A casa in malattia, mi sono riletto un po’ di vicende del beato Pier Giorgio Frassati (1901 – 1925). Lui era un cattolico sincero e profondo e non c’è stato nessun giorno della sua breve vita—hanno scritto di lui—lontano da Gesù. Non ha realizzato nessuna opera straordinaria, ma straordinario è stato il suo quotidiano e dovunque passasse, lasciava la bella traccia di un giovane che voleva tanto bene a Gesù e che amava seguire alla lettera il Vangelo. Sto anche rileggendo per la miliardesima volta i racconti di “Don Camillo e Peppone” di Giovannino Guareschi (1908 – 1968), sono racconti che mi piacciono da morire: sono anni che li rileggo e non mi stanco mai. Certo, questi ultimi sono racconti di fantasia e quelle invece sono vicende veramente accadute. Quelle di Frassati avvengono perlopiù in Piemonte negli anni ‘20 del secolo scorso, quelli di don Camillo e Peppone nell’Emilia, più o meno, degli anni ’40 e ’50. Leggere queste vicende e questi racconti fa sempre bene al nostro cuore e invoglia a seguire Gesù. Comunque. Quello che ogni volta leggo tra queste righe è l’esistenza, in quei tempi non molto lontani dai nostri, di un popolo fortemente cristiano che oggi non vedo più (e questo mi intristisce il cuore). A un certo momento in Italia, improvvisamente, si è cancellato tutto il passato di fede e non è stato più tramandato ai giovani. Giovani che è vero dal ’68 in poi dovevano distruggere tutta la società, cambiare, rivoluzionare coi loro “vietato vietare” fino agli anni di piombo. Ma molti sacerdoti sono andati, loro, dietro ai giovani e è nata la confusione sulla base del drammatico concetto che la Chiesa deve aprirsi ai tempi nuovi. Tempi nuovi che dopo pochi anni diventano però inesorabilmente decrepiti. Infatti, come tutte le mode, il ’68 è finito e, abbandonato l’Eskimo, sono arrivati, negli anni ’80, i “paninari” in Monclear e Timberland e al posto degli Hippie sono arrivati gli Yuppies che però non avevano alcuna intenzione di faticare per cambiare il mondo. Poi finita la moda dei paninari è arrivata quella della movida, dei cellulari all’ultima moda (anche ai bambini di sei anni) e tutti in rete. Ma già era tutto fluido e così si va avanti fino a oggi. Si è anche cancellata la “poesia”—come la definiva Guareschi—della nostra bella fede. E non si è guadagnato nulla in cambio: anzi si è perso tutto. E tutto è divenuto insipido e così non piace a nessuno. Poi senti da anni le lamentele che i ragazzi non vanno a catechismo, che le famiglie non vanno a messa, che dopo la cresima scappano tutti,…: la soluzione è dunque annacquare sempre di più il brodo (come si continua a fare) oppure renderlo molto più consistente e salato, cioè come esso è veramente (come invece non si vuole fare per principio)? Le mezze misure sono belle, politicamente corrette, ma non attirano nessuno. L’uomo da sempre è attratto dalle cose assolute, ferme e dal coraggio. Quanta gente ancora si perderà? Quanta gente si perderà o non riceverà la fede? Ma soprattutto come faremo a riportare la fede in Italia? Con le nostre forze non ce la faremo di sicuro. Chiediamo al beato Pier Giorgio Frassati che tanto a cuore aveva la salvezza delle anime della gente che incontrava, senza alcun rispetto umano e che tanto bene voleva a Gesù, alla Madonna e alla Chiesa, di intercedere per noi perché il Signore abbia pietà e misericordia di noi e ridoni per Sua grazia una fede forte a tutto il nostro popolo.
Il Pio
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