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Non aspettiamo Godot

«…Un punto di vista decisivo di quella storia più antica si ebbe quando uomini e donne si distolsero dal compito di puntellare l’imperium romano e smisero di identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale, con la conservazione di tale imperium. Il compito che invece si prefissero (speso senza rendersi conto pienamente di ciò che stavano facendo pienamente) fu la costruzione di nuove forme di comunità entro cui la vita morale potesse essere sostenuta, in modo che sia la civiltà sia la morale avessero la possibilità di sopravvivere all’epoca incipiente di barbarie e di oscurità. Se la mia interpretazione della situazione morale è esatta, dovremo concludere che da qualche tempo anche noi abbiamo raggiunto questo punto di svolta. Ciò che conta in questa fase è la costruzione di forme locali di comunità al cui interno la civiltà e la vita morale e intellettuale possano essere conservate attraverso i nuovi secoli oscuri che già incombono su di noi. E se la tradizione delle virtù è stata in grado di sopravvivere agli orrori dell’ultima età oscura, non siamo del tutto privi di fondamenti per la speranza. Questa volta però i Barbari non aspettano di là dalle frontiere: ci hanno già governato per parecchio tempo. Ed è la nostra inconsapevolezza di questo fatto a costituire parte delle nostre difficoltà. Stiamo aspettando: non Godot, ma un altro San Benedetto (da Norcia, ndr), senza dubbio molto diverso».
(Alasdair MacIntyre, Dopo la Virtù, Armando Editore, pag.314)

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