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"L'uomo politico è un animale"


Anni fa, appassionato com'ero di fumetti a strisce, mi sono imbattuto in una in cui il protagonista diceva all’amico che, mentre stava parlando a un gruppo di politici, si era sbagliato e anzichè citare correttamente la frase di Aristotele “l’uomo è un animale politico” disse invece “l’uomo politico è un animale” dovendo poi scappare inseguito dagli stessi. Mi fece tanto ridere questa battuta. La cosa preoccupante però è che l’ "animalità" di costoro era nota anche millenni fa, ciò per dire che non è di oggi il problema dell'uomo politico come animale (e non nel senso che intendeva Aristotele, ma proprio nel senso moderno). Ad esempio Platone (nato a Atene il 428/427 a.C. e morto  nel 348/347 a.C.) scrisse nell’Apologia di Socrate (al cap. VI): “…Mi recai infatti presso uno di quelli che passavano per sapienti, sicuro di smentire l’oracolo e dimostrare così che quello era più sapiente di me. Esaminai per tanto a fondo il mio personaggio (è inutile che ve ne dica il nome: era un uomo politico) ed ecco l’impressione che ne ricavai: mi parve che quest’uomo apparisse sapiente a molti, e soprattutto a se stesso, ma che in realtà non lo era affatto; e cercai anche di dimostrarglielo. Naturalmente venni in odio a lui e a molti altri che erano con lui presenti". Cicerone (nato a Arpino il 3 gennaio 106 a.C. morto a Formia, 7 dicembre 43 a.C) scrisse: "il povero: lavora; il ricco: sfrutta il povero; il soldato: li difende tutti e due; il contribuente: paga per tutti e tre; il vagabondo: si riposa per tutti e quattro; l’ubriacone: beve per tutti e cinque; il banchiere: li imbroglia tutti e sei; l’avvocato [N.B. Cicerone faceva anche l’avvocato ndr]: li inganna tutti e sette; il medico: li accoppa tutti e otto; il becchino: li sotterra tutti e nove; il politico: campa alle spalle di tutti e dieci". Tutte queste frasi non fanno affatto ridere, perché sono vere, purtroppo verissime e le capiamo tutte in ogni loro più recondito significato. Significa anche che oltre duemila anni fa, importanti scrittori, filosofi e saggi (dunque non gente grossolana e facinorosa) peraltro ancora oggi famosi e studiati da intere generazioni, consideravano in quel modo l'uomo politico. Uguale a come oggi noi lo consideriamo. Come consideriamo nello stesso modo tutti quelli che lo seguono come cagnolini, sempre pronti a cambiare casacca e padrone, a costo di vendere la mamma e l'anima propria. Se l’uomo politico era così definito e considerato oltre duemila anni fa e nello stesso identico modo lo consideriamo oggi (e duemila anni non sono pochi davvero!) probabilmente lo sarà pure domani. Ne discende dunque che non ce la faremo mai e poi mai a liberarci di questa malefica genìa e dolorosa piaga, in nessun modo e con nessun mezzo, ci saranno sempre, in saecula sarculorum, fino al giorno dell'apocalisse a chiederci i voti per contrattare una buona poltrona in Paradiso. Se il Signore permette la loro esistenza, significa che ci devono stare nel mondo. Il brutto che anche i politici cattolici (quelli che dovrebbero avere nel loro cuore almeno un ideale più alto degli altri) spesso sono come gli altri, se non peggio perché  sono dotati di un pessimo e mieloso  moralismo buonista che non ha nulla a che fare col cristianesimo. Speriamo allora nel Signore e preghiamolo, perchè tenga la Sua mano sulla loro testa e non gli faccia fare danni eccessivi. Ma, purtroppo nessuno di loro Lo ascolta... e forse nemmeno noi.
Il Pio



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