Anni
fa per andare in vacanza in montagna si passava davanti a un grande albergo
rosso. Si chiamava “Albergo Moderno”. Ogni volta che ci passavo davanti pensavo
a come finisce ogni modernità. Infatti, quel palazzone, era stato “moderno”,
perchè a vederlo, per quanto originariamente si fosse mostrato imponente nell’aspetto
e pretenzioso nelle intenzioni, risultava ora vecchio e decrepito, con
l’intonaco scolorito, le mura scrostate, le imposte chiuse con assi di legno; e
quell’insegna appariva quasi come una beffa. Le parole “moderno”, “attuale” condizionano
sempre i pensieri e gli ideali di tantissima gente, talvolta di intere
generazioni, che non riescono a intuire che se una cosa oggi è moderna e
affascinante, tra qualche anno sarà vecchia e sgradita. Caducità delle cose, si
diceva in passato. L’Albergo Moderno ma ormai cadente e chiuso da anni, è
l’evidenza che il tempo passa sempre e trascina tutto alla fine, dichiarando
inesorabilmente vecchi o defunti, persone, ideali, concetti e cose, se essi non
sono ancorati saldamente a dei punti fermi e veri. Solo le cose vere possono
reggere al tempo. Non si può infatti vivere bene seguendo riferimenti mobili e temporanei
e strade che finiscono nel vuoto.
Negli anni sessanta ad esempio, il famoso '68, l’ideale della modernità aveva portato in
molti la “certezza” che tutto doveva cambiare e che il passato era tutto da buttare.
Bob Dylan, famosissimo e bravissimo cantante americano, ad esempio, scrisse nel
1964 una canzone intitolata “The times they are a changin” cioè “i tempi stanno
cambiando”. Nella penultima strofa così cantava: “Venite madri e padri da
ogni parte del Paese e non criticate quello che non potete capire, i vostri
figli e le vostre figlie sono al dì la dei vostri comandi, la vostra vecchia
strada sta rapidamente invecchiando. Per favore andate via dalla nuova se non
potete dare una mano perché i tempi stanno cambiando”. Ci sono tutti i concetti
di fondo di quegli anni (“voi non capite”, “i giovani hanno capito”, “non dovete
criticare”, “vietato vietare”, “i giovani sono liberi e da lasciare liberi”, “no
alla vecchia strada”, “verranno tempi nuovi”...). Questa canzone fece un
successo enorme.
I
giovani in ogni epoca hanno criticato gli adulti e i genitori, ma si è sempre
andati avanti ugualmente, avendo il passato, la tradizione, la religione,
chiari dietro e il futuro, da capire stando sulle spalle di quelli di prima,
davanti. In quegli anni invece, probabilmente per la prima volta nella storia
del mondo, successe che gli adulti in massa si convinsero di essere in torto
completo, di aver sbagliato tutto, che tutto il passato era da distruggere e da
dimenticare e hanno seguito anche loro il mondo (moderno) e i tempi (che stavano
cambiando). E’ forse successo qualcosa di simile anche nella Chiesa: per molti,
oggi, tutto è iniziato solo dal Concilio Vaticano II (1962-1965) e non duemila
anni fa e in venti altri Concili: tutto quello che fu precedente non è degno di
considerazione e di tradizione (ma questo non si può dire e non lo dico).
Il
tempo però è andato più lontano di quello che si pensava, senza farsi
influenzare dalla modernità di quegli anni e dai “tempi” che stavano cambiando.
Da allora i tempi sono cambiati altre quattro cinque volte. Resta invece il
fatto che per quell’ideale di (temporanea) modernità, un’intera generazione di
adulti non ha trasmesso nulla del passato ai propri figli e i giovani di allora
hanno vissuto come fossero stati i primi a venire al mondo. Resta anche il
fatto che gli adulti di oggi sono i figli o i nipoti di quelli che avevano
capito tutto ed i cui genitori si erano fatti da parte per via dei tempi che
etc. etc. Tutto questo potrebbe aiutarci a capire perchè alcune “cose”
dell’epoca attuale funzionano in un certo modo. Non è obbligatorio però andare
avanti così e si può anche riprovare a ricostruire da dove ci si era fermati.
“Stat Crux dum volvitur orbis” (“la Croce resta fissa mentre il mondo ruota”) è
il motto dei Certosini, fondati da san Bruno. Questo potrebbe essere, anche oggi, per tutti noi
un buon punto fermo in mezzi ai tempi che in continuazione cambiano e con essi
le persone che hanno la fissazione di seguirli.
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