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San Benedetto da Norcia e il quotidiano

S. Benedetto da Norcia dice che ogni cosa dovrebbe essere trattata con la stessa riverenza e cura che noi diamo ai vasi sacri dell’altare. Quando parla degli arnesi del monastero dice “se qualcuno avrà trattato gli arnesi del monastero senza cura della pulizia o con negligenza, venga ripreso, se non si correggerà, subisca la sanzione prevista dalla regola”. 



Per S. Benedetto la vita quotidiana è importante, non è una cosa secondaria da sottovalutare. Nel capitolo sul cellerario dice a quest’uomo che ogni bene del monastero lo consideri allo stesso modo dei vasi sacri dell’altare, nulla ritenga trascurabile. I vasi sacri dell’altare di solito sono di argento di oro, cose preziose che vengono tenute in un luogo speciale sotto chiave, mentre gli arnesi normali del monastero si trattano più casualmente, però S. Benedetto dice che ogni cosa dovrebbe essere trattata con la stessa riverenza e cura che noi diamo ai vasi sacri dell’altare. Quando parla degli arnesi del monastero dice “se qualcuno avrà trattato gli arnesi del monastero senza cura della pulizia o con negligenza, venga ripreso, se non si correggerà, subisca la sanzione prevista dalla regola”. S. Benedetto è molto severo in questo senso, chiedendo che ogni cosa del monastero venga trattata con grande cura. Ci sono due episodi che descrivono questo stesso atteggiamento. Il primo è il racconto del Goto e del falcetto, il goto di animo umile, ma incolto chiese di entrare in monastero, in nome di Dio Benedetto lo accolse molto volentieri. Un giorno il santo gli fece dare un arnese di ferro, una cosa molto costosa per l’epoca, non si poteva andare in ferramenta e comperarne uno nuovo, questo arnese era chiamato falcetto a motivo della sua somiglianza con la falce, e lo mandò a sgomberare dai rovi un pezzo di terra, che doveva poi essere coltivato a orto. Il terreno da dissodare si stendeva proprio sulla sponda del lago di Subiaco, goto si mise a lavorare di buona lena e cercava con tutte le sue forze di sradicare il fitto roveto. Ad un tratto il ferro si sfilò dal manico e cadde nel lago in un punto in cui l’acqua era tanto profonda da non lasciare speranza di poterlo recuperare. Tutto tremante per la perdita del falcetto il goto corse dal monaco Mauro, gli raccontò del suo incidente e fece soddisfazione per la sua colpa. Il monaco Mauro si fece premura di informare il servo di Dio Benedetto, questi, udito il fatto, subito si recò sul posto, prese dalla mano del goto il manico e lo immerse nell’acqua, all’istante il ferro risalì alla superficie e rientrò nel suo manico. Benedetto riconsegnò subito lo strumento al buon goto dicendo: “ecco, lavora e non ti rattristare”. Un racconto molto bello in cui S. Gregorio vuole fare il parallelo tra S. Benedetto e il profeta Eliseo, oppure Elia non ricordo bene, che ha fatto un miracolo simile, manifesta la sua premura per gli arnesi del monastero, un falcetto era una cosa importante, non da trascurare, quindi questo miracolo sottolinea l’importanza delle cose quotidiane del monastero. C’è un altro episodio che sottolinea il valore delle cose normali del monastero. Dopo aver lasciato Roma, lui era sempre seguito dalla sua nutrice in paese vicino Subiaco passando lì vari mesi, poi ha deciso di lasciare di nascosto la nutrice e si è ritirato a Subiaco. “Lasciati dunque gli studi e presa la decisione di ritirarsi in un luogo solitario lo seguì solo la sua nutrice che gli era intensamente affezionata. Giunsero in un paese chiamato Affine e si stabilirono presso la chiesa di S. Pietro, trattenuti dall’accogliente carità di molte buone persone. Un giorno la nutrice chiese in prestito alla vicina un vaso di coccio per mondare il frumento, avendolo lasciato in un angolo del tavolo sbadatamente in un attimo esso cadde e si spezzò in due. Quando la donna rientrò in casa e si accorse dell’accaduto, cominciò a piangere desolata, poiché le si era rotto proprio l’utensile avuto in prestito. Benedetto, giovane buono e sensibile qual era, vedendo la sua nutrice in pianto si mosse a compassione, prese le due parti del vaso spezzato e si ritirò in profonda preghiera accompagnata da gran quantità di lacrime. Quando si rialzò dalla sua orazione vide il vaso talmente intatto da non poter scorgere da esso la minima traccia di rottura. Consolò poi affettuosamente la sua nutrice e le consegnò l’utensile che aveva raccolto in pezzi”. Di nuovo un miracolo che però vorrei sottolineare era per consolare la nutrice, ma si trattava di una cosa della cucina, quindi S. Benedetto ha una grande attenzione per le cose materiali di ogni giorno. Come possiamo attualizzare questo aspetto del carisma di S. Benedetto, credo che possiamo trovare nuovo valore nell’ordinario, invece la nostra società cerca stimoli sempre più straordinari, come se la vita ordinaria era noiosa. Ma la vita ordinaria ha un valore sacramentale che dobbiamo recuperare, nel senso che le cose materiali indicano una realtà spirituale, quindi il mondo materiale ci comunica qualcosa di Dio. Dobbiamo recuperare questo aspetto della vita ordinaria.

(Stralci della conferenza di Padre Cassian Folsom, San Benedetto da Norcia, una vita che cambia il mondo 1 luglio 2014)

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