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Il denaro e il serpente velenoso


Passava una volta l'uomo di Dio con un compagno attraverso la Puglia e, presso Bari, s'imbatté sulla strada in una gran borsa, chiamata fonda dai commercianti, gonfia di monete. Il compagno richiama l'attenzione del Santo e con insistenza vorrebbe indurlo a prendere da terra la borsa, per darne il denaro ai poveri. Esalta la pietà per i poveri e loda l'opera di misericordia che si compirebbe elargendo quella somma. Il Santo si rifiuta assolutamente e afferma che è una astuzia del diavolo. «Non si deve, figlio,--dice--portare via ciò che è di altri. Donare la roba altrui non merita gloria, ma va punito perché è peccato». Si allontanano poi presi dalla fretta di terminare il viaggio iniziato. Ma il compagno, deluso nella sua pietà poco illuminata, non è contento e insiste nel proporre la trasgressione. Il Santo accetta di ritornare sul luogo, non per fare quanto il frate desidera, ma per mostrare a quello stolto il mistero di Dio. Chiama un giovane, che era seduto sull'orlo di un pozzo lungo la strada, affinché sulla parola di due o tre testimoni si manifesti il segreto della Trinità. E ritornati tutti e tre alla fonda, la vedono rigonfia di denaro.Il Santo ordina che nessuno si avvicini, per poter manifestare con la preghiera l'astuzia del demonio e, portatosi a un tiro di sasso, si immerge in devota preghiera. Poi ritornato ordina al compagno di sollevare la borsa, che in seguito al suo pregare racchiudeva un serpente in vece del denaro. Il frate trema sconcertato, e preso non so da quale presentimento, rivolge nell'animo pensieri ben diversi da prima. Ma infine, allontanando ogni dubbiosità del cuore per rispetto alla santa obbedienza, afferra la borsa. Ed ecco, un grosso serpente sguscia dalla borsa e rende palese al frate l'inganno diabolico. Concluse il Santo: «Il denaro, o fratello, per i servi di Dio non è altro che il diavolo ed un serpente velenoso».
(Da Le Fonti Francescane VITA SECONDA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI di Tommaso da Celano)

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