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Tempo relativo e vita eterna

Si dice normalmente che il tempo passa velocemente, ma non è vero. Quando ero bambino, la scuola prima e le estati poi, sembravano non finire mai, i giorni erano lunghissimi e tutto era un gioco e una scoperta. Poi al Liceo gli anni mi passavano, è vero, ma lentamente: quei 5 anni mi sono sembrati un’eternità; lo sviluppo, la barba, le prime cotte, gli studi classici, i discorsi profondi e le battute sagaci,… anche adesso mi sembra che essi siano stati più lunghi degli altri. Con l’Università il tempo ha preso una piega più veloce e la laurea è arrivata in un battito di ciglia. Con il lavoro il tempo è schizzato a velocità pazzesche e ora parlo degli anni ottanta come se fosse ieri (eppure sono passati da trent’anni!). Il tempo però non è veloce, casomai è relativo. Nel suo procedere a ritmi matematici, è relativo e passa veloce in proporzione all’età. Più si va avanti con gli anni e più essi (sembra che) passino veloci.

Ma il tempo è sempre lo stesso. E’ un orologio, è una misura, nient’altro: secondi, minuti, ore,… che non sgarrano mai di un secondo. Serve a poco giudicare il tempo. E’ più utile invece considerare che il punto non è il tempo che sia veloce, ma che noi ci avviciniamo al nostro “capolinea” (secondo una definizione atea della vita) o al nostro “destino” (secondo una visione più confacente alla fede che vorrei conservare per tutta la vita). Al capolinea infatti chiudi tutto e il viaggio è finito. Arrivare a destino invece è un’altra faccenda. Il destino è infatti la destinazione verso cui siamo tutti diretti, cioè l’arrivo, il “luogo” dove dobbiamo iniziare qualcosa di nuovo. Il cristiano sa che il cammino della vita, breve o lungo che sia, conduce a una destinazione, ha una destino appunto, non è un incedere inesorabile verso il nulla. La vita ha una destinazione: la vita eterna, o in Paradiso (magari passando temporaneamente in Purgatorio) o all’Inferno. Stiamo tutti, consapevoli o meno, andando verso il nostro destino. La velocità del tempo è dunque una sensazione su cui è inutile fermarsi a dare giudizi. E’ più vantaggioso invece considerare che stiamo procedendo, piano o velocemente, verso il nostro destino. E l’arrivo sarà in un luogo bello o brutto a seconda di come avremmo vissuto e della nostra fede (e pure —diciamolo senza timore— dell’ “imprevisto”, cioè di quanto avremmo accolto e richiesto la Grazia di Dio) .

La nostra cara fede ci insegna che non siamo nati per un caso e che la nostra vita ha un senso, un motivo. Come hanno un motivo la malattia, la sofferenza, la morte, proprio come la gioia, la salute, la vita… Tutto ha un senso.

La vita ha un senso e non è un correre casuale verso il nulla. Come fosse « un giorno dopo giorno, per andare dove? Tanto alla fine cala il sipario ». Si è vero che alla fine cala il sipario, ma dietro le quinte c’è la vita vera, la vita reale… che durerà un’eternità e in cui noi tutti saremo gli attori. Si vive male non pensando mai a dove si deve arrivare. Chi sa dove andare infatti, cammina sicuro, pensa a quali vie deve percorrere, si comporta in modo tale da potervi arrivare. Chi non lo sa, va o piano o di corsa, tanto non cambia, gira spesso a vuoto, perde tempo, si ferma,... non ha una mèta e la preoccupazione è dunque quella di far passare “bene” il tempo che è pur sempre un infamia. Ma esso è ciò che ci separa dal destino.  


Non so quando giungerò a destinazione, quando « scadrà l’affitto di questo corpo idiota » (usando le parole di una vecchia canzone di De Andrè). Spero solo che in quel giorno ci sarà Gesù a braccia aperte ad aprirmi la porta, insieme a tutti quelli che sono partiti prima di me e a tutti gli altri santi. La mia vita la voglio dirigere verso questo traguardo dove vorrei che fossero diretti anche tutte le persone che conosco e che ho incontrato. Prego spesso il Signore perché mi porti fino a Lui e prego anche che mi permetta di portarGli quanta più gente possibile.
Il Pio

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