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Primum vivere, deinde philosophari…


Prima di tutto si deve vivere e poi si può fare filosofia dice il titolo di questo post. Il fatto è che mi è piaciuta questa frase, ma forse potrebbe essere poco collegata a quello che ora riferirò, o forse sì se ci si pensa bene. Il mangiare bene (che è parte importante del vivere e non qualcosa che c'entra poco con la nostra vita) il mangiare bene—dicevo—è cosa cattolica. Infatti non è un puro caso che in Italia si mangia benissimo e in Inghilterra o negli USA assolutamente no (e qui davvero non mi potete tirare fuori in onore del politicamente corretto il concetto del de gustibus non est disputandum…). E questo non è per caso, dicevo. Scrive giustamente Vittorio Messori sull'argomento « … Léo Moulin, … diceva: «La gastronomia della Polonia cattolica è ottima. Quella della confinante Germania Orientale, luterana, è pessima. Come mai, visto che clima e materie prime sono uguali per polacchi e tedeschi? Ma ovunque nel mondo la cucina dei cattolici è migliore di quella dei protestanti ed è assai più importante nella loro vita. Quando mai si vede gente a tavola nei film western? Non c’è invece film italiano, francese, spagnolo o anche sudamericano che prima o poi non finisca in trattoria. Nei film anglosassoni non c’è che il “pub” o il “saloon”, la gente beve e non mangia, se non qualche volta carne e fagioli e barbarie del genere, ingollate in frettal. L’Inghilterra, l’America protestante ci hanno dato molte cose, ma non una gastronomia». Il cattolicesimo invece dove si è insediato l’ha data una buona gastronomia (Francia, Spagna…). Fa brutto vedere invece come ora proprio in Italia si sta passando a una cucina pagana, veloce, senza cuore, senza tovaglia e senza poesia. Brutto segno. «Non era Oscar Wilde a dire che l’inferno «è un posto dove il cuoco è un inglese»? Per Moulin, la spiegazione dell’enigma è «religiosa»: «Il fatto è che il protestantesimo ha compresso nell’uomo la “joie de vivre” (la gioia di vivere, ndr): il credente è solitario davanti a Dio, deve assumere tutta intera la responsabilità delle sue azioni, compresa quella dell’abbandono alla ‘concupiscenza’ peccaminosa del cibo. Il cattolico è più libero, è meno complessato, perché sa che, ad aiutarlo, c’è tutta una rete di mediazioni culturali ed ecclesiali. C’è, soprattutto, la confessione, con il suo perdono liberante. La tragedia del protestantesimo è che cala sull’uomo una cappa insopportabile. Dicendogli: ‘Salvarti è solo affar tuo, sbrigatela da solo con Dio’, l’uomo si schianta sotto il peso terribile, oppure è costretto a fingere, anche con se stesso, una virtù che non può praticare. Da qui la famosa ipocrisia». Mi verrebbe da dire a tutti quelli che si lamentano dei cattolici e dei preti, che devono pensare che quando si siedono a tavola per gustare una cenetta all’italiana, con una bella tovaglia profumata di fresco e fiori di campo al centro, hanno un debito verso quel cattolicesimo tanto odiato e maledetto. W la cucina italiana. W l'Italia. W la Chiesa Cattolica e i suoi due millenni di storia buona. (la citazione tra virgolette è tratta da Vittorio Messori, Pensare la storia, (Sugarco edizioni) anche in Religione in cucina, in https://paneefocolare.com/2017/08/28/vittorio-messori-religione-in-cucina/).

Il Pio

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