«Fratelli, la sacra Scrittura afferma categoricamente: «Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» (Lc 14,11). Queste parole ci dimostrano che ogni esaltazione denota una specie di superbia, da cui il Profeta ci tiene in guardia dicendo: «Signore, il mio cuore non si inorgoglisce e il mio sguardo non si leva in superbia, non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze» (Sal 130,1). Ecco, «se non nutro pensieri di umiltà, se il mio cuore s’inorgoglisce, mi tratterai come un bambino allontanato dal seno di sua madre» (Sal 130,2).
Fratelli, se vogliamo raggiungere la più alta vetta dell’umiltà e arrivare velocemente a quella gloria celeste, che si ottiene con l’umiltà della vita presente, dobbiamo innalzare con le nostre azioni la scala che apparve in sogno a Giacobbe e sulla quale gli angeli salivano e scendevano. Senza dubbio, il loro salire e scendere significa solo questo: con la superbia si scende, con l’umiltà si sale. Questa scala rappresenta la nostra vita quaggiù, che Dio, man mano che il nostro cuore si umilia, innalza verso il cielo. I lati di questa scala sono il nostro corpo e la nostra anima: tra di essi il Signore ha collocato diversi gradini di umiltà e di condotta spirituale, affinché possiamo salirli».
(San Benedetto Da Norcia, Regola, capitolo 7, Edizioni La Scala – Noci)
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