il Signore uomini santi come Francesco d’Assisi e Domenico
di Guzman?". La Grazia lo aveva finalmente raggiunto, ma le vanità
terrene lo attiravano dalla loro parte. Fu un duro combattimento, il suo. Alla
fine si raccomandò alla Vergine e, liberato dall’oppressione della carne, si
arrese completamente a Dio. Alla vigilia della festa dell’Annunciazione, trascorre tutta la notte in
preghiera in una “veglia d’armi” al termine della quale depone la sua spada e
il pugnale all’altare della Madonna. Regala gli abiti di cavaliere ad un povero
e si veste da pellegrino, acquista un tessuto molto ruvido che si usava per
fare i sacchi e con quello si fa cucire una veste lunga fino ai piedi, poi
prende un bastone da pellegrino e una borraccia. Per iniziare questa sua conversione di vita, decise appena ristabilito,
di andare pellegrino a Gerusalemme dove era certo, sarebbe stato illuminato sul
suo futuro; partì nel febbraio 1522 da Loyola diretto a Barcellona, fermandosi
all’abbazia benedettina di Monserrat dove fece una confessione generale, si
spogliò degli abiti cavallereschi vestendo quelli di un povero e fece il primo
passo verso una vita religiosa con il voto di castità perpetua. Un’epidemia di
peste gl’impedì di raggiungere Barcellona che ne era colpita, per cui si fermò
nella cittadina di Manresa e per più di un anno condusse vita di preghiera e di
penitenza; fu qui che vivendo poveramente presso il fiume Cardoner “ricevé una
grande illuminazione”, sulla possibilità di fondare una Compagnia di consacrati
e che lo trasformò completamente. Nel 1534 con i primi compagni, i giovani
maestri Pietro Favre, Francesco Xavier, Lainez, Salmerón, Rodrigues, Bobadilla,
fecero voto nella Cappella di Montmartre di vivere in povertà e castità, era il
15 agosto, inoltre promisero di recarsi a Gerusalemme e se ciò non fosse stato
possibile, si sarebbero messi a disposizione del papa, che avrebbe deciso il
loro genere di vita apostolica e il luogo dove esercitarla. A causa della
guerra fra Venezia e i Turchi, il viaggio in Terrasanta sfumò, per cui si presentarono
dal papa Paolo III (1534-1549), il quale disse: “Perché desiderate tanto andare
a Gerusalemme? Per portare frutto nella Chiesa di Dio l’Italia è una buona
Gerusalemme”; e tre anni dopo si cominciò ad inviare in tutta Europa e poi in
Asia e altri Continenti, quelli che inizialmente furono chiamati “Preti
Pellegrini” o “Preti Riformati” in seguito chiamati Gesuiti. Il 31 luglio 1556
Ignazio di Loyola morì. Fu proclamato santo il 12 marzo 1622 da papa Gregorio
XV. La conversione di Ignazio è caratterizzata da cinque
tappe: a) una battaglia persa che lo segna con una grave ferita esteriore ed
interiore; b) due letture apparentemente innocue che lo “seducono” verso un
modo nuovo di spendere la vita; c) la convinzione che chi segue Cristo lo deve
fare in modo esclusivo; d) cercare il modo proprio per imitare Cristo nella
concretezza della sua storia; e) accorgersi che la conversione non è un colpo
di fulmine o la soluzione di un problema, ma è l’inizio di una nuova
responsabilità e di un lungo pellegrinare.
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