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«Ci condannano per il nostro attaccamento alla fede».

 


Di seguito vi metto un po’ di brevi stralci dagli scritti di Georges Bernanos (Parigi, 20 febbraio 1888 – Neuilly-sur-Seine, 5 luglio 1948) bravo scrittore cattolico francese. (Il Pio)

«Esiste una borghesia di sinistra e una borghesia di destra. Non c’è invece un popolo di sinistra e un popolo di destra, c’è un popolo solo. L’idea che io mi faccio del popolo non è per nulla ispirata da un sentimento democratico. La democrazia è un’invenzione degli intellettuali, mentre il popolo esige il lavoro, il pane, e un onore che gli sia affine, che assomigli al suo lavoro e al suo pane […]. La società moderna lascia distruggere lentamente, in fondo alla propria cantina, una meravigliosa creazione della natura e della storia […]: È il popolo che dà a ogni patria il suo carattere originale. […] Per gli immensi cimiteri di domani non occorrerà alcuna giustificazione. Appiccherebbero il fuoco all’umanità per un colpo di Borsa, senza curarsi un istante di sapere come spegnerlo. Nulla sanno dell’uomo che, tra loro, definiscono una macchina per perdere o guadagnare soldi».

«La grande disgrazia del mondo non è di mancare di Verità; le verità ci sono sempre, il mondo ne ha sempre lo stesso cumulo, disgraziatamente non sa più servirsene o, per meglio dire, egli non le vede. Non vede nemmeno le più semplici, quelle che lo salverebbero. Non sa vederle, perché ha chiuso davanti a loro non la sua ragione, ma il suo cuore».

«Udita la sentenza una delle suore, nella sua semplicità, chiederà: «Signor Giudice, per piacere, cosa vuol dire fanatismo?». E il giudice: «È la vostra sciocca appartenenza alla religione». «Oh sorelle – dice allora la suora – avete sentito ci condannano per il nostro attaccamento alla fede. Che felicità morire per Cristo Gesù».

«Una cristianità non si nutre di marmellata più di quanto se ne nutra un uomo. Il buon Dio non ha scritto che noi fossimo il miele della terra, ragazzo mio, ma il sale. Ora, il nostro povero mondo rassomiglia al vecchio padre Giobbe, pieno di piaghe e di ulcere, sul suo letame. Il sale, su una pelle a vivo, è una cosa che brucia. Ma le impedisce anche di marcire».

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