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L'anima appesantita


«Occorre dunque premettere per quali cause il Signore ha dichiarato che l’anima si appesantisce. Egli infatti non ha indicato gli adulteri, non le fornicazioni, non gli omicidi, non le bestemmie, non le rapine, di cui nessuno ignora la colpevolezza mortale e la conseguente dannazione; Egli indicò invece la crapula, l’ubriachezza e le preoccupazioni, ossia le sollecitudini del mondo. Tali eccessi nessun uomo di questo mondo li evita e li giudica dannabili al punto che alcuni, mi vergogno a dirlo, che pur si reputano monaci, si lasciano implicare dagli stessi abusi, come se si trattasse di elementi innocui e perfino utili. E benché questi tre abusi, ora richiamati secondo il loro senso letterale, appesantiscano l’anima, la separino da Dio e l’abbassino fino a terra, tuttavia riesce facile evitarli specialmente da parte nostra, di noi, intendo, che ci siamo distaccati con una lunga distanza da ogni contatto con questo mondo e ci guardiamo bene, in ogni possibile occasione, dall’immischiarci con le preoccupazioni delle cose visibili, con le ebrietà e con le crapule. Esiste tuttavia una crapula d’altro genere e non meno nociva, e un’ebrietà spirituale assai difficilmente evitabile, come pure una preoccupazione e una sollecitudine mondana che assale frequentemente anche noi, nonostante la nostra rinuncia a tutti i nostri beni e l’astinenza dal vino e da tutti i banchetti, e la vita da noi condotta nella solitudine: è di noi che così dice il profeta: “Svegliatevi, voi che siete ubriachi, ma non per effetto del vino” (Gl 1,5: LXX). Ed ecco come parla un altro profeta: “Stupite e meravigliatevi; barcollate e vacillate; ubriacatevi, ma non di vino; barcollate, ma non per effetto di vivande inebrianti” (Is 29, 9). Ora il vino che produce quell’ubriachezza è necessariamente, secondo il profeta, “il furore dei dragoni» (Dt 32, 33: LXX), e allora osserva da quale radice esso proceda: “La loro vite è dal ceppo di Sodoma e i loro grappoli da Gomorra” (Dt 32, 32). Vuoi tu, per di più, conoscere il frutto di quella vite e il germe di quel tralcio? “La loro uva è uva di fiele, e i loro grappoli sono pieni di amarezza” (Dt 32, 32). E questo perché, se noi non saremo purificati e liberati dalle crapule di tutte le passioni, anche senza l’ebbrezza e l’abbondanza di tutte le mense, il nostro cuore continuerà ad essere aggravato da un’ebrezza e da una crapula ancora più dannosa. Infatti, che le preoccupazioni mondane possano talvolta sorprendere anche noi, che pur non ci immischiamo con la condotta del mondo, viene comprovato con ogni evidenza dalla regola degli anziani: essi hanno affermato che quanto eccede la necessità del vitto quotidiano appartiene alle preoccupazioni e alle sollecitudini secolari. Così, per esempio, nel caso che il lavoro compensato con un soldo, possa servire a coprire le necessità del nostro corpo, sarebbe male pretendere di occuparci in un lavoro e in una fatica più lunga allo scopo di assicurarci il guadagno di due o tre soldi. Così pure, se ci è sufficiente essere coperti con due tuniche, rispettivamente per il giorno e per la notte, noi faremo male a disporne di tre o di quattro; e ancora, se è sufficiente avere una o due celle, sarà male procurarne, indotti da ambizione e larghezza secolare, procurarne quattro o cinque e, in più, renderle tutte adorne e più larghe di quanto comporti l’uso comune. In tutti questi casi noi dimostriamo di nutrire, nei limiti del possibile, delle preferenze per la passione tutta propria delle voglie mondane».


(Le Conferenze spirituali di Giovanni Cassiano.Conferenza IX: L'Orazione- Prima parte)

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